David Grossman

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David Grossman

David Grossman (1954 – vivente), scrittore israeliano.

Citazioni di David Grossman[modifica]

  • «Allora di persona ce n'è solo una al mondo?» domandò Ben.
    «Sì, ce n'è solo una» disse la mamma.
    «E perciò sono tutti soli?»
    «Sono un po' soli ma anche un po' insieme. Sono sia l'uno sia l'altro.»
    «Ma com'è possibile?»
    «Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico» spiegò la mamma «e anch'io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola.»
    «Allora abbracciami» disse Ben stringendosi a lei.
    La mamma lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l'abbracciò forte forte.
    "Adesso non sono solo" pensò mentre l'abbracciava, "adesso non sono solo. Adesso non sono solo."
    «Vedi» sussurrò la mamma, «proprio per questo hanno inventato l'abbraccio[1]
  • Ogni scrittore è religioso, perché trova un senso a cose che non hanno senso. Ma è necessario vivere la paura della ricerca senza consolazioni. Conosco molti che hanno Dio nella loro vita, ma non sono passivi. Se c'è una cosa che non sopporto, è la passività della fede.[2]
  • Per me, è molto importante essere un non credente, vivere in un mondo in cui non ci sia Dio. Stare nel caos, evitando la consolazione.[2]
  • Strana è la corsa, è stancante tanto da purificarti, e ti aiuta molto bene a collegare insieme le nascoste radici degli attimi, e quasi non si sa se sei tu che corri o se tutto scorre attorno a te in un lento movimento di giostra, paesi che hai già oltrepassato ecco ritornano a galleggiarti davanti nel buio.[3]

Da Raccontare una storia per salvare gli uomini

Traduzione di Alessandra Shomroni, Repubblica.it, 12 settembre 2007

  • Ci sono definizioni diverse per il processo con il quale un individuo si confonde nella massa o accetta di consegnarle parti di sé. E siccome noi siamo uomini di letteratura, ne sceglierò una conforme ai nostri interessi. Ho l'impressione che ci trasformiamo in «massa» nel momento in cui rinunciamo a pensare, a elaborare le cose secondo un nostro lessico, e accettiamo automaticamente e senza critiche espressioni terminologiche e un linguaggio dettatoci da altri. Io mi trasformo in «massa» quando cesso di formulare con le mie parole compromessi e scelte morali che sono disposto a compiere.
  • La realtà in cui viviamo oggi non è forse crudele come quella creata dai nazisti ma certi suoi meccanismi hanno leggi di fondo molto simili che offuscano l'individualità dell'uomo e lo portano a rifiutare obblighi e responsabilità verso il destino degli altri. E una realtà sempre più dominata dall'aggressività, dall'estraneità, dall'incitamento all'odio e alla paura; dove il fanatismo e il fondamentalismo sembrano farsi più forti ogni giorno mentre altre forze perdono la speranza di un cambiamento.
  • I mezzi di comunicazione di massa pongono il singolo in primo piano, lo consacrano persino, incanalandolo sempre più verso se stesso. Anzi, in fin dei conti, esclusivamente verso se stesso: verso i suoi bisogni, i suoi interessi, le sue aspirazioni, le sue passioni. In mille modi, palesi o nascosti, liberano l'individuo da ciò di cui lui è in ogni caso ansioso di liberarsi: la responsabilità verso gli altri per le conseguenze delle sue azioni. E nel momento in cui lo fanno ottenebrano la sua coscienza politica, sociale e morale, lo trasformano in un materiale docile alle manipolazioni da parte di chi controlla i mezzi di comunicazione e di altri. In altre parole lo trasformano in massa.

Che tu sia per me il coltello[modifica]

Incipit[modifica]

3 aprile

Myriam,
tu non mi conosci e, quando ti scrivo, sembra anche a me di non conoscermi. A dire il vero ho cercato di non scrivere, sono già due giorni che ci provo, ma adesso mi sono arreso.
Ti ho vista l'altro ieri al raduno del liceo. Tu non mi hai notato, stavo in disparte, forse non potevi vedermi. Qualcuno ha pronunciato il tuo nome e alcuni ragazzi ti hanno chiamato "professoressa". Eri con un uomo alto, probabilmente tuo marito. È tutto quello che so di te, ed è forse già troppo. Non spaventarti, non voglio incontrarti e interferire nella tua vita. Vorrei piuttosto che tu accettassi di ricevere delle lettere da me.

