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Angkor Wat

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Angkor Wat

Citazioni sull'Angkor Wat.

  • La mole fantastica dell'Angkor-Vat non è altro che un passo di danza pietrificato dall'entusiasmo di diverse generazioni di artisti. (Mario Appelius)
  • Le cinque torri sono formate da una sovrapposizione di tronchi di piramide che si affinano verso il vertice. In origine dovevano essere intagliate semplicemente a gradinata per permettere ai pellegrini di salire fino alla cima. Poi la pietà di diverse generazioni d'adoratori di Brahma ha scolpito le muraglie; le ha cesellate, ricamate e traforate come un gioiello; le ha bucherellate di nicchie, di scale interne e di corridoi; ha popolato pareti e gradini d'un esercito tumultuante di statue; ha riprodotto in miracolosi bassorilievi tutti i fiori e tutte le foglie della foresta, tutti i rettili, gli animali e gli uccelli, per magnificare nel granito la grandezza del Dio quadrifronte. Tutta la letteratura sacra dell'India è scritta a punta di scalpello su queste muraglie.
    Più tardi è sopraggiunto il buddismo trionfatore che ha rispettato l'edifizio, ma vi ha aggiunto con la stessa pazienza e con la stessa prodigalità i simboli del suo culto, un altro esercito di Buddha tranquilli e sorridenti che tengono compagnia alle divinità terribili dell'India, una quantità pazza di fregi, d'altari, di draghi, di simulacri, di figure convenzionali. Non solamente la pietra è sparita sotto gli ornamenti, ma ha perso anche l'aspetto caratteristico della materia. Le torri dell'Angkor-Vat non fanno pensare al granito, ma ad una composizione di stucco, di pizzi e di cartapesta.
    Un tale eccesso di decorazione dovrebbe determinare un complesso barocco e pesante, qualche cosa di pretenzioso e di barbarico; invece l'insieme è d'una armonia meravigliosa che fa pensare alla grazia della Rinascenza ed evoca nel medesimo tempo la maestà dei monumenti romani. Ciò soprattutto differenzia questo capolavoro dell'arte «kmèr» dai monumenti affini dell'India. Un soffio sublime di bellezza anima questo sforzo ciclopico. [...]
    L'Angkor-Vat non è né orientale, né indiano, né cinese, né classico, né esotico: è «kmèr»: è l'apoteosi artistica di una civiltà misteriosa che ha brillato di luce fulgidissima in quest'angolo del mondo, poi s'è spenta, senza lasciare altra traccia di sé che una immane rovina! (Mario Appelius)

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