Corporativismo

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Citazioni sul corporativismo.

  • Il corporativismo fascista presentava così, fin dalle sue origini, un divario notevolissimo fra formulazioni dottrinali e realizzazioni o applicazioni pratiche: il ministero delle corporazioni era ben lontano dal poter incidere sul governo dell'economia nazionale, che rimaneva affidato al conte Volpi[1], in rappresentanza dell'alta finanza e dell'industria; e per lungo tempo – fino alla scomparsa del regime – non fu altro che una costruzione burocratica, volta ad imbrigliare la grande massa dei «produttori», un edificio senza basi reali nello sviluppo economico nazionale e senza investitura democratica; mentre i centri decisionali del potere economico rimanevano nelle mani di una ristretta oligarchia capitalistica strettamente saldata con le leve politiche del governo e del partito. (Enzo Santarelli)
  • Il terreno, il tema e – si può dire, senza il rischio di mancare di obiettività – la "trovata" che il regime offrì ai giovani, per queste loro esercitazioni, furono rappresentati dal corporativismo; una teoria che si fondava sul "superamento" della lotta di classe, per realizzare in sua vece la collaborazione di tutte le categorie produttrici.
    Si trattava di un principio di cui chiunque appena dotato di nozioni storico-economiche d'impronta marxista era in grado di scoprire la fallacia; ma, allora, nel clima di disinformazione scientifica e di entusiasmo per il nuovo tipo di rivoluzione sociale che si proponeva, non privo di suggestioni, specie – e lo si comprende – su giovani di formazione cattolica o di origine liberale. Ruggero Zangrandi)
  • La grande originalità del fascismo nel campo sociale, che costituisce la zona delle sue più decise e totalitarie affermazioni, sta nell'avere inteso il problema del lavoro e della produzione nazionale; così che le due massime questioni della vita contemporanea – quella sociale e quella dello sviluppo della società nazionale – sono, nella concezione mussoliniana, ciascuna strumento per la soluzione dell'altra. Superata quindi la lotta di classe, l'antitesi fra capitale e lavoro, intese le due forze come momenti concreti e determinanti della vita statale, il fascismo si eleva alla concezione dello Stato corporativo, traduzione nelle istituzioni dello stato etico. (Arturo Marpicati)
  • Lo Stato Corporativo considera l'impresa privata uno degli strumenti più utili e significativi nella sfera della produzione nell'interesse della nazione. In virtù del fatto che organizzazioni private di produzione sono in funzione degli interessi nazionali, l'organizzatore dell'impresa è responsabile nei confronti dello Stato per la direzione data alla produzione. (La dottrina del fascismo)
  • Nonostante la creazione, nel marzo '30, del Consiglio nazionale delle Corporazioni (prima, cioè, che esistessero le Corporazioni!) e poi, nel novembre '34, l'insediamento di codeste Corporazioni, in numero di ventidue (una per ogni branca produttiva), e nonostante che, nel marzo '39, si inaugurasse addirittura la Camera corporativa, nessuno di questi organismi prese mai a funzionare in concreto. Vennero da essi solo alcune misure legislative marginali, disorganiche, d'ordinaria amministrazione. Ma niente d'innovatore, come si attendeva.
    Sicché il corporativismo rimase una nebulosa, fitta di contraddizioni, suscettibile delle più disparate interpretazioni, prolifica di tendenze contrastanti. (Ruggero Zangrandi)
  • Se in economia il socialismo astratto vuol dire Stato capitalista che si differenzia dalla Nazione, e se liberalismo vuol dire individuo capitalista i cui interessi si differenziano anch'essi da quelli della Nazione, fascismo o corporativismo vorrà dire negazione di ogni capitalismo statale e individuale e coincidenza di Stato e Nazione attraverso la corporazione. (Ugo Spirito)
  • Sotto ogni militarismo, colonialismo, corporativismo sta la volontà precisa, da parte di una classe, di sfruttare il lavoro altrui, e ad un tempo di negargli ogni valore umano. (Primo Levi)
  • Spirito [nel Convegno di studi corporativi di Ferrara del 1932] parlò di «Individuo e Stato nella concezione corporativa» sostenendo che il corporativismo doveva segnare la fine della lotta di classe, ma nel senso che capitale e lavoro si sarebbero fusi, e che si sarebbe dovuto arrivare alla «corporazione proprietaria». Coerentemente con questa impostazione, che faceva del corporativismo «il liberalismo assoluto e il comunismo assoluto», Spirito proponeva che, come primi provvedimenti, dovesse essere inserito un rappresentante dello Stato nei consigli di amministrazione delle maggiori aziende, e dovesse inoltre essere assicurata una cointeressenza, oltre al salario, ai dipendenti. (Indro Montanelli e Mario Cervi)

Note[modifica]

  1. Giuseppe Volpi, conte di Misurata (1877–1947), imprenditore e politico italiano.

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