Citazioni[modifica]

  • Non esiste l'obbligo di raccontarci sempre tutto e non sentiamo il bisogno di aggiornarci sull'intensità dei nostri sentimenti. Non dobbiamo estirpare il bulbo del fiore a ogni minuto per misurare la lunghezza della radice.
  • Amore è il fatto che tu sei per me il coltello col quale frugo dentro me stesso.[4]
  • Anche solo immaginare il tuo modo di parlare mi calma. E mi rende felice. Mi scorre nel corpo come una medicina, facendoti gorgogliare dentro di me. Non smettere. Non smettere mai.
  • Avevi ragione: in fondo, sto cercando un compagno per un viaggio immaginario. Ma hai sbagliato nel dire che forse non ho bisogno di un compagno reale. È esattamente il contrario: ho bisogno di un compagno reale per il mio viaggio immaginario.
  • Dopo aver fatto l'amore, dormiremo abbracciati. La tua schiena contro il mio ventre. E io stringerò le dita dei piedi attorno alle tue caviglie, come delle mollette, perché tu non possa volar via la notte. Saremo come un'immagine in un libro di scienze: un frutto tagliato a metà, tu la buccia e io il torsolo.
  • È una legge non scritta: chi vuole starmi vicino deve assumersi la responsabilità della mia anima. Perché qualunque idiota può capire come sia facile uccidermi. Uno sguardo ben mirato basterebbe. Sono convinto che da qualche parte, dentro me, c'è un punto vulnerabile che chiunque, anche uno sconosciuto, può vedere e colpire. Eliminarmi con una parola.
  • Ma solo per iscritto, lascia che rimanga così. Con la speranza di avere entrambi la forza di combattere ancora le seduzioni della realtà.
  • Mi stringerai ancora più forte e mi bacerai con tutta l'anima, come se, così facendo, riversassi in me tutto quello che è racchiuso e celato in te, che si aprirà e si svelerà nel mio corpo, piano piano, finché tutto si scioglierà.
  • Se potessi ti comprerei una casa grande enorme capace di contenere la tua anima e la riempirei con tutti i tuoi sogni grandi e piccoli.
  • Parleremo una nostra lingua e racconteremo le nostre storie, e ci crederemo con tutte le nostre forze, perché in mancanza di un luogo privato come questo – dove quello in cui crediamo si realizzerà, anche solo per iscritto – la nostra vita non sarà tale; o peggio ancora, la nostra vita sarà solo una vita... Sei d'accordo?
  • Ma dentro di me esisti in un modo che mi atterrisce.
  • Per un po' forse continuerò ad urlare il tuo nome a me stesso, nel cuore. Ma alla fine la ferita si cicatrizzerà.
  • Ma a dire il vero ho parlato solo di te, cos'ho visto in te, e non sono capace di lasciarti andare senza che tu sappia cos'è successo a me in quei momenti.
  • Ma io ero ancora libero, cioè libero di sbagliare.
  • E la cosa incredibile è che ho visto come fuggivi senza muoverti dal tuo posto, sfruttando quella momentanea distrazione per sparire.
  • Qualche tempo fa hai scritto che, se qualcuno rifiuta di conoscere un tuo sentimento particolarmente intenso, ti senti come se quella persona ti stritolasse, ti uccidesse.
  • Niente fantasie, niente sogni. E se qualche volta ti sei lasciata andare, è stato solo per mezzo d'opere d'arte, pittura, canto, musica naturalmente. Ma sempre giungeva la "realtà" a sollecitarti. Come si fa con uno schiavo che cerca di fuggire. Allora cosa ti è rimasto? Dove hai vissuto?
  • Che sollievo. Il sollievo dell'armatura che scopre dentro di sé un cavaliere ancora vivo.
  • Ogni tua parola è caduta esattamente dove era attesa da anni.
  • In fondo non mi sorprende. A volte penso che forse, all'inizio, è stata la tua ferita ad attrarmi.
  • Sai, a volte, mentre ti scrivo, provo una strana sensazione, totalmente fisica, come se prima di poterti parlare fossi costretto a vedere le parole che mi abbandonano in una lunga fila per giungere fino a te, per consegnarsi nelle tue mani.
  • È il segreto che ti sussurro all'orecchio già da un mese: noi due non siamo vivi! Voglio dire, non in un luogo in cui vigono le leggi ordinarie che regolano i rapporti tra le persone, tantomeno tra uomo e donna. Dove siamo, allora? Non m'interessa saper dove, perché dargli un nome? Sarebbero comunque nomi "loro", nomi tradotti, e con te voglio una costituzione diversa di cui saremo noi a fissare le leggi.
  • Perché a volte, nei momenti più impensati, per strada, puoi sentire l'anima lacerarsi, catturata dalla storia di qualcuno che ti è appena passato accanto.
  • I tuoi occhi, grandi, scuri e belli, per un istante si sono aggrappati ai miei e insieme ci siamo raddrizzati e rialzati, grazie quasi alla sola forza dello sguardo.
  • E cosa c'entriamo noi con la realtà? Che spazio sarebbe disposta a lasciarci?
