Federico Garlanda

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Federico Garlanda (1857 – 1913), politico e glottologo italiano.

Del socialismo[modifica]

  • Due sono i principî che, da tempo quasi immemorabile, sono in conflitto nel governo della umana società: l'uno vuole che si dia all'individuo, al singolo cittadino la più larga sfera d'azione, la massima libertà di parola e di fatti: e questo è l'individualismo. L'altro vuole, invece, che si allarghi, si rinforzi il più che sia possibile l'autorità del potere centrale, dell'ente sociale, a scapito, magari, della libertà dell'individuo: e questo principio è alla base del socialismo. (p. 4)
  • All'individualismo dobbiamo tutte le libertà: di pensare, di parlare, di scrivere, di agire; senza le quali ci parrebbe intollerabile la vita. All'iniziativa individuale dobbiamo le scoperte e le invenzioni che, trionfando del tempo e dello spazio, maravigliosamente moltiplicano le forze dell'uomo, allargano sconfinatamente il suo impero sulla natura, e perfino sul regno del dolore e sul potere della morte. (p. 5)
  • Chi non sente, chi non vede che tutto un nuovo mondo si è aperto al genere umano; un mondo più grande, più ricco, più bello, che nessun poeta, nessun filosofo avesse mai osato divinare?
    Tutto questo – non dimentichiamo – per ciò che v'è di più importante, più notevole, più grande — è dovuto all'individualismo. Non dimentichiamolo oggi, che molti si lasciano, inconsideratamente, affascinare dalle teorie del principio opposto: del socialismo, Parleremo anche di questo principio: ma, intanto, teniamo ben fermo questo: magnificatore della vita umana, redentore del mondo è stato l'individualismo. (pp. 5-6)
  • Il socialismo è, fondamentalmente, l'affermazione dei diritti dell'ente sociale, in opposizione alle pretese di un individualismo estremo; è, di più, l'affermazione del principio di solidarietà, che ogni uomo sente nel suo cuore con ogni altro uomo, e che lo stesso sviluppo della vitalità individuale ha, indubbiamente, reso più forte e più profondo. Questa reazione alle esagerazioni del principio individualista, questa affermazione del principio di solidarietà fra gli uomini, sono, a mio giudizio, cose buone e sante. Questi principii, che sono alla base del socialismo, spiegano perché esso si sia diffuso rapidamente e perché incontri tante simpatie nel mondo degli studiosi.
    Senonché, anche qui non tardò a prodursi l'esagerazione, tanto che questa parola socialismo viene usata in sensi così vari e così disparati, che quasi mai se ne possa discutere senza confusione! (pp. 7-8)
  • Questo socialismo assurdo, o collettivismo, o comunismo, che non di rado ama chiamarsi socialismo scientifico, è tanto lontano dalla scienza, quanto il fantastico mago medievale era lontano dal chimico odierno.
    Anzitutto, esso pretende erigere il suo edificio sulla negazione dell'iniziativa individuale nel campo della produzione. Or questa iniziativa non è solamente lo strumento di ogni civiltà, ma è un fatto altrettanto certo e positivo, quanto è certa e positiva l'esistenza dell'individuo stesso. Come si può parlare di scienza, quando si erigono sistemi sulla negazione dei fatti? (pp. 9-10)
  • Non lasciatevi fuorviare dalle ciarle. Non considerate come vostro nemico, ma come vostro vero e primo amico, colui che investe i suoi risparmi o i suoi capitali nell'industria, e a questa attende con tutte le sue forze. Il nostro paese sarebbe felice se fosse grande il numero di costoro. (p. 15)

La terza Italia[modifica]

Incipit[modifica]

Miei cari amici,
Dal momento che volete che io vi scriva le mie impressioni su questo paese, o, a dire il vero, piuttosto che le mie impressioni, le mie idee; – poiché io son qui da parecchi anni, e le mie impressioni si sono attenuate o cancellate, oppure si sono maturate in opinioni ragionate e convinzioni – vi scriverò di tutto liberamente. E siccome voialtri per la massima parte vi siete abituati a considerare solitamente l'Italia del passato, può darsi benissimo che io che, stando qui, mi sono abituato a studiare, a vedere, e, dirò così, a sentire l'Italia del presente, può darsi, ripeto, che io riesca a dirvi delle cose che a voi potranno riuscir nuove.

