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Caffaro di Rustico da Caschifellone

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Busto di Caffaro di Rustico da Caschifellone

Caffaro di Rustico da Caschifellone, spesso citato solo come Caffaro o Caffaro di Rustico (1080 o 1081 – 1164 circa), crociato, diplomatico e annalista italiano.

  • Lodarono i Legati Genovesi la prudenza degli altri Popoli italiani; però faceano conoscere non dover eglino seguitare l'esempio degli stessi, ed anzi tanto non potersi pretendere dal Comune di Genova «imperocchè, dicevano essi, «gli antichi Imperatori Romani e Re d'Italia concedevano e confermavano agli abitatori di Genova il dritto d'osservare le loro consuetudini, onde dovean in perpetuo essere liberi da ogni angaria e perangaria, e solo potevano essere obbligati alla fedeltà verso l'Imperatore ed alla difesa del littorale contro i Barbareschi, nè potevano avere altro gravamento. I Genovesi avevano compiuto ogni loro dovere, coll'aiuto Divino cacciati i Barbari che senza posa infestavano i luoghi marittimi da Roma infino a Barcellona, operato in modo che in oggi ciascuno riposa tranquillo in mezzo alle sue proprietà, fatte tutte queste cose, per l'ottenimento delle quali l'Impero avrebbe spese in ogni anno oltre diecimila marche d'argento, col solo danaro del Comune di Genova. I Genovesi inoltre abitano terre sterili ed incapaci di somministrar loro il necessario al sostentamento, sono costretti di procacciarsi dagli esteri paesi quanto loro abbisogna per vivere, e per conservare l'onore dell'Impero; quanto posseggono tutto è frutto della loro industria e del commercio tenuto colle terre straniere, appò cui già pagarono molti dazii, o comprarono col proprio danaro la libertà delle loro mercatanzie. Quindi è che il pretendere dai Genovesi nuovi sacrifizi sarebbe ingiustizia; ed essendo decreto degli antichi Romani che niuno possa pretendere, e niuno possa essere obbligato a pagare un tributo già soddisfatto, l'Imperatore non debbe volere dal Comune di Genova altra cosa che la fedeltà, cui i Consoli sono pronti a promettere.»[1]
  • Mentrecchè l'amor della patria suggeriva ai Legati di Genova le accennate parole, stimolava gli uomini tutti e le donne Genovesi a compiere la fabbricazione delle nuove mura, ed ognuno in dolce gara adoperavasi all'intento collo trasportare le pietre e l'arena all'uopo necessarie. Nel breve giro di soli otto giorni ne costrussero sì lungo tratto, che ogni altra città d'Italia attivissima non lo avrebbe costrutto nel corso d'un anno intiero: e laddove non aveasi la difesa delle nuove mura, o queste erano facili a superarsi, si fabbricarono in tre giorni altissimi castelli con gli alberi delle navi, con frequenti bertesche e con vasti e forti spaldi; di maniera che, non avendo nemico Iddio, i Genovesi colle operate fabbricazioni avrebbero potuto incolumi sostenere l'impeto dell'esercito Italico, Toscano, e Germanico.[2]

Note

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  1. Da Annali di Genova, pp. 146-148
  2. Da Annali di Genova, p. 148

Bibliografia

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  • Caffaro e i suoi continuatori, Annali di Genova, dai tipi di Luca Carniglia, Genova, 1828

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Opere

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