  • Volesse il cielo che due estranei vincessero l'estraneità.
  • Hai descritto te stessa per eliminare qualsiasi dubbio, ti sei riassunta in una sola frase, oltretutto tra parentesi. Se è davvero così, se ti senti tra parentesi, permettimi allora di infilarmici dentro, e che tutto il mondo rimanga fuori, che sia solo l'esponente al di fuori della parentesi e ci moltiplichi al suo interno.
  • Vivo soprattutto in quello che non ho.
  • Io ti direi che probabilmente mi sono persa di nuovo e tu cercheresti di consolarmi, ricordandomi una dopo l'altra tutte le cose belle e i momenti preziosi dell'estate; mi diresti: non ti sei solo persa, sei stata anche ritrovata, sono tante le volte in cui lo sei stata. E rideremmo insieme.
  • Io ti ho detto che mi fai venire i brividi alla schiena. E tu hai risposto, dai, diciamo brividiggini, come un brivido che apre un solco nelle lentiggini.
  • Come vorrei pensare a noi come due persone che si sono fatte un'iniezione di verità, per dirla, finalmente, la verità.
  • Come portarli in un solo secondo ad abbracciarsi senza passare attraverso gli stati intermedi e senza declamare le frasi che milioni di uomini e di donne hanno già rese insipide prima di noi?
  • Perché ho visto il mio nome in fondo al tuo sorriso e mi sono tuffato. D'altra parte, forse non era nemmeno il mio nome. Forse ero ansioso di dimostrarti che avevo capito, che non eri sola, e mi sono tuffato troppo in fretta.
  • Così sei tu, non io, in quella strada, a tradire te stessa.
  • Ho provato una fitta di dolore e di delusione, proprio così, quando ho capito che dentro di te esiste anche la capacità di fingere.
  • Non smettere. Non smettere di essere.
  • E tu? Mi parli ancora? Mi ricordi? Ti sentirai meglio quando finalmente cadrà la pioggia?
  • Di nuovo notte. Dove sono spariti i giorni? Io mi dissolvo e tu diventi reale.
  • Ieri, mentre ti scrivevo, ho di nuovo pensato quanto sono strane le lettere. Quando tu ricevi una mia lettera io sono già altrove. Quando io ne leggo una tua, mi trovo di fatto in un tuo momento passato. Sono con te in un tempo in cui ormai non sei più. Il risultato è che ognuno di noi vive momenti da cui l'altro è già uscito... Cosa ne pensi? Forse è questa l'origine della tristezza che quasi ogni tua lettera suscita in me, indipendentemente dal suo contenuto. Persino un biglietto piuttosto buffo come quello che mi hai scritto dall'università. La vita scorre.
  • Un'anima estranea che svolazza libera dentro la mia e io non mi rinchiudo in me stesso, non la sputo fuori come un nocciolo conficcato in gola. Al contrario, la inspiro ancor di più e lei si aggrappa al mio corpo, dall'interno...
  • Perché non obbligano la gente a ottenere una licenza per l'uso di determinate parole, così come è richiesto il porto d'armi?
  • All'inizio ci siamo toccati come se fossimo degli estranei. Poi ci siamo toccati come ci hanno insegnato a farlo. Solo alla fine abbiamo osato toccarci come facciamo noi due.
  • Leggo queste frasi taglienti e penso: mi viviseziona come se non le avessi suscitato alcuna emozione e si emoziona come se non avesse nessuna capacità di analisi. Chi è veramente?
  • Come sei entrato nella mia vita? Com'è possibile che fossi così indifesa? E non sei nemmeno entrato da una finestra, o da un lucernaio. Sei riuscito a trovare una fessura attraverso la quale mi hai trafitto il cuore.
  • Non ridiamo più. C'è un silenzio prolungato, quasi terrificante. Vorremmo staccarci ma non ne siamo capaci, e negli occhi di entrambi si aprono altri schermi in profondità. Penso a come un attimo simile ricordi il momento della tragedia, dopo la quale niente sarà più come prima.
  • Il bambino che a otto anni cercò di uccidersi in cantina – suicidarsi, lo chiamano – con la cinghia sottile e "multiuso" di suo padre. Siccome nessuno gli aveva spiegato come si fa a morire, si strinse la cinghia con forza intorno al cuore, ah, ah, si stese sul pavimento e attese la morte, in silenzio. Tutto questo perché aveva visto un vicino, un certo Surkis, che in canottiera, con la schiena pelosa e una sigaretta in bocca affogava due gattini in un secchio di latta, Così, tanto per fare. E mentre parlava con il padre del bambino, le bolle salivano. Dopo essere rimasto a lungo sdraiato sul pavimento della cantina, un tempo infinito come non gli era mai successo, vedendo che non era morto, il bambino si alzò e fece ritorno a casa. Si sedette in silenzio, stremato, a cenare con sua sorella e i genitori. Li sentì conversare, fece tutti i gesti di un bambino di otto anni e capì – vagamente, ma capì – che, anche se fosse morto, loro non l'avrebbero mai scoperto.