Citazioni[modifica]

  • Caratteristico del sistema fiscale italiano è il regime degli zuccheri.
    Doverte sapere – e questa sarà certamente per voi una curiosa novità – che il fortunato contribuente italiano paga per lo zucchero, fra dazi governativi e dazi comunali, quasi quattro volte il valore della merce stessa.
    Qui mi sento interrompere e domandare ad alta voce: «Dazi comunali! Che bestia è questa?» Sì, cari amici, voi non lo sapete e certo non ve l'immaginavate: L'Italia, che ha durato tanti sacrifici e che ha dato al mondo tanti esempi di eroismo per potere costituirsi in unità, tiene tutte le sue città, e la più gran parte dei suoi borghi, rigidamente, ferocemente, inesorabilmente separati l'uno dall'altro: ognuna di queste città, ognuno di questi borghi è circondato da un'impenetrabile fortezza, che si chiama in linguaggio tecnico e volgare «cinta daziaria». (Lettera quarta, pp. 35-36)
  • Le tasse sono così alte che nessuno di voi lo vorrà credere; mi basti dire che, fra governo e municipio, a Roma le case pagano in media il trenta per cento del reddito; e siccome la revisione del reddito avviene di rado, così, avverandosi per qualsiasi ragione un ribasso del reddito stesso, la tassa, che rimane invariata, viene ad assorbire il quaranta e anche il cinquanta per cento. (Lettera settima, p. 84)
  • Queste ventuna università, grandi e piccole, complete e incomplete, tutte egualmente cospirano alla pubblica rovina: esse sono fabbriche brevettate e monopolistiche di spostati. Da queste officine di diplomi sbucano fuori ogni anno centinaia su centinaia di laureati, i quali hanno poca o nessunissima attitudine alla vita pratica, e non sanno né hanno modo di provvedere al proprio sostentamento, contribuendo all'incremento della pubblica ricchezza. (Lettera decima, pp. 134-135)
  • [...] se l'Italia non ha colonie proprie, avrebbe almeno dovuto pensare a organizzare meglio la sua emigrazione, proteggere i suoi emigranti, fare in modo che essi trovino più facilmente lavoro, conservino la loro lingua e si mantengano insomma, per quanto possibile, moralmente e materialmente, nei più stretti rapporti con la patria che hanno dovuto abbandonare. [...]
    È doloroso vedere questi poveri contadini sbattuti sulle sponde del nostro Atlantico come fossero balle di carbone: abbandonati da tutti; ignari della lingua, ignari dei luoghi e dei costumi, senza risorse, esposti a tutte le angherie e ai più esosi sfruttamenti che gente cattiva può esercitare sopra di loro. (Lettera dodicesima, pp. 189-190)
  • In Italia, invece, noi assistiamo quotidianamente a questo strano spettacolo: la Chiesa, che è mantenuta dal popolo, che vive delle rendite di un patrimonio che è proprietà della Nazione, non solo osteggia apertamente tutti gli ideali della Nazione stessa, ma con tutti i mezzi che ha a sua disposizione conduce una guerra spietata, implacabile e senza tregua, contro la sua unità e contro le sue istituzioni. (Lettera quindicesima, pp. 246-247)

Explicit[modifica]

Dopo tutto quello che vi ho detto, credo non avrete difficoltà ad ammettere con me che la famiglia italiana è una di quelle che sono più sane e più saldamente costituite. Da essa scaturiscono le forze migliori, le gioie più pure della vita; su di essa si innalza saldamente la fortezza della patria.

Bibliografia[modifica]

  • Federico Garlanda, Del socialismo, Uffici della Rassegna settimanale, Roma, 1897.
  • Federico Garlanda, La terza Italia: lettere di un yankee tradotte e annotate da Federico Garlanda, Società editrice laziale, Roma, 1905.

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