Anders Zorn

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Anders Zorn, Autoritratto (1915)

Anders Leonard Zorn (1860 – 1920), pittore svedese.

Citazioni su Anders Zorn[modifica]

  • Come raffiguratore del nudo femminile, osservato non certo con l'occhio spietato di un Degas ma neppure illeziosito secondo l'uso di tanti mercantili pittori francesi graditi al grosso pubblico od idealizzato secondo la formola poetizzatrice dei prerafaeliti inglesi, lo Zorn ha ben pochi che nella pittura moderna lo agguaglino e forse nessuno nell'incisione. Col suo segno nervoso e sintetico, egli ci fa passare, volta a volta, sotto gli occhi la nudità massiccia e alquanto grossolana della contadina svedese, come nella Rappezzatrice, quella giunonica, ben proporzionata e sicura di se della donna abituata a posare pei pittori, come nella Barca e la modella, quella soda, snella e leggiadramente giovanile delle bagnanti di Estate e Cerchi nell'acqua e quella raccolta e voluttuosa della Gitana con la chitarra. (Vittorio Pica)
  • Tempra eminentemente ricercatrice, lo Zorn ha adottato la fattura rapida e sommaria dell'impressionismo cercando di cogliere momenti singolari e difficili della realtà, esprimendone soltanto la linea generale e arrivando quindi a qualche eccellente figurazione simbolica. Ma in Zorn resta sempre la natura nordica, che egli non seppe o non poté fondere con le sue aspirazioni innovatrici, così che invece di giovarsi dei portati dell'arte straniera per isvolgere la sua personalità serbandone intatto il carattere individuale e nazionale, quello che gli rimaneva di temperamento artistico innato e paesano contrastò dannosamente con le appropriazioni di metodi forestieri, impedendo all'artista di trovarsi una forma integrale definita. Egli quindi non è uno di quei cosmopoliti assimilatori che, facendo tabula rasa di ogni istinto originale, si rifanno un nuovo carattere con i sistemi assimilati, e non è più un nordico puro e solenne come Nordström, ma è una personalità quasi sdoppiata e antitetica. (Mario Morasso)
  • Vediamo [...] che mentre per un lato egli non va alle innovazioni ultime, ma oscilla dal realismo impressionista a qualche saggio di simbolismo, come nel suo Ballo, in cui egli si perde ancora a raffigurare l'istantaneità del movimento, cadendo così in una vecchia ricerca realistica, per l'altra l'istinto naturale del color profondo e cupo se gli ha permesso di accogliere il segno libero e rapido dell'impressionismo, gli ha impedito di adottarne la colorazione luministica, onde le sue tele risultano malauguratamente incerte e buie come taluni abbozzi del Michetti. (Mario Morasso)

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