Qualcuno con cui correre[modifica]

  • Una volta Leah le aveva detto che ogni coppia condivide un segreto, qualcosa di unico, di particolare. Se questo non c'è... allora non è una vera coppia.
  • Si scambiarono uno sguardo d'intesa, perché c'è chi non si sente soffocare in una stanza dopo cinquant'anni e c'è a chi non basta un'intera nazione.
  • Tutte quelle stupide illusioni. Si sentiva come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. A volte, quando fotografava, gli capitava qualcosa di simile: scattava una foto a un uomo seduto su una panchina senza accorgersi che sullo sfondo, a grande distanza, c'era un palo della luce. Solo durante lo sviluppo lo vedeva spuntare dietro la testa dell'uomo.
  • Come diceva Teo? Non cercare di capire cose che non puoi.
  • Puoi chiamarlo snobismo. La verità è che si tratta solo di meschinità. Cosa credi? Che voglia stare sola? Ma sono fatta così, non riesco ad avvicinarmi veramente a nessuno. È un dato di fatto. È come se mi mancasse quella parte d'anima che si incastra negli altri, come nel Lego. Che ci unisce veramente a qualcun altro. Alla fine tutto cade a pezzi. Famiglia, amici. Non resta più niente. (Tamar: p. 105)
  • E quando vide la pagina in cui aveva scritto cento volte, come per castigo, la parola "anomala", gli venne voglia di cancellarla con una grande X e scriverci sopra "rara". (p. 235)
  • E ricordava, sorpresa, di aver sempre creduto che le mancasse quella parte di anima, quel mattoncino di Lego, che le avrebbe permesso di unirsi ad un'altra persona.
  • Un tempo piangevo moltissimo ed ero piena di speranze. Oggi rido parecchio, un riso disilluso. (Tamar)
  • Probabilmente mi innamorerò sempre di qualcuno che ama qualcun altro. Perché? Così. Ho un talento particolare per le situazioni impossibili. Tutti hanno talento per qualcosa. (Tamar)
  • Le vecchie ferite non si rimarginano mai veramente, sono sempre pronte a riaprirsi. (Tamar)
  • Sappi che ogni storia, in qualche punto profondo, si rifà a una grande verità, anche se questa non sempre ci è chiara. (Teodora)
  • Tutto quello che doveva fare era non pensare in maniera logica, lasciarsi un po' prendere dalla follia. (Assaf)
  • Perché la gente di solito ti guarda storto, no? Subito pensano: "è fatto così, è fatto cosà". Ti giudicano dall'aspetto esteriore. Ma prendi me, per esempio. A me non frega niente dell'aspetto esteriore, nien-te! Non sei d'accordo anche tu che la cosa più importante è ciò che si ha dentro? Per questo non ho amici e non ne ho nemmeno bisogno. (Matzliah)
  • Libero come una stella che devia dall'orbita e solca il firmamento lasciandosi dietro una scia sfavillante.
  • Il silenzio preserva la saggezza. (Teodora)
  • Io devo sapere che solo in questo mondo c'è vita. Ci mancherebbe altro che esistesse la reincarnazione!!! Pensare di dover sopportare tutto un'altra volta! (diario di Tamar: p. 234)
  • Shelly non c'è più, non c'è e non ci sarà più. Non ci sarà più al mondo quella persona speciale, capisci? Pronuncio queste parole ma non le afferro veramente. Perché non riesco ad afferrarle? Dimmi, c'è qualcosa che non va in me? Mi manca qualcosa? (Tamar: p. 352)

