Luigi Arnaldo Vassallo

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Luigi Arnaldo Vassallo

Luigi Arnaldo Vassallo, in arte Gandolin (1852 – 1906), giornalista italiano.

Citazioni di Luigi Arnaldo Vassallo[modifica]

  • [Su Porta Pila] Faccia ridere, faccia rodere, | questo rudere è da radere.[1]
  • Quando c'è la salute, c'è tutto.[2]

Incipit di alcune opere[modifica]

Dodici monologhi di Gandolin[modifica]

La paura del coraggio[modifica]

(Entra sulla scena a precipizio, con tutti i segni del panico. Fa cenno agli spettatori di conservare un silenzio assoluto. Guarda, cauto, dalla parte dove è sbucato e con la mimica sembra accennare che due brutti ceffi gli avevano teso un agguato, ma che ora si allontanano.... sono scomparsi.... respira!... No, ritornano!... Altro spavento. Ah no! è un falso allarme. Altro respiro di sollievo.)
- Ora, ora, un momento e poi vi conto tutto. (guarda ancora di dentro) Si sono squagliati.... Dio, che cosa! sembravo un velocipede: il guaio si è che mi sento (si tasta i ginocchi) sgonfiare gli pneumatici. Che cosa facevo? Scappavo a rotta di collo. Per paura? Oh come vi sbagliate! Scappavo per troppo coraggio. Tremo tutto? Sfido! tremo per troppo coraggio. (guarda c. s.) Oh Dio, ritornano!... No: è uno spazzino.

La mano dell'uomo[modifica]

(Nel mezzo della scena un tavolino quadrato, con tappeto scuro che scende fino a terra. Sopra il tavolino un vassoio con bottiglia, bicchiere e zuccheriera. L'attore entra in scena, va al tavolino, fa tre inchini di rigore, poi alza la mano come per parlare e invece, con molta lentezza, mette lo zucchero, l'acqua nel bicchiere e rimescola guardando a destra e a sinistra; beve, poi dice:)
Domando perdono: ma capiranno.... essendo la prima volta che parlo in pubblico.... Anzi, se permettono, mi levo dal tavolino, perché mi sento impacciato: mi sembra quasi di avere quattro gambe (s'avanza al proscenio).

La macchina per volare[modifica]

(All'alzarsi del sipario Pompeo Palamidoni, con le mani incrociate sul dorso, la testa china, passeggia su e giù; poi si ferma e guarda l'orologio.)
Ha detto alle 6 precise e ora sono le 6 e 20.... anzi le 6 e 23.... gli do ancora dieci minuti di tempo e poi lo mando all'inferno lui e i suoi milioni.... se ha venti milioni, io ne ho cinquanta.... cento.... e dove?... (battendosi la fronte) Qui. Con che cosa si fanno i milioni? coi quattrini? mi fate compassione! I milioni, si fanno con le idee: e io sono un uomo pieno d'idee. Ma non basta avere delle idee; è anche necessario sapere come metterle fuori. E come si fa a metterle fuori? Si fa così: (cava dalla manica un lungo rotolo di carta) Ecco un'idea che vale tanti milioni che al solo pensarci fa spavento.

Il piede della donna[modifica]

L'argomento non ha bisogno di esordio, anche perché il piede della donna è un argomento che.... cammina da sé. Forse quest'è precisamente la ragione per cui ho scelto un soggetto simile, a preferenza d'altre parti magari più nobili, poiché ho notato che, in quasi tutte le cose del sesso amabile, il punto più difficile è sempre.... l'introduzione.

Il nonno[modifica]

Ah, questa poi è buffa!
Per fortuna che nessuno mi vede; ho comprato questo esercito per il mio Giulietto, e mi ci diverto io! e forse mi ci diverto più che lui, perché ha tre anni.... va pei quattro, ma è già un uomo completo. Appena ha nelle mani un giocattolo, lo fa in due pezzi; ieri ha distrutto uno squadrone di cavalleria. Sono dei gran demonietti, i nipotini!

Un signore che pranza in trattoria[modifica]

Questa bizzarria, che battezzai monologo senza parole, nacque così: una sera, al teatro Valle, entrai nel camerino di Ermete Novelli, dicendogli con accento corrucciato:
- Sono trenta sere, che tu chiacchieri sulla scena quattro o cinque ore di seguito. Il pubblico non ne può più. Prendi questo manoscritto, studialo bene, e così finalmente reciterai senza aprire la bocca.
La sera seguente, Ermete Novelli eseguì il monologo muto con arte inarrivabile. La quale sopratutto, oltre al gioco della fisonomia, consiste nell'esattezza automatica dei gesti. L'attore non ha nulla, né guanti, né bastone, né cappello, né tavolino, né posate, né piatti, né bottiglie, né portafogli e via dicendo: eppure colla precisa indicazione del gesto deve dare agli spettatori l'illusione della reale presenza degli oggetti che finge di maneggiare.

