Antonio Beltramelli
Antonio Beltramelli (1879 – 1930), scrittore italiano.
Citazioni di Antonio Beltramelli
[modifica]- Carichi di legname arrivavano e venivano lavorati per farne casse di trasporto, l'incrociarsi sul mare di trabaccoli: solo a San Menaio ne partivano quattro carichi di agrumi e altrettanti ne arrivavano con carico altrettanto pregiato.[1]
- Se mi partissi e 'n vi dicessi addio, | parrebbe mi partissi all'adirata. | E se mi parto vi lascio il cor mio, | ché lo teniate fino alla tornata.
- Se me ne andassi e non vi dicessi addio, | sembrerebbe che me ne andassi irato con voi. | E se me ne vado vi lascio il mio cuore | perché lo custodiate fino al mio ritorno.[2]
L'ombra del mandorlo
[modifica]... e la carovana passa.
Ora la solitudine del monte non gli aveva dato riposo nessuno, e tutto ciò ch'egli si era ripromesso dalla calma di una vita ritirata fra le selve e le fonti, non aveva ottenuto.
Non poteva esser solo. La sua vita interiore non gli bastava più. Non gli bastava la lettura de' suoi autori favoriti, non la meditazione, non la semplice e schietta chiarità della montagna.
La pura gioia non era lassù, nella sua piccola casa troppo deserta, ora.
Certi ricordi odoravano come rose languenti... Certe memorie gli dolevano come ferite...
La solitudine non è un bene quando non risponde a uno stabile equilibrio dello spirito.
Ed egli non poteva essere solo.
Che avrebbe egli fatto?.. Dove andare?.. A quale porto dirigersi?.. A quale ombra riposava la creatura che poteva essergli destinata?
Forse al di là degli oceani, dove non sarebbe arrivato giammai... forse, in una solitudine eguale, che aspettava un fratello d'amore dalle strade della terra... e si fermava, al vespero, sotto le siepi... e ascoltava il pianto delle canzoni che muoiono col vento lontano...
Citazioni
[modifica]- Non occorre una guida per godere una bella città, per penetrare nell'anima di un luogo. Bastano gli occhi che sappian vedere. Tutta la storia non aggiunge un senso o una soavità nuova a un solo mattone, a una sola scheggia di marmo. Ciò che conosciamo ci basta. Le guide sono una Beozia internazionale. Servono a chi viaggia per niente, o per far sapere agli altri ciò a cui gli altri non interessano. (p. 88)
- La Chiesa è saggia e Iddio è lontano. (p. 99)
- Gesù di Galilea ebbe il terribile potere di chiamare sul mondo lo spirito di Lui; ma gli uomini si traviarono poi per diverse vie. (p. 99)
- Certe donne hanno l'anima di un Saladino. Le Neronesse son molto peggiori dei Neroni, dei Tiberi e dei Caracalla.
Ma l'uomo le sposa fanciulle, quando ancora non hanno i baffi e sembrano tutte un delicato profumo; anche i loro pensieri sono come la vetrina di un profumiere e sono tutte angelicate creature. (p. 103)
I tre tempi
[modifica]Giovanni Amunda scendeva dall'alta montagna. Oltre il muraglione che difende la strada provinciale dalla furia dei venti nel valico appenninico, aveva abbandonato la via maestra internandosi per le selve. Egli conosceva ogni sentiero; sapeva di giungere più speditamente alla mèta. Era solo e la luce moriva dietro i monti di Toscana.
Le novelle del mito
[modifica]- [...] non v'è goccia nel mare che non sia stata lacrima umana. (p. 27)
Le novelle della vita gaia e triste
[modifica]- L'eternità è un concetto simile all'attimo, non si coglie, non si misura e l'amore se ne serve nel periodo in cui dimentica il tempo; può essere un secondo, come può essere per un giorno, come per più anni, poi l'eternità dilegua. (p. 84)
- La vita è misura, assidua misura sul ritmo della morte che incalza, della vita che sopraggiunge, dell'ombra che fugge il sole. Ogni volo altissimo non è che il punto sommo di una parabola. (p. 84)
- L'attesa non toglie speranza. (p. 97)
- Essere ingenuo vuol dire aver serbato una qualche purezza di vita; ancora significa poter godere qualche ora più chiara per le strade del mondo. (p. 152)
Le novelle del tempo conchiuso
[modifica]- A volte si diventa ricchi, arcimilionari... ma di niente. Solo perché un'ora di sole entra nell'anima nostra e chiude tutti i limiti intorno; chiude i valichi dell'infinito. (p. 172)
- Qualche volta si langue, quando si è su la soglia del mondo e non si conosce la strada destinata.
