Eugenio Baroncelli

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Eugenio Baroncelli

Eugenio Baroncelli (1944 – vivente), scrittore italiano.

Falene. 237 vite quasi perfette[modifica]

Incipit[modifica]

Avvertenza. Il quasi, balbettante avverbio dei vivi, parla da sé: il solo stato di perfezione alla portata di un mortale è la morte. Altro, per non cadere nella metafisica, non dovrei aggiungere. Se qualche mancanza circostanziale ho interpolato nell'una o nell'altra di queste vite – il coraggio di disperare della sontuosa codardia di Procopio Aquila, la mano mutilata nel fanatico corpo di Paul Wittgenstein, il perfetto silenzio nella musica perfetta di Chet Baker –, è appena per giustificare questo libro, o almeno il sottotitolo. Quanto alle mancanze sue, del libro, quelle le aggiungerà da sé il lettore.

Citazioni[modifica]

  • Nel 1852, prostrato dall'insuccesso dell'ultimo romanzo, che noi giudichiamo il suo capolavoro, si guardò allo specchio e vide l'immagine del fallito perfetto. Diventò l'uomo più solo del mondo, come Gesù. Aveva trentatré anni, ma non poté morire. Invece di morire viaggiò, come se viaggiare fosse un'altra versione della morte. Tornava alla sua prima vita di marinaio avventuroso e esperto baleniere, ma senza più illusioni. Raggiunse l'arcipelago vulcanico delle Galápagos, che i primi navigatori avevano battezzato Islas Encantadas, e vi trovò la tetraggine dell'inferno. [...] Incontrò le grandi tartarughe. Quelle, che avevano sbalordito Darwin, lui le paragonò a una stirpe di dannati danteschi. Vide che incespicano eroicamente nelle rocce, che disperatamente si dibattono e premono per spostarle. «La suprema loro maledizione» scrisse, «è il fatale impulso a tirare dritto in un mondo ingombro di ostacoli». Capì che l'estenuante storia della Natura non differisce minimamente da quella degli uomini, la sua e la nostra. (Da Acqua e fuoco. Hermann Melville, l'uomo più solo del mondo, pp. 21-22)
  • Sfidò il francese Eugène Delacroix a chi ne faceva di più, uno i libri e l'altro i quadri. Scrisse 431 romanzi, fra cui 103 inchieste del commissario Maigret, molti con il suo e alcuni con i dodici nomi di un altro. Il catalogo è questo. E questo il metodo: il cartello Non disturbare appeso alla porta, una scatola di matite appuntite sullo scrittoio. Finite le matite, finito il romanzo. Ottanta pagine al giorno, settanta parole al minuto. Andò di fretta, forse per deridere l'idiozia della perfezione. Scrisse di uomini sconfitti, che facilmente si trasformano in assassini. Scrisse per riparare destini irreparabili. (Da Belgi sorprendentemente geniali. Georges Simenon, l'uomo che riparava destini, p. 33)
  • «È un corridore di fondo che, sul punto di tagliare l’agognato traguardo, si arresta sorpreso, guarda maestri e condiscepoli e abbandona la gara. Ossia, si dedica a una sua faccenda, che corrisponde ad un’estetica dello sconcerto». Alla fine, nella penombra di Herisau, la faccenda consisteva nel selezionare e annodare gli spaghi per i pacchi postali. E prima, mentre stuzzicava la neve con la punta dell'ombrello, nel tenere corsi all'aperto di birra e di crepuscolo. (Da Crepuscoli. Robert Walser, l'uomo che entra in tutti i miei libri, p. 57)
  • S'impiccò al cancello della sua casa nel Bronx. Lasciò questa breve lettera di addio: «Tanto abbottonare e sbottonare». Il dottor Pasavento, che, sebbene fosse laureato in Malinconia e psichiatria, evidentemente non era riuscito a guarirlo, dice che era indirizzata a lui. Altri sostengono che era indirizzata a Edgar J. Hoover, forsennato padrone dell'FBI, altri che l'avesse scritta per Ezra H. Taylor, mite presidente del sindacato newyorchese dei sarti. Alcuni, fra cui io, credono che fosse indirizzata a noi. (Da Feriti gravi. Paziente anonimo del dottor Pasavento, p. 101)

Explicit[modifica]

Se il biografo, come dicono, non ha biografia e le sue opere sono le vite degli altri, questo libro è stato scritto dalla Malinconia. O forse no. Forse sono i ricordi e i racconti a rendere sopportabili le nostre perdite e i miei pomeriggi. O forse no, decisamente no. Far battere il cuore nel petto magro della signorina Brontë: sembra l'impresa innocua di un tizio qualunque che fa della letteratura, e anche scadente, ed è la prova che un uomo invecchia senza appello. Chi, tranne lui, ignora che, mentre il passato esiste per noi, noi per il passato non esistiamo?

Bibliografia[modifica]

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