Noam Chomsky

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Chomsky (2004)

Avram Noam Chomsky (1928 – vivente), linguista, filosofo, scienziato cognitivista, teorico della comunicazione ed attivista politico statunitense.

Citazioni di Noam Chomsky[modifica]

  • Caro professor Coscioni, mi spiace moltissimo della grave malattia di cui Lei soffre e ammiro molto il Suo coraggio nell'affrontare la Sua terribile condizione portando avanti la battaglia per la libertà di ricerca scientifica e di cura. Le auguro di avere il successo nel Suo sforzo per abbattere le barriere contro la ricerca sugli embrioni umani soprannumerari e sono lieto di aggiungermi a coloro che supportano la Sua campagna.[1]
  • Certamente tutti dicono di essere a favore della pace. Hitler diceva che era per la pace. Tutti sono per la pace. La domanda è: quale tipo di pace?[2]
  • Gli stati non sono agenti morali, la gente lo è.[3]
  • I sistemi democratici procedono diversamente, perché devono controllare non solo ciò che il popolo fa, ma anche quello che pensa. Lo Stato non è in grado di garantire l'obbedienza con la forza e il pensiero può portare all'azione, perciò la minaccia all'ordine deve essere sradicata alla fonte. È quindi necessario creare una cornice che delimiti un pensiero accettabile, racchiuso entro i princìpi della religione di Stato.[4]
  • Il compito principale della teoria linguistica deve essere di sviluppare un elenco di universali linguistici che, da un lato, non sia poi smentito dalla concreta diversità delle lingue e, dall'altro, sia sufficientemente ricco ed esplicito da spiegare la rapidità e l'uniformità dell'apprendimento linguistico, e la notevole complessità e portata delle grammatiche generative che dell'apprendamento linguistico sono il prodotto.[5]
  • Il linguaggio è un processo di libera creazione.[6]
  • Il potere è sempre più concentrato in istituzioni irresponsabili.[7]
  • In questo mio giro in Europa mi ha colpito constatare quanto i media e gli intellettuali europei siano subordinati rispetto agli Usa. Se Bush, per puro cinismo politico, decide che il caso Schiavo è il problema più importante, tutti i media europei sono inondati del caso Schiavo. Ma questo è solo un modo per far dimenticare alla gente quali sono i veri problemi. Basta dare un'occhiata ai giornali di oggi: "La Repubblica" per esempio dedica cinque pagine alla vicenda. Solo a pagina 18, in un piccolo box in basso, si parla del rapporto Onu che ha documentato come il numero dei bambini malnutriti in Iraq sia raddoppiato con la guerra. È questa la cultura della vita invocata da Bush? [...] Ancora oggi, dato che gli Usa si rifiutano di pagare i risarcimenti ordinati dall'Onu, il 60% dei bambini nicaraguensi sotto i due anni è malnutrito. [...] Se avessimo veramente a cuore la vita nessuno si preoccuperebbe di una povera donna alla quale è stato negato il diritto di morire in pace. Ci preoccuperemmo di questi bambini, non di Terri Schiavo.[8]
  • Informare le persone non significa dirgli in cosa devono credere, ma imparare tutti insieme.[9]
  • L'indebitamento è un concetto sociale e ideologico, non un mero dato economico.[10]
  • L'intelligenza superiore è un errore dell'evoluzione, incapace di sopravvivere per più di un breve attimo della storia evolutiva.[11]
  • Nell'ottobre del 1965 il Senatore Mansfield ha criticato il "senso di completa irresponsabilità" mostrato dai manifestanti. Non aveva niente da dire allora [...] sul "senso di completa irresponsabilità" mostrato del senatore Mansfield e dagli altri che stanno tranquillamente a guardare e votano su stanziamenti mentre le città e i villaggi del Nord Vietnam vengono demoliti, mentre milioni di rifugiati nel Sud sono cacciati dalle loro case a causa dei bombardamenti americani. Non ha niente da dire sugli standard morali o il rispetto per la legge internazionale di coloro che hanno permesso questa tragedia. Parlo del senatore Mansfield precisamente perché non è uno di quei che patrioti che si battono il petto e che vogliono che l'America governi il mondo, ma è piuttosto un intellettuale americano nel miglior senso della parola, un uomo colto e ragionevole -- il tipo di uomo che è il terrore della nostra era. [...] quando guardo ciò che sta accadendo al nostro paese, quello che trovo più terrificante non è Curtis LeMay, con i suoi allegri suggerimenti di bombardare chiunque fino a farli tornare all'età della pietra, ma piuttosto le calme disquisizioni degli scienziati politici su quanta forza sarebbe necessaria per raggiungere i nostri scopi, o su quale forma di governo sarebbe accettabile per noi in Vietnam. Quello che trovo terrificante è il distacco e la serenità con cui vediamo e discutiamo una tragedia insostenibile. Sappiamo tutti che se la Russia o la Cina fossero state colpevoli di ciò che abbiamo fatto noi in Vietnam, staremmo esplodendo di indignazione morale per questi crimini mostruosi.[12]
  • Non sarà sfuggito a nessuno che il postulato democratico afferma che i media sono indipendenti, determinati a scoprire la verità e a farla conoscere; e non che essi passano la maggior parte del tempo a dare l’immagine di un mondo tale che i potenti desiderano che noi ci rappresentiamo, che sono in una posizione d’imporre la trama dei discorsi, di decidere ciò che il buon popolo ha il diritto di vedere, di sentire o di pensare, e di “gestire” l’opinione a colpi di campagne di propaganda.[13]
  • [Sull'11 settembre 2001] Ora, per la prima volta, i cannoni sono puntati nella direzione opposta.[14]
  • "Populismo", un concetto con una storia mista, spesso piuttosto rispettabile.[15]
  • Se ci guardiamo allo specchio con sincerità e quel che vediamo non ci piace, abbiamo tutte le possibilità di rimediare.[16]
  • Se le leggi Norimberga fossero attuate ancora oggi, ogni presidente americano del dopoguerra sarebbe stato impiccato.[17]
  • Se noi insistiamo a creare altre paludi, ci saranno più zanzare, con una terrificante capacità di distruzione.[18]
  • Siamo progettati per apprendere lingue basate su un insieme comune di principi che potremmo chiamare grammatica universale.[19]
  • Un paio di anni fa mi sono imbattuto in un documento del Pentagono riguardante le procedure di declassificazione. Tra le altre cose, proponeva che il governo dovesse periodicamente declassificare informazioni riguardanti l'assassinio di Kennedy. Lasciate che la gente cerchi di capire se Kennedy sia stato ucciso dalla mafia, così gli attivisti si impegneranno in un folle e inutile inseguimento anziché andare dietro a veri problemi o organizzarsi.[20]
A couple of years ago, I came across a Pentagon document that was about declassification procedures. Among other things, it proposed that the government should periodically declassify information about the Kennedy assassination. Let people trace whether Kennedy was killed by the mafia, so activists will go off on a wild goose chase instead of pursuing real problems or getting organized.[21]
  • Una delle principali ragioni del segreto di stato è difendere gli stati dai propri cittadini. L'aspetto più importante dei documenti resi pubblici da Wikileaks è quello che ci dicono della leadership occidentale: il profondo disprezzo del governo americano per la democrazia. La popolazione dei paesi di cui parlano i diplomatici statunitensi è irrilevante, quello che conta veramente per loro è l'opinione dei governi e dei dittatori dei paesi che appoggiamo.[22]
  • Una multinazionale è più vicina al totalitarismo di qualunque altra istituzione umana.[23]
  • Verdi idee incolori dormono furiosamente.
Colorless green ideas sleep furiously.[24]

