Vai al contenuto

Carlo Troya

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.

Carlo Troya o Troja (1784 – 1858), storico e politico italiano.

Citazioni

[modifica]
  • La prosperità, che corrompe lutti, corruppe ancora il Faggiolano; ma troppo amari sembrano ed anche invidiosi quei grandi rimproveri così de' contemporanei come de' posteri contro la sua voracità; innanzi l'invenzione della polvere [da sparo], la forza del corpo essendo stata il più delle volte non l'ultima virtù d'un guerriero. Ed Uguccione fu sì gagliardo e di sì gran mole, che avea bisogno, narra l'Ammirato[1], di adoperare armi grandi più assai dell'ordinarie: ciò che per altro poco s'accorda col ritratto fattone dall'Orgagna nel Campo Santo. Né alcun si sdegna oggi, dell'ebbrezza frequente di Cane Scaligero, vituperato da Francesco Petrarca: e sappiamo come in Omero più di un eroe interi mangiava i terghi di bue. Noi dunque non dubitiamo d'affermare, che a' propri suoi vizj congiunse il Faggiolano quelli ancor del suo secolo; ma la nostra confessione ingenua non c'impedisce di credere, che così nel 1308, come nel 1313 e, sino al termine della sua vita in Novembre 1319, Ugo fu sempre tenuto il maggior guerriero dell'età sua; e che però debba essere stato egli quel Veltro, nel quale sempre sperarono i Ghibellini.[2]
  • Studiando in quel secolo, pensò l'Autore del Veltro[3], che non Cane della Scala ma Ugo della Faggiola, volgarmente detto Uguccione, fosse stato l'Italiano sperato dall'Alighieri; ciò che piacque a parecchi uomini dottissimi, quali un Paolo Costa, un Conte Giovanni Marchetti, un Dionisio Strocchi, un Giuseppe Borghi.[4]

Storia d'Italia del Medio-Evo

[modifica]

Della penisola italiana, circondata com'ella è dalle Alpi e dal mare, io prendo a scrivere le istorie dall'anno quattrocento settantasei di nostra salute[5], allorché i Barbari spensero l'imperio d'occidente: ma innanzi ogni cosa toccherò delle origini e de' costumi di que' Barbari e degli altri che prima d'essi erano venuti in Italia.
I Goti, riputati antichissimi tra sì fatti popoli e natii di Scandinavia, furono per lunga stagione confusi con gli Sciti, da' quali non poche de' più moderni scrittori fanno discendere anche i Pelasgi ed i Tirreni. Dall'India invece o da qualche altra regione dell'Asia orientale pretendesi oggi che in distantissima età uscissero i Goti, al pari degli Sciti; dall'India gli Slavi co' Celti, dall'India eziandío i Germani progenitori de' Franchi e de' Longobardi. E s'afferma che non per la prima volta vennero i Barbari dopo l'Imperio, ma gl'Indo-Sciti od Indo-Goti, lontanissimi loro antenati, aveano posseduto fino da' più oscuri tempi l'Italia.

Citazioni

[modifica]
  • Differente dal greco era il linguaggio de' Lidi; pur le loro leggi e l'espiazioni religiose non poco simigliavano alle greche in tempo d'Erodoto: appo essi egli asseriva che si fossero per la prima volta coniate le monete d'oro e d'argento, ed essere stati eglino i primi che diedersi al sordido mestiere di rivenduglioli. D'impuri costumi sino dall'antica età si faceva rimprovero a' Lidi; quivi biasimavasi Ercole d'aver tralignato al fianco d'Onfale[6]; quivi Clearco addotto ne' libri di Ateneo accusava gli uomini d'aver preso maniere di donne; quivi finalmente pativansi le infami prostituzioni delle figliuole de' Lidi per acquistarsi la dote. (vol. 1, De' popoli barbari, p. 81)
  • All'aspetto degli Unni tutta si commosse l'Europa. Vagabondi si mostrarono su' loro carri ed impazienti di qualunque tetto; non più Sceniti, come dianzi, né usati a riparar sotto le tende od a coprirle di feltro. Piccioli erano ed agilissimi delle persone; minuti gli occhj scintillavano lor nella fronte; su larghe spalle nero e deforme avevano il volto, e schiacciato il naso tra le prominenti ossa delle guance. (vol. 1, De' popoli barbari, pp. 106-107)

Citazioni su Carlo Troya

[modifica]
  • Carlo Troja fu il vero grande storico napoletano di questo secolo[7]. Il nome suo è congiunto indissolubilmente alla storia d'Italia e a quella dell'antico Reame. Al suo senso storico si deve se il Medio Evo non fu più una tenebra per gli studiosi. (Raffaele de Cesare)
  • Da molti il Ministero Capponi in Firenze è paragonato al Ministero di Carlo Troja in Napoli ed il paragone calza purtroppo da molti lati. Entrambi si trovano collocati tra la dubbia fede del principe e quella dei soliti arruffapopoli: levarne le gambe sarebbe stato difficile per chiunque. Impossibile poi a due uomini indeboliti – l'uno e l'altro – dagli anni e dalle infermità: il Troja era paralitico, il Capponi cieco. (Ernesto Masi)
  • I viaggi e gli studi storici compirono e rafforzarono in Carlo Troja il sentimento dell'italianità. Per lui le vicende medioevali non erano così disordinate e confuse, come apparivano ai più; il Medio Evo per Troja non fu, in sostanza, che la lotta del romanesimo con la barbarie, la quale, prima vittoriosa, fu poi alla sua volta domata e romanizzata. (Raffaele de Cesare)

Note

[modifica]
  1. Ammirato, Istorie Fiorentine, I, 261. [N.d.A.]
  2. Da Del Veltro allegorico de' Ghibellini, Stamperia del Vaglio, Napoli, 1856, § XVIII, p. 75.
  3. Carlo Troya, Del veltro allegorico di Dante, presso Giuseppe Molini, Firenze, 1826.
  4. Da Del Veltro allegorico de' Ghibellini, Stamperia del Vaglio, Napoli, 1856, § I, p. 15.
  5. Dalla nascita di Cristo, nostra salvezza.
  6. Personaggio della mitologia greca, regina della Lidia, figlia del fiume Iardano.
  7. L'Ottocento.

Bibliografia

[modifica]

Voci correlate

[modifica]

Altri progetti

[modifica]