Fatti di Pontelandolfo e Casalduni
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Citazioni sui fatti di Pontelandolfo e Casalduni.
- A proposito, cos'è questa faccenda di Pontelandolfo e Casalduni, delle quali località nessuna storia cosiddetta conformista, vuoi liberale, vuoi progressista parla mai o accenna appena? Robetta; qualcosina di simile a quelle assai più recenti di Marzabotto e di Filetto, moltiplicate almeno per tre. (Carlo Alianello)
- Ai savoiardi non rimase che fare rotta verso Casalduni, ignari che sarebbe stata la loro fine. Dopo una marcia forzata di ore, si fermarono presso una cappella e vennero sorpresi da un gruppo di soldati sbandati dell'esercito napoletano, agli ordini del sergente Angelo Pica, detto «Picuozzo».
Due piemontesi caddero immediatamente: uno colpito alla fronte da una pietra, un altro per un colpo di moschetto. [...] Gli uomini di Pica disarmarono i piemontesi (solo un fante, nella confusione generale, si salvò nascondendosi dietro un cespuglio), li incatenarono e sfilarono in trionfo, come i generali romani, nel centro di Casalduni.
Prima di tutto fu saldato un conto interno: il vicesindaco, Nicola Romano, venne legato a un albero e fucilato. La folla voleva la morte anche per i soldati, ma Picuozzo, dopo averne interrogati alcuni, li considerò solo esecutori di ordini e si pronunciò, al pari dei suoi uomini, per la loro salvezza. I cittadini di Casalduni non sentirono ragioni, spogliarono i soldati delle divise e li fucilarono in Largo Spinella. Erano le 22 e trenta dell'11 agosto 1861. Alcuni dei fucilati, ancora in vita o cadaveri, furono fatti a pezzi da falci, scuri, mazze; altri furono schiacciati da cavalli lanciati al galoppo. (Giordano Bruno Guerri) - Di Pontelandolfo e Casalduni non rimanga pietra su pietra. (Enrico Cialdini)
- Io non potrò mai esprimere i sentimenti che mi agitarono in presenza di quella città [Pontelandolfo] incendiata. Mi avanzo con pochi amici, e non vedo alcuno; pochi paesani ci guardano incerti; sopravviene il sindaco; sorprendiamo qualche abitante incatenato alla sua casa rovinata dall'amore della terra, e ci inoltriamo in mezzo a vie abbandonate. A destra, a sinistra le mura erano vuote e annerite, si era dato il fuoco ai mobili ammucchiati nelle stanze terrene e la fiamma aveva divorato il tetto; dalle finestre vedevasi il cielo. Qua e là incontravasi un mucchio di sassi crollati; poi mi fu vietato il progredire; gli edifizi puntellati minacciavano di cadere ad ogni istante. Ricevetti l'ospitalità in una delle tre case risparmiate per ordine superiore; ma in faccia sorgeva la casa o quasi il palazzo Gogliotti incendiato, rovinato. Tutto un museo di abiti e di medaglie antico era scomparso nelle fiamme, tutte le gioie erano perdute nelle macerie. Chi può dire i dolori di quella città! E quando volli vedere più addentro lo spettacolo celato delle afflizioni domestiche, mi trassero dinanzi il signor Rinaldi, e fui atterrito. Pallido era, alto e distinto della persona, nobile il volto; ma gli occhi semispenti lo rivelavano colpito da calamità superiore ad ogni umana consolazione. Appena osai mormorare che non cosi s'intendeva da noi la libertà italiana. Nulla io chiedo, disse egli, e noi ammutimmo tutti. Aveva due figli, l'uno avvocato, l'altro negoziante, ed entrambi avevano vagheggiato da lontano la libertà del Piemonte, ed all'udire che approssimavansi i Piemontesi, che così chiamasi nel paese la truppa italiana, correvano ad incontrarli. Mentre la truppa procede militarmente, i saccomanni la seguono, la straripano, l'oltrepassano, e i due Rinaldi sono presi, forzati a riscattarsi, poi, dopo tolto il danaro, condannati ad istantanea fucilazione. [...] Rinaldi possedeva altre ricchezze, e gli erano rapite; aveva altro... e qui devo tacermi, come tacevano dinanzi a lui tutti i suoi conterranei.
