Cristoforo Negri
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Cristoforo Negri (1809 – 1896), politico e scrittore italiano.
La storia politica dell'antichità paragonata alla moderna
[modifica]- Signoreggiarono nel mondo i soli elementi latino e greco, l'uno dominante la vita politica, potente di unità, e quindi prevalente di forza materiale, l'altro vincente di forza morale per civiltà più avanzata. Perciò l'elemento greco non impedì il materiale progresso dei Romani in Grecia e Levante, ma arrestò la loro marcia d'invasione morale: i popoli greci furono aggregati, poi legalmente assimilati dai Romani, ma non mai fusi moralmente in una massa con essi; quindi giammai unificati politicamente con loro. (vol. I, cap. X, pp. 336-337)
- La lingua latina sempre robusta, si era fatta anche pomposa con Cicerone e con Livio, era divenuta esatta coi giureconsulti, ed aveva acquistato da Virgilio ineffabile grazia; ma la greca rimase la lingua primaria del mondo d'allora, e più a ragione che la francese attualmente in Europa nol sia. (vol. I, cap. X, p. 337)
- [...] esaminando nell'istoria greca, nella romana e nella moderna il complesso dei fatti, confrontando le epoche dello splendore abbagliante delle arti coll'apogeo di potenza, col tempo di decadenza politica delle nazioni, ci sembra che anche dalla storia delle arti si possano dedurre insegnamenti per l'uomo di Stato. La storia artistica e la politica soglionsi scrivere separate del tutto, e quindi gli ammiratori del bello non si avvedono del politico danno che fra le artistiche pompe serpeggia latente, od anche spicca palese.
Le così dette età dell'oro glorificate dal volgo, per l'ordinario traboccano precipiti in èra di ferro. Al lusso inclinano per alterezza i potenti, e per naturale imprevidenza tutte le plebi del mondo. Il bello non dovrebbe essere che lo splendore del vero, la corona dell'utile, ma sovente non è che improduttiva consumazione di mezzi, la cui mancanza si deplora prossimamente dipoi. (vol. I, cap. XI, pp. 341-342)
- Chi regge un popolo deve tener freno di ragione anche alle aspirazioni più nobili, e prima deve assicurare la politica vita che illustrarla, perché è mesta vittoria e lagrimata conquista l'orgoglio dell'arte ottenuto col prezzo dell'umiliazione di Stato. (vol. I, cap. XI, pp. 344-345)
- [...] stupefatti scorgiamo i monumenti di Tebe, ma dalla moli adorate dal volgo ritraendo lo sguardo, lo riposiamo appagato sui canali dei Faraoni e dei Tolomei: lodiamo il Partenone d'Atene, ma più il triplice porto; il Colosseo di Roma, ma più le dighe do Ostia, di Anzio e di Ancona, i palagi di Venezia, ma più i murazzi suoi, il gran tempio di Milano, ma più i canali lombardi e le arginature dl Po, che degradano per la prodigiosa loro mole le piramidi egiziane. Queste opere non consumano soltanto dal cumulo della ricchezza antica, ma creano la nuova, non scemano, ma danno vigore, nobiltà ed orgoglio di menti: attestano pur esse la civiltà, ma l'assicurano ed accrescono moltiplicando la forza, e l'oro in esse profuso non si lamenta in alcuna età vicina o lontana, ed anzi si raccoglie moltiplicato ogni dì. (vol. I, cap. XI, p. 345)
- Sono ristrette quelle menti che nel bagliore delle cose presenti non attendono alle ulteriori. E pochi fra gli amministratori di Stato hanno bene compreso quel detto di Floro: Opulentia paritura mox egestatem, ossia la povertà essere il fine di male usata ricchezza. (vol. I, cap. XI, p. 345)
Bibliografia
[modifica]- Cristoforo Negri, La storia politica dell'antichità paragonata alla moderna, vol. I, Stabilimento tipografico Antonelli, Venezia, 1866.
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