Il golpe silenzioso[modifica]

  • Se quello che la gente desidera e considera giusto viene bollato come politicamente irrealistico, di norma significa semplicemente che le grandi concentrazioni di potere e privilegio vi si oppongono.
  • Le regole di base sono, in sintesi, le seguenti: liberalizzare il commercio e la finanza, lasciare che sia il mercato a determinare i prezzi, eliminare l'inflazione, privatizzare. Il governo deve farsi da parte e, se il governo è democratico, lo stesso deve fare la popolazione. Anche se questa conclusione resta implicita.
  • Questo enorme volume di capitali di natura principalmente speculativa crea pressioni che si traducono in politiche economiche deflazionistiche, perché quel che il capitale speculativo vuole è una crescita bassa e una bassa inflazione.
  • Flessibilità è una parola che suona bene, così come riforme, e quindi si presume che sia una cosa buona. Ma in realtà flessibilità significa precarietà. Vuol dire andare a dormire senza sapere se al mattino avrai ancora il tuo posto di lavoro. Naturalmente, qualsiasi economista sarà in grado di spiegarvi che si tratta di una buona ricetta per l'economia, e infatti lo è se si tratta di aumentare i profitti, ma non per migliorare il tenore di vita della gente.
  • Come ho già detto prima, i proprietari di questi network non vogliono affatto ascoltatori in grado di decidere partecipare; ciò che desiderano è un popolo passivo di consumatori e spettatori della politica, una comunità di persone così frazionata e isolata da essere incapace di unire le proprie limitate risorse e trasformarsi in una grande forza indipendente, in grado di intaccare il loro potere.
  • L'ascesa di quello che viene chiamato "fondamentalismo islamico", è in larga misura un effetto del crollo delle alternative nazionaliste laiche che sono state screditate e distrutte.
  • L'obiettivo di questo sistema è di impedire alla gente che non ha accesso ai centri di potere di unirsi e partecipare ai processi decisionali della vita politica. Lo scopo è salvaguardare l'integrità e l'organizzazione di questo potere, cercando al tempo stesso di indebolire e dividere gli altri settori della società.
  • Questa è la nostra definizione di un democratico in ogni parte del mondo: chiunque si attenga senza discutere alle direttive economiche imposte dall'Occidente.
  • Non c'è nulla nei principi della democrazia che dica che ricchezza e potere debbano essere talmente concentrati da far diventare la democrazia un inganno.

Sulla nostra pelle[modifica]

