Caduta del fascismo
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Citazioni sulla caduta del fascismo, spesso indicata come 25 luglio 1943 o semplicemente 25 luglio.
- All'indomani del 25 luglio[1], in tutta l'Italia, nelle grandi città e nei villaggi, il popolo salutò con manifestazioni di giubilo la caduta del dittatore e sfogò il suo risentimento cancellando i simboli del regime. L'adesione fu così generale e così compatta da giustificare l'ipotesi che a quelle manifestazioni partecipassero anche molti di coloro che nel passato avevano con uguale entusiasmo sostenuto il regime. (Giuseppe Mammarella)
- La disinvoltura, miscelata a frivolezza, con cui l'Italia fascista ripudiava il fascismo testimoniava la profonda decomposizione del regime, sotto la copertura d'orbace, ma anche la superficialità e leggerezza di un Paese allergico al caso di coscienza. Non ci furono drammi, tranne uno: quello del presidente dell'agenzia di stampa Stefani, Manlio Morgagni, che si tirò un colpo di rivoltella alla tempia, dopo aver vergato queste parole: «La mia vita è finita, Viva Mussolini». Ma i capi del Partito e della Milizia che nelle loro parole d'odine tonitruanti avevano promesso di combattere e morire per il Duce, si rassegnarono subito a vivere senza il Duce. (Indro Montanelli e Mario Cervi)
- Le prime epurazioni furono, come è regola in Italia, toponomastiche e costituzionali. Vie, navi, stadi, città cambiarono nome. Vennero subito aboliti il Partito fascista, il Gran Consiglio, la Camera dei fasci e delle corporazioni, il Tribunale speciale, la tassa sul celibato, le norme spiccatamente totalitarie dei codici. Ci si dimenticò di revocare la più grossa di tutte le vergogne fasciste, le leggi razziali: oppure si preferì non farlo per non provocare la Germania. L'alleato doveva essere blandito, nelle ore in cui Hitler nella sua «tana del lupo» urlava «tradimento, tradimento». (Indro Montanelli e Mario Cervi)
- – Ma perché vuoi andare?
– Voglio vedere come cade una dittatura. (Il conformista)
Note
[modifica]- ↑ Il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio del fascismo, approvando l'ordine del giorno di Dino Grandi, mise in minoranza Mussolini, provocando la caduta del regime.
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