Carlo Dionisotti

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Carlo Dionisotti (1908 – 1998), critico letterario, filologo, storico della letteratura e accademico italiano.

Citazioni di Carlo Dionisotti[modifica]

  • A mezza via fra l'età di Vittorino da Feltre e quella della marchesa Isabella e del Castiglione, la stampa mantovana di Dante, alla quale si appaia nello stesso anno una delle pochissime stampe del Decameron, rappresenta bene la svolta decisiva per cui a Mantova, come in quel giro d'anni in altre corti, la cultura umanistica venne a patti con la tradizione trecentesca e si avviò a produrre nella nuova lingua una nuova letteratura cortigiana.[1]
  • Il suo coinvolgimento nella cospirazione antifascista era stato accidentale. La gerenza della nuova serie einaudiana della «Cultura» era stata affidata a lui perché non era politicamente sospetto. E per questo motivo si era servita del suo recapito a Torino la donna amata [Tina Pizzardo], che della cospirazione era partecipe e bene esperta. Arrestato, Pavese fu ascritto all'albo d'onore del confino, perché neppure quei cosiddetti giudici l'avevano considerato meritevole di più grave pena. Dal confino, era tornato più solo e diverso di quanto fosse prima, più vulnerabile, e però con una maggiore urgenza di scrivere, di assolvere il suo proprio compito. Bisognava lasciarlo tranquillo.[2]
  • La guerra civile del 1943-45 nell'Italia centro-settentrionale, con il suo inseparabile antefatto di persecuzione politica, di emarginazione e, nei tardi anni Trenta, di guerra di Spagna e di questione della razza, è diventata guerra tutta e soltanto di liberazione. In realtà fu guerra civile, senza quartiere, e per quell'antefatto anche guerra di religione, nuova nella storia d'Italia. Sulla fine del 1943 la durata e l'orrore di una tale guerra non erano prevedibili, ma tutti sentivano che era imminente un salto nel buio.[2]
  • La storia di questa tumultuosa, rapida e decisiva espansione nazionale della letteratura volgare ancora non è stata fatta in modo esauriente. Non è storia che possa restringersi, fuori Toscana, a grandi uomini come il Boiardo. Caratteristica è allora la baldanza dei piccoli uomini. E poiché d'una baldanza si trattava che, quanto incuriosisce noi oggi, tanto dispiacque ai successori immediati di quei piccoli uomini e subito fu da loro sistematicamente repressa e cancellata, non è possibile più riconoscerla a prima vista: bisogna scavare a fondo per recuperarne le sorprendenti testimonianze.[3]

Note[modifica]

  1. Da Dante nel Quattrocento, in Atti del Congresso internazionale di studi danteschi, Firenze, Sansoni, 1965, pp. 333-378, (p. 367).
  2. a b Da Per un taccuino di Pavese, Belfagor, Vol. 46, No. 1, 31 gennaio 1991, Casa Editrice Leo S. Olschki.
  3. DaTradizione classica e volgarizzamenti, in Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1984, pp. 125-178, (p. 161).

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