  • Il ruolo del Parlamento è di approvare senza chiedere troppe spiegazioni, quella del popolo di stare a guardare: preferibilmente da un'altra parte.
  • … molto spesso si deve riconoscere che i programmi di sviluppo economico adottati non hanno conseguito "gli obiettivi per cui erano stati espressamente elaborati" e poggiavano su cattive idee… Il nocciolo della questione è tutto qui: le "cattive idee" possono non essere funzionali agli "obiettivi per cui erano state espressamente elaborate", ma di norma si dimostrano molto buone per i loro principali autori. Sul terreno dello sviluppo economico nell'età moderna sono stati condotti molti esperimenti, da cui sono emersi dati uniformi che sarebbe difficile ignorare. Uno è questo: gli ispiratori dei vari progetti tendenzialmente ne traggono notevoli vantaggi anche se per i soggetti interessati gli esperimenti si risolvono il più delle volte un fallimento.
  • Comunque le si valuti, le teorie neoliberiste compromettono istruzione salute, aumentano le disuguaglianze e riducono le quote di reddito destinate ai lavoratori; di tali effetti non è possibile dubitare.
  • Nella terminologia del pensiero progressista moderno, potremmo dire che i cittadini devono essere "spettatori" e non "attori" della scena politica, con la sola eccezione delle poche occasioni in cui sono chiamati a scegliere tra i leader che si candidano rappresentare il potere effettivo.
  • Se abbandoniamo il terreno politico per addentrarci in quello economico, la situazione cambia: qui, dove si determina in larga misura la sorte della società, la popolazione subisce un'esclusione totale; secondo la teoria democratica prevalente, su questo terreno il popolo non deve rivestire alcun ruolo…
  • In altre parole: indurre la popolazione ad accettare la nostra dottrina che i ricchi devono depredare i poveri è un compito molto più difficile, un problema di pubbliche relazioni che non ha ancora trovato soluzione.
  • … è il caso delle circostanze storiche in cui popolazioni normalmente passive e apatiche si organizzano e cercano di farsi largo sull'arena politica per perseguire i propri interessi e soddisfare le proprie esigenze, mettendo in pericolo in tal modo stabilità ed ordine.
  • La popolazione, continua Lippmann, deve restare al proprio posto: la sua "funzione", a parte le periodiche consultazioni elettorali in cui viene scelta la classe specializzata, non è quella di prendere parte all'azione, ma di esserne "spettatrice".
  • Le ottuse masse coinvolte nell'esperimento pervennero questa conclusione: se noi non abbiamo alcun diritto di vivere, voi non avete alcun diritto di comandare…
  • Diritto internazionale, democrazia sono valori di tutto rispetto, ma devono essere valutati in base agli esiti e non ai principi su cui poggiano. Esattamente come il libero scambio.
  • Almeno agli occhi delle persone serie, un'analisi anche superficiale di documenti disponibili basta a comprendere che mai la politica delle grandi potenze nasce dalla sollecitudine per la tutela dei diritti umani e della democrazia.
  • Una libertà senza opportunità è un dono avvelenato e il rifiuto di offrire tali opportunità è un crimine.
  • Nel febbraio 1997… Alan Greenspan, si è detto molto ottimista sulla prospettiva di "un'espansione economica sostenibile" grazie all'esistenza di "vincoli atipici agli incrementi salariali, vincoli che sembrano derivare perlopiù dalla maggiore insicurezza dei lavoratori": un obiettivo scontato per una società che aspira alla giustizia.
  • Le informazioni che emergono, infatti, sono molto meno rassicuranti: per uno standard come la mortalità infantile sotto i cinque anni, gli Stati Uniti, tra i paesi industriali, occupano l'ultima posizione.
  • Nelle democrazie capitalistiche, le lunghe tenaci lotte popolari hanno avuto l'effetto di estendere di arricchire la sfera pubblica; parallelamente, il potere privato si è adoperato con ingenti sforzi per restringerla. Questi conflitti rappresentano una componente importante della storia moderna.
  • Il modo più efficace per restringere la democrazia è trasferire le decisioni dalla sfera pubblica a istituzioni che non sono obbligate a rendere conto del proprio operato: re e principi, caste sacerdotali, giunte militari, dittature di partito o moderne "corporation".
  • Una variante del nostro tempo si chiama "minimizzazione dello Stato", e consise nel trasferimento del potere decisionale dalla sfera pubblica a qualche altra: "al popolo", come vuole la retorica del potere, o tirannie private, come avviene nel mondo reale.
  • Il ruolo del Parlamento è di approvare senza chiedere troppe spiegazioni, quella del popolo di stare a guardare: preferibilmente da un'altra parte.
  • Con la giusta dose di diligenza, la gente comune può benissimo scoprire da sola tutti documenti importanti che usano i media, mentre analisi, commenti e dibattiti appaiono irrilevanti.
  • … la ragione è che le risposte non sono determinate dalle parole, ma dei rapporti tra le potenze impegnate imporre le loro interpretazioni.
  • La regolamentazione dei capitali come ebbe a dire il negoziatore Harry Dexter White in sintonia con il suo collega britannico John Maynard Keynes, avrebbe consentito ai governi di attuare le proprie politiche monetarie e fiscali, di sostenere il pieno impiego ed i programmi sociali, senza innescare fughe di capitali.
  • La libera circolazione dei capitali, invece, avrebbe creato ciò che alcuni economisti internazionali chiamano "un senato virtuale", in cui un capitale finanziario estremamente concentrato impone le proprie politiche sociali a popolazioni riluttanti e punisce con la fuga gli dei capitali i governi che se ne discostano.
  • Da un lato l'economia globale è scarsamente compresa, dall'altro sta diventando sempre più difficile sia ignorare che correggere certi suoi punti deboli.

America: il nuovo tiranno[modifica]

  • Il fatto che negli Stati Uniti il governo non detenga un rilevante potere di controllo sulla stampa non significa però che la stampa sia concretamente libera; significa soltanto che può essere libera se sceglie di esserlo, ma può anche scegliere di non esserlo...... In fin dei conti, i principali media fanno parte del settore imprenditoriale che domina l'economia e la vita sociale.
  • In altre parole, in uno Stato – che sia democratico oppure totalitario – i governanti devono fare affidamento sul consenso. Si devono assicurare che i governati non comprendano che sono loro, in realtà, ad avere il potere. Si tratta del principio fondamentale del governo.
  • Se dovessimo contare questi costi reali, l'economia si rivelerebbe estremamente inefficiente. Il principio ideologico, però, è che vanno contati solo i costi che ricadono sui ricchi e sulle imprese.
  • Se volete sapere se un paese è stato liberato, chiedetelo alla sua popolazione. Dovrebbe essere il popolo a stabilirlo, non gli intellettuali e politici del paese invasore.
  • E' molto frequente che le vittime comprendano un sistema meglio delle persone che tengono in mano il bastone.
  • In altri termini, gli iracheni hanno capito che gli Stati Uniti vogliono la democrazia a patto di poterla controllare. Ed è corretto. Una democrazia in quest'ottica è un sistema in cui sei libero di fare ciò che vuoi, finché fai quel che diciamo noi.

Anarchia e libertà[modifica]

