Giuseppe Mammarella

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Giuseppe Mammarella (1929), docente e storico italiano.

L'Italia dopo il fascismo 1943-1973[modifica]

  • All'indomani del 25 luglio[1], in tutta l'Italia, nelle grandi città e nei villaggi, il popolo salutò con manifestazioni di giubilo la caduta del dittatore e sfogò il suo risentimento cancellando i simboli del regime. L'adesione fu così generale e così compatta da giustificare l'ipotesi che a quelle manifestazioni partecipassero anche molti di coloro che nel passato avevano con uguale entusiasmo sostenuto il regime. (parte prima, cap. I, p. 41)
  • Nel separatismo [siciliano] erano mescolati ragioni antiche e motivi nuovi: esso era l'espressione di uno stato d'animo tradizionale di ostilità e di protesta nei confronti di quel governo di Roma che, sin dall'Unità, aveva sempre ignorato i bisogni dell'isola. (parte seconda, cap. I, p. 116)
  • Sostenuto da forze apertamente reazionarie, soprattutto dai grandi latifondisti e strettamente collegato con la mafia, che aveva ripreso forza e autorità dopo il 1943, il separatismo tendeva soprattutto ad isolare la Sicilia dal moto di rinnovamento nazionale che scaturiva dall'avanzata di nuove forze politiche e sociali. (parte seconda, cap. I, p. 117)
  • La Pira acquistò ben presto vasta popolarità per la sua appassionata difesa dei poveri e degli umili: personalità alquanto complessa, alternerà atteggiamenti improntati ad una mistica di chiara impronta evangelica con prese di posizione che rivelavano un acuto senso politico. (parte terza, cap. I, p. 224)
  • In una prospettiva a lunga scadenza, le conseguenze dell'insurrezione rientrata [a seguito dell'attentato a Palmiro Togliatti del 14 luglio 1948] furono di grandissima importanza per il futuro del Partito comunista. Il rifiuto dei suoi dirigenti di trasformare in rivolta armata lo spontaneo movimento di piazza provocato dal gesto dell'attentatore, rivelava alle masse e agli avversari politici la patente contraddizione tra il linguaggio massimalista usato per tenere viva la combattività delle masse e la reale volontà di azione rivoluzionaria. Così la sconfitta elettorale del 18 aprile, che aveva dimostrato l'impossibilità di una conquista democratica della maggioranza, e il chiaro rifiuto del metodo rivoluzionario concorrevano a precludere al comunismo italiano la prospettiva di una conquista del potere, almeno per il futuro prevedibile, e lo lasciavano senza alternative valide. (parte terza, cap. I, p. 228)
  • All'inizio, nella nuova formazione politica [del Movimento Sociale Italiano], sembrò prevalere l'elemento intransigente che aveva vissuto l'esperienza della Repubblica di Salò e il cui seguito era soprattutto nell'Italia settentrionale; più tardi, dopo una serie di violenti contrasti interni, i progressisti furono messi ai margini del partito e prevalse l'elemento moderato di origine meridionale, favorevole alla collaborazione con i monarchici. Fu così che il MSI acquistò una più naturale fisionomia di forza conservatrice, raggruppando intorno a sé elementi della piccola e media borghesia, proprietari terrieri, piccoli commercianti e anche studenti (il partito accoglie iscritti di 14 anni), che del fascismo non avevano avuto nessuna diretta esperienza. (parte terza, cap. III, p. 261)
  • Oltre a creare un grande mercato di quasi 180 milioni di consumatori fondato sulla piena libertà di circolazione delle merci, della manodopera, dei capitali e dei servizi, il MEC intendeva avviare un'intensa opera di integrazione nella politica fiscale, monopolistica, agricola, dei trasporti e della formazione professionale: si sperava che questa opera di confronto e di armonizzazione potesse creare le condizioni necessarie perché dall'integrazione economica si passasse a quella politica. (parte quarta, cap. V, p. 331)
  • La sinistra extraparlamentare non è un fenomeno nuovo nella storia del movimento comunista italiano. Una «sinistra storica» rappresentata da bordighisti[2] e trotskisti di varia osservanza era sempre esistita alla sinistra del PCI, in posizione fortemente critica. La sua azione era sempre stata marginale e la sua vita difficile per le polemiche interne e le scissioni. Ma all'inizio degli anni '60 in una situazione internazionale che vede lo scoppio del conflitto ideologico tra comunismo sovietico e cinese, il crescente impegno americano nel Vietnam e la questione razziale e in una situazione interna caratterizzata dagli squilibri e dalle contraddizioni del «miracolo economico», nascono in Italia nuove iniziative e nuovi gruppi. (parte sesta, cap. II, p. 451)

Note[modifica]

  1. Il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio del fascismo mise in minoranza Mussolini, provocando la caduta del regime.
  2. Seguaci di Amadeo Bordiga.

Bibliografia[modifica]

  • Giuseppe Mammarella, L'Italia dopo il fascismo 1943-1973, Il Mulino, Bologna, 1974.

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