Andrea Tornielli
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Andrea Tornielli (1964 – vivente), giornalista e scrittore italiano.
Citazioni di Andrea Tornielli
[modifica]- Dalla lettura critica, alla luce delle più elementari conoscenze storiche, del romanzo di Dan Brown non si salva neanche una pagina. (da Processo al Codice da Vinci, Gribaudi, 2006)
- Le «fonti» stesse di Dan Brown, i suoi stessi «ispiratori», sono stati costretti dalla grossolanità delle loro affermazioni a fare ammenda pubblica, smentendo le loro teorie: documenti falsi, storie inesistenti, persino il Priorato di Sion ormai esiste soltanto a livello «metafisico». Eppure tutto questo coacervo di bufale e di leggende è stato reimpastato, riabilitato e fornito su un piatto d'argento a milioni di lettori, molti dei quali portati a credere che le dotte disquisizioni propinate dal professor Langdon e dal professor Teabing alla povera Sophie Neveu, discendente della Maddalena, siano vere e che la Chiesa abbia realmente ingannato per duemila anni i suoi fedeli. (da Processo al Codice da Vinci, Gribaudi, 2006)
- Questa mattina il vescovo Luigi De Magistris, pro-penitenziere maggiore emerito, intervenendo alla presentazione del primo catalogo internazionale dei santini, ha rivelato i particolari delle ultime ore di vita dell'ideologo del Pci Antonio Gramsci: "Il mio conterraneo, Gramsci, aveva nella sua stanza l'immagine di Santa Teresa del Bambino Gesù. Durante la sua ultima malattia, le suore della clinica dove era ricoverato portavano ai malati l'immagine di Gesù Bambino da baciare. Non la portarono a Gramsci. Lui disse: 'Perché non me l'avete portato?' Gli portarono allora l'immagine di Gesù Bambino e Gramsci la baciò. Gramsci è morto con i Sacramenti, è tornato alla fede della sua infanzia. La misericordia di Dio santamente ci 'perseguita'. Il Signore non si rassegna a perderci". (da La conversione di Gramsci e santa Teresina di Lisieux)
Pio IX L'ultimo Papa Re
[modifica]- Il cardinale Giacomo Giustiniani, vescovo di Imola, aveva fin dal 1828 proibito, per obbedire a un decreto della Congregazione dei riti, che l'immagine della Madonna del Piratello, patrona veneratissima dagli imolesi, fosse portata in processione sotto un baldacchino per le vie della città Il dicastero romano aveva infatti da tempo stabilito di abolire il baldacchino che scortava le immagini sacre. Un particolare quasi insignificante, che toccò invece profondamente l'immaginario collettivo e provocò la rivolta della popolazione. Il cardinale, resosi conto di quanto i cittadini tenevano a quella tradizione, aveva invano cercato di far abolire il decreto durante un suo soggiorno nella Città eterna, ma al suo ritorno si era trovato di fronte a una vera e propria sommossa. Mentre si recava in carrozza al Piratello, dove si conservava l'effigie della patrona di Imola, alcuni malintenzionati avevano preso d'assalto l'episcopio devastandolo e buttando giù dalla finestra mobili e suppellettili. (cap. VII, p. 142)
- Il monaco camaldolese Mauro Cappellari, originario di Belluno, divenuto pontefice col nome di Gregorio XVI nel febbraio 1831, aveva strenuamente combattuto le idee liberali e aveva difeso a spada tratta l'Ancien Régime. Un anno dopo la sua elezione, aveva dedicato un'enciclica, la Mirari vos alla demolizione dei capisaldi del liberalismo, condannando «questa massima falsa e assurda o piuttosto questo delirio che si debba procurare e garantire a ciascuno la liberta di coscienza» e definendo la libertà di stampa «libertà esecrabile per la quale non si avrà mai abbastanza orrore». (cap. VIII, p. 182)
- Angelo Brunetti, detto Ciceruacchio, aveva quarantaquattro anni, era alto, robusto e possedeva tutte le qualità del capopopolo. Negoziante di cavalli, poi appaltatore di campi e di foraggi, infine venditore di vino agli osti, era entrato in Carboneria fin dal 1831. Fin dall'inizio del pontificato di Pio IX, Ciceruacchio si era trasformato nell'abile impresario dei festeggiamenti popolari. Era in grado di organizzare la folla osannante, ma anche di farla rimanere nel più assoluto silenzio, in segno di protesta, come accadde il 4 novembre 1846, quando papa Mastai andò a dir Messa nella chiesa di San Carlo al Corso: c'erano centinaia di persone ad attenderlo, che non batterono ciglio. (cap. IX, p. 220)
- Diventa sempre più evidente, a partire da questi momenti [l'abbandono di Roma e la fuga di Pio IX a Gaeta del novembre 1848], l'influenza decisiva del cardinale Antonelli su papa Mastai. Nominato pro-Segretario di Stato e quindi Segretario di Stato, l'alto prelato condizionerà la politica del pontificato fino all'anno della morte, il 1876. Abile nella diplomazia e negli affari, freddo e calcolatore, rappresentava un perfetto completamento delle caratteristiche del papa, che era uomo piuttosto impulsivo, facile ad entusiasmarsi e poco avvezzo ai giochi diplomatici. (cap. XI, p. 299)
- Antonelli non era sacerdote e non aveva mai voluto diventarlo, decidendo di fermarsi al primo grado dell'ordine sacro, quello del diaconato. La sua formazione e la sua personalità erano quanto di più lontano si potesse immaginare dallo zelo tutto pastorale di Mastai, che pur potendo abbracciare facilmente la «carriera» prelatizia, aveva invece sempre desiderato incarichi che gli consentissero di esercitare il ministero tra i fedeli. (cap. XI, p. 300)
- Il papa, per celebrare la battaglia di Mentana, fa coniare un fregio d'argento a forma di piccola croce ottagonale con al centro una medaglietta con la scritta «Fidei et Virtuti» e «Hinc Victoria» e lo dona a tutti i soldati pontifici e a quelli francesi intervenuti a Roma. Ciò che era accaduto nei primi giorni di quel novembre 1867, la clamorosa sconfitta sul campo dei garibaldini e la pronta retromarcia dell'esercito del regno d'Italia, viene letto da Pio IX come un segno provvidenziale. Il papa appare dunque convinto che il «patrimonio di San Pietro» non cadrà. (cap. XV, p. 477)
Bibliografia
[modifica]- Andrea Tornielli, Pio IX L'ultimo Papa Re, Il Giornale Biblioteca storica, Milano, 2004.
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