  • Non si può negare che il pensiero liberale classico – fondato su una premessa. e cioè sull'esigenza umana della libertà, della diversità e della libera associazione – si opponga all'intervento dello Stato nella vita sociale. I rapporti capitalistici di produzione, il lavoro salariato, la competitività, l'ideologia dell'"individualismo possessivo"... sono giudicati fondamentalmente inumani. Il socialismo libertario va considerato l'erede delle idee liberali dell'Illuminismo. (Appunti sull'anarchia, p. 16)
  • Personalmente, non ho alcuna certezza su quale sia la "strada giusta", e non mi impressiona la sicurezza con cui invece si pronunciano altri, compresi alcuni buoni amici. Penso che la facilità e la capacità che hanno di parlare con tanta sicurezza, non ci porti molto lontano. Possiamo tentare di formulare le nostre previsioni, i nostri obiettivi, i nostri ideali a lunga scadenza; e possiamo (e dobbiamo) impegnarci a lavorare su problemi che abbiano un significato umano. (Otto domande sull'anarchia, p. 37)
  • La ragione della destrutturazione e delle lacune generali (spesso descritte con parole roboanti dagli intellettuali) è che non sappiamo molto dei sistemi complessi e delle società umane; abbiamo solo intuizioni, peraltro di valore limitato, su come potrebbero essere ricostruite e modellate le società future.
    L'anarchia, a mio modo di vedere, esprimere l'idea che la "prova di validità" debba ricadere sempre su quelli che argomentano che il dominio e l'autorità sono necessari. Debbono dimostrare, con argomenti reali, solidi e consistenti, che la loro affermazione è corretta. Se non possono farlo, allora vuol dire che le istituzioni che difendono debbono essere considerate illegittime. Dipende poi dalle circostanze e dalle condizioni la reazione all'autorità illegittima: non ci sono formule. (Otto domande sull'anarchia, p. 40)
  • In realtà, i partiti rappresentano fondamentalmente interessi di classe e le classi, in una società come quella di cui ci stiamo occupando, dovrebbero essere eliminate o quantomeno superate. (La società anarchica, p. 58)
  • Ho già detto che se l'intelligenza umana si impegnasse ad ideare tecnologie rispettose delle esigenze dei lavoratori, invece di fare il contrario, avremmo la soluzione. Oggi si presenta un problema inverso: come adattare agli essere umani un sistema tecnologico ideato per altri obiettivi, e cioè perché ne benefici unicamente la produzione. Sono convinto che se si facesse quel che dico, di lavoro sporco ce ne sarebbe molto meno di quanto Lei afferma. E comunque sia, è evidente che abbiamo due sole alternative: la prima è quella di distribuirlo equamente; la seconda è obbligare una parte della popolazione a fare i lavori sporchi, pena morire di fame. (La società anarchica, p. 65)
  • Molti si sentono soddisfatti del proprio lavoro perché credono di fare qualcosa di importante, qualcosa che vale la pena fare. [...] Sentire che quello che si fa è importante, degno di essere fatto, non solo rafforza i vincoli sociali, ma è anche motivo di soddisfazione personale, perché con un lavoro interessante e ben fatto nasce quell'orgoglio che dà il sentirsi realizzati, il praticare le proprie abilità personali. Non credo che questo danneggi il valore del prodotto, caso mai il contrario. (La società anarchica, p. 69)

Capire il potere[modifica]

  • [...] nell'uso corrente, essere un "intellettuale" non ha praticamente nulla a che vedere con il lavoro della mente: sono due cose diverse. Ho il sospetto che molte persone nelle loro botteghe artigiane, nelle loro officine di autoriparazioni e così via facciano altrettanto – se non di più – lavoro intellettuale di molta gente che sta all'università. Nel mondo universitario esistono vaste aree in cui il lavoro definito "erudito" non è altro che lavoro impiegatizio; e non credo che il lavoro impiegatizio sia intellettualmente più impegnativo che riparare il motore di un'automobile. [...] Perciò, se con "intellettuale" ci riferiamo a chi usa la sua mente, allora si tratta dell'intera società. Se con "intellettuale" ci riferiamo a chi appartiene a quella particolare classe che si occupa di imporre i pensieri, di preparare le idee per chi ha il potere, di dire a tutti che cosa devono credere e così via, be', allora il discorso cambia. Queste persone sono chiamate "intellettuali" ma in realtà assomigliano di più a una sorta di sacerdoti laici, il cui compito è preservare le verità dottrinarie della società. Da questo punto di vista, la popolazione deve essere antiintellettuale: credo che sia una reazione sana. (pp. 141 sg.)
  • [...] l'Unione Sovietica era fondamentalmente un paese capitalista. La prima cosa che fecero Lenin e Trockij quando presero il potere nell'ottobre 1917 fu distruggere tutte le forme di iniziativa socialista che si erano sviluppate in Russia dall'inizio della rivoluzione di Febbraio. [...] Distrussero i consigli di fabbrica, sabotarono i soviet, eliminarono l'Assemblea costituente. In pratica smantellarono ogni forma di organizzazione popolare in Russia e imposero un'economia dirigistica con salari e profitti, una specie di capitalismo di stato centralizzato. (p. 194)
  • [...] guardando l'Unione Sovietica, la gente dice che il socialismo ha fallito, senza vederci nulla di strano. È stato un grande trionfo per la propaganda delle élite occidentali perché ha reso facilissimo sminuire ogni possibile cambiamento della società dicendo: «Ma questo è socialismo, e avete visto dove porta».
    Si spera che con la caduta dell'Unione Sovietica potremo alzare iniziare a superare questa bandiera, potremo ricominciare a capire cosa potrebbe essere realmente il socialismo. (p. 200)
  • Mi concentro sul terrore e sulla violenza esercitati dal mio stato per due ragioni principali. In primo luogo, le azioni del mio stato rappresentano la componente più rilevante della violenza internazionale nel mondo. Ma quel che più conta, è che posso fare qualcosa nel mio paese. Quindi, anche se gli Stati Uniti fossero la causa di una minuscola frazione della repressione e della violenza esercitate nel mondo - il che ovviamente non è affatto vero - ne sarei comunque responsabile e su questo obiettivo dovrei concentrare i miei sforzi. Il mio ragionamento si basa sul principio molto semplice che il valore etico delle proprie azioni dipende dalle conseguenze prevedibili che avranno sugli esseri umani: penso che si tratti di una verità morale fondamentale. (p. 356)

Due ore di lucidità[modifica]