Quante scene d'orrore! Qui due vecchie periscono nell'incendio; là alcuni sono fucilati, giustamente, se volete, ma sono fucilati; gli orecchini sono strappati alle donne; i saccomanni frugano ogni angolo; il generale, l'uffiziale non possono essere dappertutto: si è in mezzo alle fiamme, si sente la voce terribile: piastre! piastre!, e da lontano si vede l'incendio di Casalduni, come se l'orizzonte dell'esterminazione non dovesse avere limite alcuno.
Mai non dimenticherò il 14 agosto, mi diceva un garibaldino di Pontelandolfo. (Giuseppe Ferrari) - La notizia arriva al comando | e immediatamente il generale Cialdini | ordina che di Pontelandolfo | non rimanga pietra su pietra | arrivano all'alba i bersaglieri | e le case sono tutte incendiate | le dispense saccheggiate, le donne violentate, | le porte della chiesa strappate, bruciate [...]. || Pontelandolfo la campana suona per te | per tutta la tua gente | per i vivi e gli ammazzati | per le donne ed i soldati | per l'Italia e per il re. (Stormy six)
- Nell'incendio di Pontelandolfo, che nel tempo ha cambiato pelle ed è diventato l'eccidio di Pontegandolfo, si gioca una partita più grande del paese sannita, una partita che riguarda la storia d'Italia: in ballo non vi è tanto la condanna dei fatti di Pontelandolfo quanto il giudizio sul Risorgimento e affinché il giudizio storico sull'unità italiana possa essere negativo è necessario che Pontelandolfo bruci ancora e che i fatti siano visti in una luce sinistra e tenebrosa. Così i briganti non saranno più briganti ma diventeranno partigiani e come patrioti borbonici combatteranno eroicamente la resistenza del legittimismo e i contadini, a loro volta, ribellandosi e insorgendo condurranno una guerra di popolo, non contro gli invasori piemontesi come faranno i briganti patrioti, bensì contro la classe odiosa dei borghesi e proprietari e – quasi inutile dirlo – i contadini saranno i buoni e i galantuomini saranno i cattivi. (Giancristiano Desiderio)
- Niente e nessuno fu risparmiato, tranne le quattro abitazioni dei loro fiancheggiatori. I soldati uccisero e incendiarono al grido di «Piastre! Piastre!»: volevano il denaro.
Fieno e legna secca, stipati nelle stalle e nei bassi per riscaldare d'inverno quelle case gelide, furono accatastati sulle soglie insieme a balle di paglia. Le torce consegnarono tutto e tutti al fuoco. Uomini, donne e bambini sorpresi dalle fiamme nel loro letto; i disperati che tentarono di fuggire vennero abbattuti come al tiro al bersaglio. Le donne furono violentate. [...] Una ragazza di sedici anni, legata a un palo in una stalla, fu oltraggiata da dieci bersaglieri, davanti agli occhi del padre, e poi uccisa. Un contadino tentò di fuggire con il figlioletto tra le braccia: un soldato glielo strappò dalle mani e lo freddò a colpi di fucile.
Due giovani, i fratelli Rinaldi, che durante un soggiorno napoletano, si erano imbevuti di idee liberali, increduli di quella mattanza, ebbero il coraggio di presentarsi al cospetto di Pier Eleonoro Negri, chiedendo spiegazioni. Per tutta risposta, furono portati nella chiesa di San Donato, derubati di ciò che avevano indosso, bendati e fucilati.
Per ore, fino al mattino inoltrato, la strage non ebbe sosta, poi iniziò il saccheggio. Le chiese furono spogliate di tutto. Quadri, vasi, oro, argento, ex voto, calici consacrati, perfino le statue dei santi ricomparvero il giorno dopo a Benevento, dove la colonna di Negri si acquartierò allestendo un bazar che gli abitanti del luogo – ancora capaci di ironia – chiamarono «Caserma del Gesù». (Giordano Bruno Guerri)
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