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Duomo di Milano

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Duomo di Milano

Citazioni sul Duomo di Milano.

  • Eh be' ci sono le porte... le finestre... il tetto... (Infelici e contenti)
  • Il Duomo di Milano è paracetamolo sempre pronto per le tue tonsille. (Calcutta)
  • Fra le chiese gotiche dell'Italia Settentrionale più celebre fra tutte è il duomo di Milano, col quale Gian Galeazzo Visconti volle lasciare magnifico ricordo della sua signoria. Non si può dire con sicurezza quale architetto ne abbia abbozzato il piano: fu cominciato nel 1386 da Simone da Orsenigo; dal 1400 al 1447 i lavori furono diretti da Filippo degli Organi. Oltre a ciò aiutarono col consiglio e con l'opera architetti delle più svariate scuole e dei più disparati paesi, italiani non solo, ma francesi, fiamminghi e tedeschi (Ulrich von Ensingen; Heinrich von Gmünd, 1391); e pare che a Milano regnasse una certa perplessità che si spiega con l'epoca già tarda nella quale l'edificio si costruiva quando il vero sentimento gotico stava per spegnersi. Infatti la maniera gotica usata qui si allontana da quella che si incontra in Italia. (Anton Springer)
  • Milano. Il Duomo gocciola verso l'alto. (Marcello Marchesi)
  • Chi attese mai, con qualche conformità di disposizione sentimentale, al levar del sole nella nostra piazza del Duomo in un mattino umido di autunno? Il Duomo dorme ancora, e sembra sdraiato. Si colorano gli accenni del nuovo giorno dietro di lui; ma poiché in basso ogni cosa è avvolta da una leggera nebbia e da una tenue oscurità violacea, che non consentono il gioco delle ombre e distruggono gli effetti della prospettiva, vale a dire delle distanze, cosi le parti singolari della fronte del tempio, per essere disposte tutte sovra lo stesso piano più prossimo, sono tutto individualmente notate dall'occhio, mentre i contorni più ampi della grande massa che sta dietro appaiono quasi un complemento misterioso ed irregolare di sfumature e di mezze tinte a ciò che, meglio visibile, trovasi nei piani che si accostano alla facciata; onde sembra che l'edificio si allarghi straordinariamente, e, per naturale contrasto, lo si direbbe abbassato. Giace esso, intatti, o dorme! Ma, ecco, il sole, improvviso, balza dai tetti delle case là in fondo; passa, fulmineo, da un pinnacolo all'altro; scorre, in fretta, sotto gli archi e tra i festoni; suscita forme e figure non prima vedute, a centinaia, a migliaia, prossime e lontane; e, gettando manate d'oro in ogni parte, grida festosamente la novella giornata. (Pio Viazzi)
  • L'amore! Ecco il nostro Duomo in certe asciutte, limpidissime, ventose giornate di marzo, quando la nostalgia dolce di ignote giovinezze si mescola col tumulto virile delle sane passioni rinascenti! Il Tempio ride ora la risata colossale di un semidio pazzo e giocondo. I santi di pietra, dall'alto dei pulpitini rabescati, predicano e proclamano, con una loro mimica dalla inverosimile ricchezza di atteggiamenti, con una loro enfasi curiosamente persuasiva, la forza di una fede (poiché nelle fedi è la forza), e la gloria rude e la passione intensa dei nostri antichi padri. Tutto si agita, intorno, si avvolge, si incrocia, e ride, e ride, e sale, disciogliendosi a grado a grado ed affinandosi, sottilizzandosi alla fine in una serena compostezza di preghiera amorosa (il profilo diritto della guglia maggiore taglia con risoluta nettezza l'azzurro profondo), che si spinga al cielo nella visione della Vergine pura e trionfante.(Pio Viazzi)
  • La prima salita sul Duomo di Milano reca al forestiero pensoso una indefinibile impressione di malinconia.
    La lucentezza bianca della mole (poiché non avverte l'opulenta sua colorazione fatta di riflessi e di gradazioni mutevoli ed inafferrabili chi non si sia esercitato in un sottile ed amoroso e pertinace culto del tempio) abbarbaglia. – Intorno, al basso, il formicaio umano è in una intricata minuta inconsapevole implacabile agitazione.
    E la quantità incommensurabile delle forme scolpite che ad una ad una, in principio, a gruppi via via più numerosi e complessi, in seguito, con l'acuirsi dell'attenzione e col fortificarsi della percezione, giunge allo spettatore, come cosa fatta, accumulata, disposta ordinatamente e diligentemente nei secoli scorsi, per la dilettazione nostra, – siffatta sterminata quantità di forme richiama al pensiero tutte le vite umane che ivi si svolsero, tutte le passioni che qui (in una obliqua e felice deviazione degli effetti) si manifestarono o trovarono conforto, tutte le speranze, gli amori, gli odii, le preoccupazioni, i disinganni, che accompagnarono il martellamento assiduo di tanta pietra, l'innalzamento vertiginoso di tanto peso. (Pio Viazzi)

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