  • Le multinazionali hanno acquisito un potere notevole e hanno un ruolo preponderante nella vita economica, sociale e politica. Negli ultimi vent'anni, la politica dello Stato ha teso ad accrescerne il diritto a spese della democrazia. È il cosiddetto neo-liberismo: il trasferimento del potere dei cittadini ad enti privati.
  • Se si liberalizzano i movimenti di capitale da un paese all'altro, arriva il giorno in cui le istituzioni finanziarie e gli investitori sono di fatto della posizione di determinare la politica degli Stati.
  • Quando un paese fa bancarotta, il fondo monetario internazionale lo rifinanzia; tuttavia il denaro che manda in quel paese non è destinato alla popolazione bisognosa ma agli investitori, alle istituzioni creditrici alle banche.
  • Durante la campagna elettorale del 1998 (negli Stati Uniti) per esempio, il 95% dei candidati eletti aveva speso più degli avversari. Quasi tutto il denaro veniva dal mondo degli affari, in altre parole il settore privato si era comprato il 95% del congresso. Ma non si chiama corruzione.
  • I paradisi fiscali esistono soltanto perché i Paesi ricchi lo vogliono. E lo vogliono perché le grandi aziende possano derubare la cittadinanza in tutta impunità. Questo è il ruolo dello Stato: fare in modo che i ricchi diventino ancora più ricchi.
  • Due delle maggiori case farmaceutiche americane, Eli Lilly e Smihkline Beecham, sono state accusate di aver causato la morte di 80 persone per aver messo in vendita farmaci accompagnati da fogli illustrativi ingannevoli. Sono state condannate a pagare $ 80.000 per la morte di 80 persone. Ma se qualcuno uccide 80 persone per strada, finisce dritto nel braccio della morte.
  • L'unione europea è costruita in maniera da limitare la partecipazione popolare. C'è addirittura una cosa che ha molto sorpreso la destra americana: l'indipendenza totale concessa dall'Unione Europea alla Banca centrale europea, incaricata di mettere in atto certe politiche, per esempio di controllare l'inflazione. Gli investitori, infatti, non vogliono sentir parlare di inflazione.
  • Per come è fatta l'unione europea, i cittadini non hanno voce in capitolo… Così va il sistema europeo. I ricchi e potenti europei sono altrettanto contrari alla partecipazione popolare dei loro omologhi americani.
  • C'è una teoria quasi ufficiale – più diffusa negli Stati Uniti – secondo la quale la democrazia è un sistema nel quale cittadini sono spettatori e non attori. Ad intervalli regolari, hanno il diritto di mettere una scheda nell'urna, di scegliere nella classe dei capi qualcuno che li diriga. Fatto ciò, devono tornarsene a casa, badare ai fatti propri, consumare, guardare la televisione, far da mangiare e soprattutto non devono disturbare il manovratore. Questa è la democrazia.
  • Negli Stati Uniti, l'astensionismo durante le elezioni, è una posizione deliberata della cittadinanza. Da un lato, ha meno scelte politiche che in Europa, dall'altro da alcuni anni comincia a nutrire dubbi sul sistema in se.
  • L'arte della propaganda consiste nel dare alla gente la sensazione di essere impotente, isolata, tagliata via dagli altri.
  • Spesso la gente sa benissimo come vanno le cose, eppure non si ribella… Non è il fatto di non sapere che impedisce una rivolta popolare. Non si ribella perché costa troppo. Chi prende l'iniziativa di cambiare l'ordine delle cose rischia di pagarlo carissimo… Questi sono motivi per non ribellarsi ben più profondi della propaganda.
  • Tra le personalità note, provo una grande ammirazione per Bertrand Russel, sia come intellettuale che come personaggio pubblico… È interessante vedere come la percezione di Russel sia diversa da quella di Einstein. Avevano in circa le stesse idee, in fondo erano entrambi molto preoccupati per la bomba atomica ed erano entrambi socialisti. Einstein è un idolo, Russel non lo è per niente. La differenza sta nel fatto che Einstein firmava appelli e poi tornava alla scrivania ad occuparsi di fisica, mentre Russel firmava appelli e poi scendeva in strada a manifestare.
  • Ci sono motivi per pensare che la gente tenda istintivamente all'uguaglianza e alla libertà, ma uno stesso individuo può diventare una SS od un santo, dipende dalle circostanze e dalle scelte personali.
  • La globalizzazione non è un fenomeno naturale, ma un fenomeno politico concepito per raggiungere obiettivi ben precisi.
  • Guardate cosa succede nei Paesi andini! Gli Stati Uniti li hanno costretti ad accettare la propria politica di distruzione dei raccolti di coca. Così vengono penalizzati i contadini, le popolazioni locali, non si ostacola affatto la produzione di cocaina. Il problema non è legato all'"offerta", bensì alla "domanda", e questa è un problema degli Stati Uniti, non della Colombia.
  • La rapidità con cui una notizia viene fornita dà l'illusione di vivere al centro degli avvenimenti, ma significa soltanto che siamo sottoposti a una propaganda ancora più intensa. Quando gli avvenimenti sono istantanei e appassionanti, ci lasciamo trascinare dal loro flusso. Secondo me la superficialità, non la rapidità, incide sulla percezione del presente. Ma si fa di tutto per cancellare ogni memoria.
  • Parlare in modo complicato, utilizzare parole difficili sta a segnalare che si fa parte dei privilegiati, si viene invitati ai convegni, coperti di onori. Ma bisogna chiedersi se tutti quei discorsi hanno un contenuto, se non si riesce a dire la stessa cosa con parole semplici. È quasi sempre possibile.

I nuovi mandarini[modifica]

