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Chāndogya Upaniṣad

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Chāndogya Upaniṣad, Upaniṣad del "cantore".

  • Om: questa è la sillaba su cui si deve meditare come l'Udgītha[1]. Poiché si intona l'Udgītha cominciano con Om, [si procede a dare] una spiegazione di quella [Sillaba].

[Chāndogya Upaniṣad, in Raphael, 2010]

Citazioni

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  • Invero questa [sillaba Om] è una sillaba di assenso. Infatti, qualsiasi cosa uno approvi, quegli pronuncia soltanto: Om. Questa stessa [sillaba Om], che esprime assenso, è prosperità. (I, 1, 8; 2010)
  • Ciò che si compie con conoscenza, con fede, con meditazione, quello, in verità diviene più efficace. (I, 1, 10; 2001)
  • Ciò che si chiama brahman è questo spazio ākāśa[2] che è esterno all'uomo. Questo spazio che è esterno all'uomo è lo stesso che è interno all'uomo. E questo spazio interno all'uomo è quello stesso che sta dentro il cuore. È il pieno, l'immutabile. (3, 12, 7, 9)[3]
  • La luce che brilla al di là di questo Cielo, al di là di tutto, nei mondi più alti al di là dei quali non vi è più nulla, è in verità la medesima luce che brilla all'interno dell'uomo. (III, 13, 7)[4]
  • Egli contiene tutte le opere, tutti i desideri, tutti i profumi e tutti i gusti. Egli abbraccia l'intero universo; egli è oltre la parola e oltre i desideri. Egli è il mio ātman all'interno del mio cuore, egli è Brahman. Andandomene di qui io mi fonderò in lui. Colui che dice così invero non ha dubbi. Così parlò Śāndilya, così Śāndilya. (III 14, 4; 2001)
  • Quando un uomo prova fame e sete, quando non gioisce, allora egli è sottoposto al suo rito di iniziazione.
    Quando egli mangia e beve e gioisce, allora egli è impegnato nei rituali upasada.
    Quando egli ride e mangia e ha rapporti sessuali, allora sta prendendo parte al canto e alla recitazione.
    Ascesi, elemosina, integrità morale, non violenza, veridicità – questi sono i suoi doni per i sacerdoti.
    Pertanto si dice [nel sacrificio]: «Egli procreerà, egli ha procreato», poiché questa è la sua nuova nascita. La sua morte è l'abluzione dopo la cerimonia.
    Ghora Āngirasa, avendo detto tutto questo a Kṛṣṇa, figlio di Devakī, aggiunse: «Quando un uomo è libero da desiderio, nella sua ultima ora, dovrebbe prendere rifugio nelle tre seguenti [massime]:
    Tu sei imperituro
    Tu sei immutabile
    Tu sei saldo nel respiro di vita». (III, 17, 1-6; 2001)
  • «Come, mio caro, le api preparano il miele raccogliendo i succhi da diverse piante per poi ridurli a un solo succo, «e come questi succhi non possono più distinguere che "Io sono il succo di questa pianta, io sono il succo di quella pianta", allo stesso modo, mio caro, tutti questi esseri viventi, una volta che siano stati riuniti all'Essere, non sanno che sono stati riuniti all'Essere.
    «Qualunque cosa siano essi qui, sia una tigre o un leone o un lupo o un orso o un uccello, o un insetto o una zanzara, essi diventano quello.
    «Quello che è l'elemento più sottile, l'intero mondo ha come proprio sé: Quella è la verità; quello è l'ātman; questo sei tu[5], Śvetaketu!»
    «Oh. fammi apprendere ancora, signore!»
    «Bene, mio caro», disse egli. (VI, 9, 1-4; 2001)
  • La mente invero è più che la parola. Come un pugno racchiude due frutti di āmalaka o di kola o di akṣa, allo stesso modo la mente racchiude la parola e il nome. Se si pensa nella mente: voglio studiare gli inni, allora si studiano; voglio celebrare sacrifici, allora si celebrano; voglio ottenere figli e bestiame, allora si ottengono; voglio dedicarmi a questo e all'altro mondo, allora ci si dedica. Perché il Sé, ātman, è mente, il mondo è mente, il brahman è mente. Venera la mente. (7, 3, 1)[6]
  • Così, dopo aver attraversato quel ponte[7], il cieco vede, il ferito è risanato, il sofferente è liberato dal dolore. Perciò per colui che ha attraversato quel ponte anche la notte è trasformata in giorno, poiché il mondo di Brahman è sempre illuminato. (VIII, 4, 2; 2001)
  • Ora, ciò che la gente chiama «sacrificio» è in realtà la vita disciplinata di uno studente della sacra conoscenza, poiché solo conducendo una simile vita colui che è conoscitore trova il mondo di Brahman. (VIII, 5; 2001)
Ordunque, quello, che chiamano sacrificio, è il brahmacarya stesso, perché soltanto attraverso il brahmacarya colui il quale è un conoscitore realizza Quello. (VIII, 5, 1; 2010)

Citazioni sulla Chāndogya Upaniṣad

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  • Questa vita dei tuoi che stai vivendo, non è soltanto un pezzo di questa intera esistenza, ma in un certo senso il tutto; soltanto che questo tutto non è fatto in modo da poter essere abbracciato in un singolo colpo d'occhio. Questo, come sappiamo, è ciò che i bramini affermano in quella sacra, mistica formula che è tuttora davvero così semplice e chiara; tat tvam asi: questo sei tu. O, ancora, in parole quali: "Io sono a est e a ovest, io sono sopra e sotto, io sono questo intero mondo". (Erwin Schrödinger)

Note

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  1. È il canto (sāman) nel rituale vedico del somayāga.
  2. Spazio.
  3. Citato in Roberto Calasso, L'ardore, Adelphi, 2010.
  4. Citato in Mircea Eliade, Storia delle credenze e delle idee religiose, vol. I, traduzione di Anna Maria Massimello e Giulio Schiavoni, Sansoni Editore, 1996.
  5. Tat tvam asi, "quello sei tu": è uno dei quattro grandi detti delle Upaniṣad.
  6. Citato in Roberto Calasso, L'ardore, Adelphi, 2010.
  7. Si riferisce al ponte che conduce a conoscere l'ātman.

Bibliografia

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  • Raimon Panikkar, I Veda. Mantramañjarī, a cura di Milena Carrara Pavan, traduzioni di Alessandra Consolaro, Jolanda Guardi, Milena Carrara Pavan, BUR, Milano, 2001.
  • Upaniṣad, a cura e traduzione di Raphael, Bompiani, 2010.

Voci correlate

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Altri progetti

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