Il veterano al congresso[modifica]

Prego, una parola.... una parola sola. Vorrei che, invece di domani, si votasse oggi, perché io stasera devo tornare a Venezia. Ho ricevuto adesso il dispaccio, che mia figlia sta per farmi nonno una seconda volta. Se è un altro maschietto gli metto nome Giordano Bruno, se invece è una bambina.... ma già è un maschio. Devo dunque andar via col diretto, e mentre mi fa piacere, mi dispiace, perché, chissà se avrò mai più l'occasione di tornare a questa Roma, dove abbiamo passato una settimana di feste che non iscorderò mai più. Ogni passo incontravo vecchi amici che non vedevo da cent'anni.... Vecchi compagni d'arme.... Ecco qua! coso.... e cosino, qua, guarda come è ingrassato, fiol d'un can! E lì, baci, pianti, litri di vino....

Fra un atto e l'altro[modifica]

(Esce. Viene al proscenio, con una parte in mano, trascinando una sedia).
- Pardon! Credevo che qui non ci fosse nessuno: a ogni modo, c'è sempre meno gente che nel mio camerino. E poi, vedo che siamo tutti tra amici (saluta famigliarmente qua e là, con qualche: oh, ciao!) Se permettono...! se non disturbo, mi do una ripassata alla parte, perché di là, credano, c'è tale inferno, che non ci si capisce più niente....

L'arte di farsi fotografare[modifica]

La riproduzione di se medesimo, da qualunque lato si consideri, è un'aspirazione umana e una necessità sociale.
L'uomo ha sempre avuto un desiderio acuto e naturale di tirare sé stesso a uno o parecchi esemplari. A raggiungere tale scopo, un tempo non esisteva che un sistema: quello d'aver dei figli. Ma poi.... non somigliavano. Ora invece si ricorre alla fotografia. La quale, diciamolo pure, ha invaso e sottomesso l'intera umanità, non senza causare frequenti disastri.

Sul marciapiede di Aragno[modifica]

(Viene al proscenio in abito da passeggio. Guarda qua e là, curiosando. Poi s'avvicina a un tavolino di ferro, contornato da cinque sedie. Si mette a sedere: scansa una sedia su cui depone il cappello di paglia. Si tira due sedie sotto le ascelle e sulla quinta, davanti, poggia i piedi, battendo col pomo della mazza sul tavolino. Poi fingendo parlare a un vicino, dalla parte delle poltrone d'orchestra):
Anche lei aspetta il cameriere?... da quando?... Appena da dieci minuti? Calcoli almeno altri venti e si chiami fortunato. Qui, sa, non bisogna aver furia. Già! son troppo signori. A momenti, non si sa neanche come chiamarli. Né garçon, perché è un francesismo, né tavoleggiante, perché puzza di osteria, né ministro, come s'usa in Toscana, perché fa ridere. Come si fa a dire: Ministro! portami un panino gravido? Un ministro non porta da mangiare: mangia lui. Neanche cameriere è appropriato: qui camera non c'è, e così non ci fosse neanche.... altrove. Come vuol chiamarlo, dunque? Adesso han fatto anche le leghe e si chiamano: i lavoratori della mensa.

La voce[modifica]

Eccomi qui per recitare un monologo. Che cosa noiosa, non è vero? per tutti loro.... e forse un poco anche per me. – Ma il monologo è il colore del tempo.... moderno applicato all'arte rappresentativa. – Non c'è autore novellino che non abbia ricamato in tutti i temi un monologo pesante. – I nostri autori, come nei più dotti libri di anatomia, han passato in rivista nei monologhi tutte le parti del corpo umano; le dita, le unghie, il naso, la mano e persino, pardon.... il piede.

Citazioni[modifica]

Quante attrici di mia e di vostra conoscenza vorrebbero possedere nella voce il sentimento intelligente che Virginia Zucchi ha... nelle gambe! (p. 130)

... ? ...[modifica]

Camera da letto con armadio, comò – molti oggetti di vestiario sopra un attaccapanni – sopra le sedie – camicie stirate, ecc. – roba nei cassetti – letto con paravento che ne nasconde gran parte – sveglia – baule – occorrente per lavarsi.
(Appena alzato il sipario, si sente il suono della sveglia).
- Chi è? che volete? (con voce rauca e nascosta dal paravento) bestia! non ti ricordi che tu stesso hai caricato la sveglia?... coraggio, scendiamo, se no si perde il treno e la cambiale va in protesto (esce dal paravento, semivestito, in pantofole). Dio, che sonno! (stirando le braccia) ohe! amico! dormiamo in piedi? sarà meglio cominciare da una bella risciacquata d'acqua fresca (versando l'acqua), una buona lavata di testa, come quelle che mi dà spesso il mio ottimo zio.... brrr, com'è fredda!