  • Se si accetta la disputa a colpi di argomenti e controargomenti, di possibilità tecniche e di tattiche, di note a piè di pagina e di citazioni, se si ammette la legittimità del dibattito su certi problemi, si è già perso la propria umanità. Questa è la sensazione che mi riesce quasi impossibile reprimere svolgendo tutti gli atti formali che servono a istruire un processo contro la guerra americana nel Vietnam. (introduzione, p. 17)
  • Questi, e un migliaio di altri esempi, sono la prova di una degenerazione morale così dilagante che parlare dei «canali normali» dell'azione e della protesta politica diventa senza senso o ipocrita. Dobbiamo domandarci se ciò che necessita negli Stati Uniti è il dissenso oppure la denazificazione. (introduzione, p. 25)
  • Non meno insidioso è invocare la «rivoluzione» in un'epoca in cui non esistono neppure i germi di nuove istituzioni, per non parlare della consapevolezza morale e politica che potrebbe portare ad una modificazione sostanziale della vita sociale. Se ci sarà una «rivoluzione» nell'America di oggi, si tratterà indubbiamente di una spinta verso una qualche varietà di fascismo. (introduzione, p. 26)
  • La generosità non è mai stato un bene scarso tra le potenze che vogliono estendere la loro egemonia. (Obiettività e cultura liberale, p. 44)
  • Come uomini razionali, che credono nell'etica scientifica, dovremmo preoccuparci solo di manipolare il comportamento in una direzione desiderabile, e di non farci ingannare da mistiche idee di libertà, esigenze individuali o volontà popolare. (Obiettività e cultura liberale, p. 72)
  • Se è vero che l'ideologia serve in genere da copertura agli interessi personali, è naturale presumere che gli intellettuali, interpretando la storia o formulando teorie politiche, tenderanno ad adottare posizioni d'élite, condannando i movimenti popolari e la partecipazione delle masse al potere decisionale, ed accentuando, al contrario, la necessità di una supervisione da parte di coloro che posseggono le cognizioni e la capacità necessarie (a parer loro) per dirigere la società e controllare il mutamento sociale. (Obiettività e cultura liberale, p. 86)
  • Una società che è capace di produrre concetti come «antiamericano» e «peacenik» — di trasformare cioè «pace» in una parolaccia — si è spinta molto avanti sulla strada dell'immunizzazione degli individui da qualsiasi richiamo umano. La società americana ha raggiunto uno stadio di immersione pressoché totale nell'ideologia. L'impegno è sparito dalla coscienza: in quali valori può credere una persona sensata? Gli americani sono semplicemente «pragmatici» e sono convinti di dover condurre gli altri a questa felice condizione. (Il pacifismo rivoluzionario di A. J. Muste, p. 170)
  • Con tutte le loro chiacchiere sulla benevolenza e la generosità, è dubbio che i portavoce giapponesi abbiano mai superato il livello di scempiaggine che caratterizza gran parte della cultura americana, sempre ridondante di retorica da discorso del 4 luglio. (Il pacifismo rivoluzionario di A. J. Muste, p. 201)
  • Questo scambio finale di vedute indica chiaramente quale fosse stato, per decenni, il problema centrale. Il Giappone aveva insistito sul fatto che nei suoi piani di una «coprosperità», e quindi di un «nuovo ordine», esso seguiva semplicemente il precedente ordine stabilito da Gran Bretagna e Stati Uniti; stava propugnando una propria dottrina Monroe e prendendo coscienza del proprio «destino manifesto». (Il pacifismo rivoluzionario di A. J. Muste, p. 211)
  • Può esser messo in discussione se la posizione di Muste fosse veramente la piú realistica e la piú morale in quel periodo, ma non c'è alcun dubbio, io credo, che il fatto che fosse cosí lontana dalla coscienza americana fu una grande tragedia. La mancanza di una critica radicale del tipo di quella che Muste, e alcuni altri, cercarono di sviluppare fu uno dei fattori che contribuirono alle atrocità di Hiroshima e Nagasaki, come la debolezza e l'inefficacia di una simile critica radicale oggi condurrà senza dubbio a nuovi e inimmaginabili orrori. (Il pacifismo rivoluzionario di A. J. Muste, p. 214)
  • È penoso considerare il problema di quanti sono morti, nel corso della storia, perché altri non fossero morti invano. (Il pacifismo rivoluzionario di A. J. Muste, p. 219)
  • Quando il presidente Johnson afferma che ci stiamo difendendo contro una forza superiore, che noi dobbiamo rimanere nel Vietnam altrimenti essi «invaderanno gli Stati Uniti e prenderanno quello che abbiamo», disgraziatamente egli rappresenta un settore cospicuo, forse prevalente, dell'opinione americana. Per noi oggi può sembrare difficile capire come trent'anni fa si potesse credere sul serio che una cospirazione giudaico-bolscevica minacciasse la sopravvivenza della Germania, depositaria dei valori spirituali della civiltà occidentale. Per altri oggi può essere altrettanto difficile prendere sul serio l'immagine della nazione piú forte e piú ricca della terra in preda al terrore dietro ai suoi missili e testate nucleari, per paura che «quello che abbiamo» ci venga portato via se permettiamo a un piccolo paese, dall'altra parte del globo, di seguire il proprio corso liberandosi dal dominio americano. Ciononostante, questa descrizione non è caricaturale. Gli aderenti al cosiddetto «movimento della pace» hanno la tendenza a considerare Lyndon Johnson un usurpatore illegittimo che non rappresenta il grosso dell'opinione americana. Probabilmente s'ingannano. Affermazioni come quella sopra citata possono benissimo riflettere atteggiamenti predominanti tra gli americani, e chi voglia pensare in maniera realistica al ruolo imperialistico dell'America farà bene a tenerlo a mente. (La logica della ritirata, p. 255)
  • È un grave atto d'accusa alla condizione della democrazia americana che solo una grossa sconfitta militare sia riuscita ad apportare questi cambiamenti nel clima politico. Se il passato serve da guida, solo continui rovesci militari in Vietnam e la minaccia di importanti spostamenti all'interno riusciranno a far compiere al governo passi concreti che potranno portare alla pace. [...] Al cosiddetto «movimento per la pace» i recenti avvenimenti lanciano una grande sfida. [...] La sfida che ora gli sta di fronte è di far capire che non abbiamo alcun diritto di porre condizioni di qualsiasi genere a un accordo politico nel Vietnam; che le truppe americane devono essere ritirate dal Vietnam, e da tutti gli altri Vietnam che stanno per scoppiare nel mondo; che la potenza, le risorse e le capacità tecniche dell'America devono essere usate per costruire e non per reprimere o «arginare» o distruggere. (La logica della ritirata, p. 279)
  • La purezza dei moventi americani è un argomento fuori discussione, o estraneo alla discussione? Le decisioni devono essere lasciate agli «esperti» con contatti a Washington, vale a dire: pur presupponendo che questi detengano le conoscenze e i principi necessari per prendere le decisioni «migliori», se ne serviranno sempre? E ancora una domanda che ha logicamente la precedenza: si può applicare «la conoscenza degli esperti», cioè: esiste un corpus di teorie e di informazioni pertinenti, non di pubblico dominio, che possa essere applicato all'analisi della politica estera o che dimostri la correttezza delle azioni intraprese in un modo che gli psicologi, i matematici, i chimici e i filosofi non sono in grado di capire? (La responsabilità degli intellettuali, p. 337)
  • Chiunque può essere un individuo onesto, preoccupato dei diritti e dei problemi umani; ma solo un professore universitario, un esperto specializzato, può risolvere i problemi tecnici con metodi «raffinati». Quindi, solo i problemi di questo tipo sono importanti o reali. Gli esperti responsabili, non ideologici, daranno il loro parere sulle questioni tattiche; mentre gli «ideologi» irresponsabili si metteranno ad «arringare» il pubblico sui principi e si affanneranno sulle questioni morali e i diritti umani, o sui problemi tradizionali dell'individuo e della società, a proposito dei quali «la scienza sociale e behavioristica» non ha niente da dire, tranne delle sciocchezze. Ovviamente questi tipi emotivi, ideologici, sono irrazionali perché, essendo in buone condizioni e con il potere a portata di mano, non dovrebbero preoccuparsi di quelle cose. (La responsabilità degli intellettuali, p. 342)
  • È un assioma che nessun esercito perde mai una guerra; i soldati coraggiosi e i generali onniscienti sono pugnalati alla schiena da civili traditori. (Sulla resistenza, p. 387)
  • La persuasione può comportare fatti oltre che parole; può comportare la creazione di istituti e forme sociali, anche se solo in un microcosmo, che superino la concorrenza e il perseguimento unilaterale dell'interesse personale che si sta dimostrando un meccanismo di controllo sociale tanto efficace quanto quello di uno stato totalitario. Ma il fine deve essere quello di progettare e costruire alternative all'ideologia e alle istituzioni sociali odierne che siano piú convincenti sul piano intellettuale e morale, e riescano ad attrarre masse di americani, i quali trovino che tali alternative soddisfano le loro necessità umane, compresa la necessità umana di mostrare compassione, d'incoraggiare e aiutare quanti cercano di elevarsi dalla miseria e dalla degradazione che la nostra società ha contribuito a imporre e ora cerca di perpetuare. (Ancora sulla resistenza, p. 401)