Explicit[modifica]

Karnaf li lasciò alla fermata dell'autobus che sovrastava la valle. Li salutò e ripartì. Era ancora buio ma già si intravedeva un lieve chiarore. Dinka correva intorno a loro con la coda ritta. Tamar e Assaf camminarono lungo il ciglio della strada, scesero verso il fondovalle, sostenendosi nei punti difficili, trovando scuse per toccarsi, per stringersi l'uno all'altra. Quasi non si parlarono e Tamar pensò che non aveva mai incontrato nessuno con cui si sentiva tanto bene tacendo.

Incipit di alcune opere[modifica]

A un cerbiatto somiglia il mio amore[modifica]

Ehi, tu, sta' zitta!
Chi è?
Sta' zitta! Hai svegliato tutti!
Ma io la tenevo per mano.
Che cosa?
Sul masso, eravamo sedute e...
Ma di che masso parli? Lasciami dormire.
A un tratto è caduta.
Stavi cantando nel sonno, ti rendi conto?

Col corpo capisco[modifica]

Lei mi interrompe dopo la terza frase: ieri ho visto un programma alla televisione e ho pensato a te.
Poso i fogli, non riesco a credere che mi interrompa in questo modo. Mi sono svegliata alle tre di notte, dice, e non avevo niente da fare. Il suo viso gonfio si muove a fatica sul cuscino. Era un programma su certi pazzi in America che salvano gli uccelli andati a sbattere contro un grattacielo.
Resto in attesa. Il nesso non mi è chiaro.

Vedi alla voce: amore[modifica]

Era andata così, che qualche mese dopo che nonna Heni fu morta e seppellita sottoterra, Momik ebbe un nuovo nonno.[5]

Note[modifica]

  1. Da L'abbraccio, con disegni di Michal Rovner, traduzione di Alessandra Shomroni, Mondadori, 2010. ISBN 978-88-0460777-9
  2. a b Citato in Francesco Battistini, Corriere della Sera, 28 novembre 2008, p. 57.
  3. Da Jogging, in L'uomo che corre, Mondadori, 2002.
  4. Ripreso dalle Lettere a Milena di Franz Kafka.
  5. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia[modifica]

  • David Grossman, A un cerbiatto somiglia il mio amore, traduzione di Alessandra Shomroni, Mondadori, 2008. ISBN 9788804582823
  • David Grossman, Che tu sia per me il coltello, traduzione di Alessandra Shomroni, Mondadori, 1999. ISBN 9788804588191
  • David Grossman, Col corpo capisco, traduzione di Alessandra Shomroni, Mondadori.
  • David Grossman, Qualcuno con cui correre, traduzione di Alessandra Shomroni, Oscar Mondadori, 2013. ISBN 978-88-04-58251-9

Altri progetti[modifica]

Opere[modifica]