Gli invisibili[modifica]

Genova, Febbraio
Questo mio piccolo libro, denso di fatti e di ragionamenti, farà pensare.
Ogni pensiero susciterà dubbi d'ogni sorta: eppure l'anima mia, scrivendo, è sgombra d'ogni dubbiezza: la mente è tutta vibrante d'energia e di serenità, come se una primavera di luci, di verità, di bellezze ideali prorompesse gaia da tutte le misteriose profondità dell'essere, infondendomi una gioia di vita interiore che non saprei descrivere.
Giusto, è carnevale: e molta brava gente prova gusto a mascherarsi, nelle fogge più strane: invece, io provo una voluttà indicibile nel buttar via ogni maschera d'ipocrisia sociale: e spalancare il cuore, come uno sportello.

Guerra in tempo di bagni[modifica]

— Ma quest'omnibus è tornato, sì o no?
— Non ancora, signor conte.
— Pure, il diretto dovrebb'essere già arrivato da mezz'ora!
— Lei sa bene che un treno in orario ha sempre mezz'ora di ritardo, tanto più se è un diretto.
Il conte Giorgio Tibaldi mormorò tra le labbra una parola italiana, che somigliava alquanto al sinonimo d'un accidente, poi escì dall'atrio del Grand Hôtel e si fermò sopra l'ampia gradinata, a fumare rabbiosamente una favorita, guardando, spazientito e distratto, il Tirreno troppo turchino e troppo tranquillo, in desolante monotonia, e la rotonda di Pancaldi, popolata di sonnolenti leggitori di giornali, di mamme industriose, assorte nei lavori di uncinetto, nell'ombra dei larghi tendoni, che riparavano dai raggi torridi, non dai fastidiosi riflessi d'un sole tremendo che pareva l'ira di Dio.

La Famiglia De-Tappetti[modifica]

Policarpo De-Tappetti, incauto padre e scrivano presso il Fondo per il culto, ha promesso al figlio Agenore, sei anni e quattro mesi, di condurlo al Macao.
- Agenore – gli ha detto, la sera del sabato, con accento severo – tu appartieni a una nazione di ben trenta eziandio milioni di abitanti, non ficcarti le dita nel naso! a una nazione che è stata maestra di civiltà.... non grattarti! perdio, la testa, quando parla papà, hai capito? a una nazione insomma, di cui è operoso scrivano colui che ti ha messo all'onore del mondo. Domani è la festa dello Statuto.

Citazioni su Luigi Arnaldo Vassallo[modifica]

  • Gandolin è un vero nome di battaglia, un programma di vita e di strepito, un colore purpureo agitato sopra il grigio monotono delle abitudini quotidiane; è tutto ciò che c'è di più lontano dagli strati negri del mortorio, dalla malinconia del cimitero. (Renato Simoni, Gli assenti, Casa editrice Vitagliano, Milano)
  • Gandolin: non si può associare questa parola vivida e squillante al gelo e al silenzio entro i quali L. A. Vassallo è dileguato. Gandolin è un vero nome di battaglia, un programma di vita e di strepito, un colore purpureo agitato sopra il grigio monotono delle abitudini quotidiane; è tutto ciò che c'è di più lontano dagli strati negri del mortorio, dalla malinconia del cimitero. (Renato Simoni)
  • Noi abbiamo qualche puro disegnatore che nulla ha da invidiare a certi acclamati francesi. Basterebbe nominare tre nomi: Cesare Pascarella, Luigi Arnaldo Vassallo e Pietro Scoppetta, i quali farebbero con una collezione dei loro disegni patetici o ironici, mollemente sensuali o rudemente sintetici, la fama di qualunque esposizione. (Ugo Ojetti)

Note[modifica]

  1. Citato in Minerva, Anno XL, n. 2, 30 gennaio 1930, p. 40
  2. Cfr. Vezio Melegari, Manuale della barzelletta, Mondadori, Milano, 1976, p. 35: «Certi detti hanno un autore, ma nessuno più se ne ricorda. È il caso, ad esempio, del comunissimo ed usatissimo "Quando c'è la salute, c'è tutto", tratto dalla commedia Il professor Papotti [...]».

Bibliografia[modifica]

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