Pirati e imperatori[modifica]

  • Nel mondo reale diamo per scontato che l'Unione Sovietica e gli altri nemici ufficiali, per la maggior parte del tutto inermi, sopportino tranquillamente provocazioni e violenze che, se dirette contro l'imperatore e la sua corte, scatenerebbero una reazione verbale e militare furiosa. (p. 12)
  • Lo strumento principale del sistema di "lavaggio del cervello in regime di libertà", che raggiunge la forma più alta nel paese più libero, consiste nell'incoraggiare il dibattito sui problemi politici, costringendolo però entro presupposti che incorporano le dottrine fondamentali della linea ideologica ufficiale. (p. 53)
  • Occorre tenere ben presente un altro fatto cruciale: gli attuali scandali sono un grande riconoscimento ai movimenti popolari degli anni sessanta e successivi, che hanno obbligato lo stato a ricorrere a operazioni clandestine per mascherare il proprio terrorismo e la propria violenza; operazioni così complesse da non poter essere totalmente celate alla vista del pubblico. (p. 149)
  • L'11 settembre conserverà senza dubbio un posto di primo piano negli annali del terrorismo. Le conseguenze che ne deriveranno dipendono dal modo in cui i ricchi e i potenti interpreteranno il fatto di non essere più immuni da atrocità simili a quelle che normalmente infliggono agli altri. (quarta di copertina)

Siamo il 99%[modifica]

Incipit[modifica]

È un po' difficile tenere una conferenza in memoria di Howard Zinn a un incontro di Occupy. Implica necessariamente sentimenti contrastanti. In primo luogo il rimpianto che Howard non sia qui a partecipare e a dar forza, come solo lui sapeva fare, a qualcosa che sarebbe stato il sogno della sua vita. In secondo luogo, c'è l'eccitazione prodotta da un sogno che si sta realmente realizzando. Un sogno dal quale lui ha posto gran parte delle fondamenta. Essere qui con voi sarebbe stato per lui la realizzazione di un sogno.

Citazioni[modifica]

  • Prima degli anni settanta, le banche erano banche. Facevano quello che delle banche dovevano fare in un'economia capitalistica di Stato. Per esempio, prendevano dai vostri conti correnti i fondi inutilizzati e li trasferivano per scopi potenzialmente utili, come aiutare una famiglia a comprare una casa o a mandare il figlio all'università, o a cose del genere. Negli anni settanta tutto questo è cambiato radicalmente. Fino ad allora non c'erano state crisi finanziarie. (p. 26)
  • C'è sempre stato un divario tra le scelte politiche e la volontà popolare, ma ora ha raggiunto dimensioni astronomiche. Oggi lo si può percepire chiaramente. (p. 29)
  • Ci sono, per la prima volta nella storia dell'umanità, seri rischi che mettono a repentaglio un'accettabile sopravvivenza della specie. Due di questi sono particolarmente pressanti. Uno ce lo portiamo dietro dal 1945. In qualche modo è un miracolo se fino ad ora l'abbiamo scampato. È la minaccia della guerra nucleare e delle armi atomiche. [...]
    L'altra, ovviamente, è la catastrofe ambientale. (pp. 38-39).
  • Per tutta la passata generazione sono state messe in atto politiche che hanno portato a un'estrema concentrazione della ricchezza nelle mani di una minuscola frazione della popolazione. Infatti, la distribuzione della ricchezza è letteralmente in mano al decimo superiore dell'1% della popolazione, una frazione così minuscola che non può neanche essere censita – bisogna fare un'analisi statistica per poterla rilevare. Questa parte della società ne ha tratto grandi benefici. Essa è costituita principalmente dal settore finanziario – amministratori di fondi speculativi, amministratori delegati di grandi gruppi finanziari e così via. (p. 56)
  • La concentrazione della ricchezza porta quasi automaticamente alla concentrazione del potere politico, che a sua volta si traduce in leggi che favoriscono naturalmente gli interessi di coloro che le formulano. (p. 57)

Citazioni su Noam Chomsky[modifica]

  • Chomsky postulò lo sviluppo e la stabilizzazione della capacità di linguaggio in ogni soggetto come l'effetto congiunto di tre fattori: lo sviluppo di un apparato biologico generico (percezione, memoria, attenzione, discriminazione uditiva ecc.), il contatto specifico con i normali locutori di una lingua data, lo sviluppo di un organo linguistico innato. (Massimo Piattelli Palmarini)

Note[modifica]