Qualche volta non si vorrebbe ritornare là dove si è partiti un'ora prima. (p. 178) - Accadono al mondo, a volte, certe piccole cose che non valgono più di una nuvola leggera e son cose di giovinezza, rapidissime, da scordar subito perché il vento è mutevole, in primavera, e la gioia non si sa neppure se sia giunta, che, già, a guardarla, trascolora. (p. 183)
- L'amore è indefinibile e non è detto debba esser sempre monumentale. (p. 183)
- L'amore arriva talvolta per un baleno e, alla mattina, non è più niente. Passa co' suoi piedi nudi sull'erba tenera; lascia forse un leggerissimo segno in un cuore ma non in due che sarebbe troppo e condurrebbe chi sa mai dove, per tutta la noia degli uomini a compasso. (p. 184)
- Il mondo serio e inospitale confina con l'amore fra le cose saggie; di questo figlio dell'imponderabile fa una cosa argomentata che deve rispondere alle dovute esigenze. Si può amare solamente sub conditione e sotto il naso degli esperimentati parenti. Non deve esservi cosa inattesa per un bennato cuore, né il tepore di un giorno solo per una gioia improvvisa che sa di morire col sole. (p. 223)
- Molti arrivano al mondo e se ne vanno senza aver imparato niente perché hanno trovato tutto bell'e fatto. Dalla scuola al letto matrimoniale e al ben ornato feretro. Questi sono coloro che vissero molto giustamente e si raccomandano negli onorati epitaffi. (p. 223)
Ahi, Giacometta, la tua ghirlandella!
[modifica]Io mi ricordo, Giacometta, quando vivevi nella tua casa bianca, dai grandi cristalli; sul lembo di un giardino. Allora avevi sedici anni ed eri la sola Giacometta di tutta la città.
Conducevi la vita delle persone per bene: uscivi poco, forse la domenica per andare alla messa con la veste più nuova; e, qualche rara volta, quando era proprio bel tempo, uscivi per far la tua passeggiata.
E la gente della tua città ti guardava perché eri bella. I giovani si fermavano ad ammirarti.
Gli uomini rossi
[modifica]Disse un ispirato, una volta, che Adamo, in siriaco, significava rosso e volle da ciò dedurre la remotissima origine del partito repubblicano. La deduzione destò fra gli scienziati tedeschi interminabili dispute; si formò a mano a mano una biblioteca su l'argomento e, come avviene sempre in casi di sì alta importanza, la questione rimase allo statu quo ante.
Il cavalier Mostardo
[modifica]Pochi eran rimasti della vecchia coorte. I più anziani avevano finito di banchettare e se n'eran iti alla morte, al riposo. Chiuso il libro del dare e dell'avere come privati, se non come uomini di caldo avvenire, avevano compiuta la traiettoria rapidamente, da quei bravi che si eran dimostrati nel mondo, secondo le dottrine loro. Non troppe smorfie e meno indugi. Morire bisognava; dunque fosse rapida la morte e tranquilli coloro ai quali restavano altri anni da vivere nel bel mondo armonioso. Dal più al meno erano stati sodisfatti nel loro legittimo desiderio.
Note
[modifica]Bibliografia
[modifica]- Antonio Beltramelli, Ahi, Giacometta, la tua ghirlandella!, Mondadori, 1921.
- Antonio Beltramelli, Gli uomini rossi, Renzo Streglio & C., 1904.
- Antonio Beltramelli, Il Cavalier Mostardo, A. Mondadori, 1922.
- Antonio Beltramelli, I tre tempi (novelle), Edizioni A. Mondadori, 1929.
- Antonio Beltramelli, L'ombra del mandorlo, Edizioni A. Mondadori, 1921.
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