  1. Citato in Luca Coscioni, Il maratoneta, a cura di Matteo Marchesini e Diego Galli, Stampa Alternativa, 2005, p. 154.
  2. Dal discorso a UC Berkeley sulla politica degli Usa nel vicino Oriente, 14 maggio 1984.
  3. Citato in AA.VV., Il libro della filosofia, traduzione di Daniele Ballarini e Anna Carbone, Gribaudo, 2018, p. 305. ISBN 9788858014165
  4. Da La Fabbrica del consenso, in Libertà e linguaggio, traduzione di Cesare Salmaggi, Tropea, Milano, 1998.
  5. Da Aspects of the Theory of Syntax, Cambridge, 1965, pp. 27-28.
  6. Citato in AA.VV., Il libro della psicologia, traduzione di Giuliana Lupi, Gribaudo, 2018, p. 295. ISBN 9788858015018
  7. Citato in AA.VV., Il libro della politica, traduzione di Sonia Sferzi, Gribaudo, 2018, p. 315. ISBN 9788858019429
  8. Dal discorso all'incontro con gli studenti nel giorno del conferimento della laurea honoris causa in psicologia, Bologna, 1º aprile 2005; citato in Alberto Piccinini, I veri problemi, il manifesto, 6 febbraio 2009, p. 12.
  9. Da Occupiamo il futuro, Internazionale, n. 922, 4 novembre 2011, p. 19.
  10. Da Il debito come ideologia, Internazionale, n. 235, 5 giugno 1998, p. 10.
  11. Da Il pericolo maggiore, Internazionale, n. 743, 9 maggio 2008, p. 33.
  12. (EN) [...] in October, 1965, Senator Mansfield criticized the "sense of utter irresponsibility" shown by the demonstrators. He had nothing to say then [...] about the "sense of utter irresponsibility" shown by Senator Mansfield and others who stand by quietly and vote appropriations as the cities and villages of North Vietnam are demolished, as millions of refugees in the South are driven from their homes by American bombardment. He has nothing to say about the moral standards or the respect for international law of those who have permitted this tragedy. I speak of Senator Mansfield precisely because he is not a breast-beating superpatriot who wants America to rule the world, but is rather an American intellectual in the best sense, a scholarly and reasonable man -- the kind of man who is the terror of our age. Perhaps this is merely a personal reaction, but when I look at what is happening to our country, what I find most terrifying is not Curtis LeMay, with his cheerful suggestion that we bomb everybody back into the stone age, but rather the calm disquisitions of the political scientists on just how much force will be necessary to achieve our ends, or just what form of government will be acceptable to us in Vietnam. What I find terrifying is the detachment and equanimity with which we view and discuss an unbearable tragedy. We all know that if Russia or China were guilty of what we have done in Vietnam, we would be exploding with moral indignation at these monstrous crimes.. Da On Resistance, The New York Reviews of Book, 7 dicembre 1967.
  13. Da La fabbrica del consenso, Il Saggiatore, 2014.
  14. Da L'altra faccia della storia, Internazionale, n. 414, 30 novembre/6 dicembre 2001, p. 32.
  15. https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/noam-chomsky-il-popolo-si-sta-rivoltando-contro-le-elite-che-lo-hanno-ingannato-il-populismo-non-centra-e-ha-anche-una-storia-rispettabile_a_23520785/
  16. Da Diritti universali, Internazionale, n. 587, 22 aprile 2005, p. 17.
  17. Da un intervento al Saint Michael's College, nel Vermont, attorno al 1990.
  18. Da Lezioni dal mondo, Internazionale, n. 453, 6/12 settembre 2002, p. 29.
  19. Citato in AA.VV., Il libro della psicologia, traduzione di Giuliana Lupi, Gribaudo, 2018, p. 296. ISBN 9788858015018
  20. Tradotto in Massimo Polidoro, Teorie del complotto: 3 effetti che danneggiano tutti, MassimoPolidoro.com, 29 febbraio 2016.
  21. (EN) Da What We Say Goes, 2007, Allen & Unwin, New Zealand, p. 39, ISBN 978-1-74175-348-6
  22. Citato in Giovanni De Mauro, Segno, Internazionale, n. 875, 3 dicembre 2010, p. 3.
  23. Da una videointervista a Riccardo Roglione, 17 aprile 2001, riportata in Marcello Danovaro, Cristiano Ghirlanda, Globalizzazione e nuovi conflitti, 34 visioni di un mondo possibile, DeriveApprodi.
  24. Da Syntactic Structures, The Hague/Paris: Mouton, p. 15, 1957. Tale proposizione, diventata poi celebre, venne introdotta da Chomsky nel 1955 in Logical Structures of Linguistic Theory come esempio di frase grammaticalmente corretta benché del tutto priva di significato.

Bibliografia[modifica]

  • Noam Chomsky, America: il nuovo tiranno. Conversazione con David Barsamian, traduzione di Daniele Didero, Rizzoli, Milano, 2006.
  • Noam Chomsky, Anarchia e libertà. Scritti e interviste, traduzione di Manuela Palermi dallo spagnolo (Biblioteca Virtual Noam Chomsky), Datanews, 2006. ISBN 9788879812849
  • Noam Chomsky, Capire il potere (Understanding Power. The Indispensable Chomsky, 2002), a cura di Peter Rounds Mitchell e John Schoeffel, traduzione di Silvia Accardi, Giancarlo Carlotti, Pino Modola, Cesare Salmaggi, Laura Sgorbati Buosi, Il Saggiatore Tascabili, 2008. ISBN 978-885650099-8.
  • Noam Chomsky, Due ore di lucidità. Conversazioni con Noam Chomsky: Siena, 22 novembre 1999, con Denis Robert e Weronika Zarachowicz, disegni di Remi Malingrey, traduzione di Sylvie Coyaud, Baldini & Castoldi, 2003.
  • Noam Chomsky. I nuovi mandarini. Gli intellettuali e il potere in America. Prefazione di Howard Zinn; traduzioni di Luca Baranelli, Francesco Ciafaloni, Giovanni Dettori, Maria Vittoria Malvano, Santina Mobiglia, Giovanna Stefancich, Adria Tissoni. Net, Milano, 2003.
  • Noam Chomsky, Il golpe silenzioso. Segreti, bugie, crimini e democrazia, traduzione di Enrico Domenichini, Piemme, Casale Monferrato, 2004.
  • Noam Chomsky, Pirati e imperatori. Reagan, Bush I, Bush II: la guerra infinita al terrorismo (2002), traduzione di Pino Modola, Marco Tropea Editore, 2004. ISBN 9788843804276
  • Noam Chomsky, Siamo il 99%, traduzione di Andrea Aureli, Nottetempo, 2012. ISBN 978-88-7452-373-3
  • Noam Chomsky, Sulla nostra pelle. Mercato globale o un movimento globale?, Marco Tropea Editore, 1999.

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