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Giovanni Anversa

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Giovanni Anversa (1958 – vivente), giornalista, conduttore televisivo e autore televisivo italiano.

Studenti a Sociologia tra gli anni Settanta e gli Ottanta

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  • Sostenni l'orale per la maturità con lo zaino che mi aspettava fuori dall'aula. Destinazione: Spagna! Il caudillo con la sua lenta agonia teneva ancora il paese con il fiato sospeso. Appuntamento a Madrid per i Paesi Baschi. All'Università ci avrei pensato dopo. Una cosa era sicura: avrei fatto sociologia. Perché? Era la seconda laurea della mia mitica «prof.» d'italiano, era il percorso più vicino ai miei interessi, era la disciplina più simile a ciò che «l'impegno politico» mi aveva abituato a capire e per il quale mi spingeva a lottare. Ed era sufficientemente lontana da casa per sradicarmi e buttarmi in un'esperienza che avrei fatto da solo. Casalmaggiore-Mantova-Verona-Trento divenne più che un tragitto ferroviario. Su quelle rotaie hanno viaggiato libri, sogni, tristezze, amori impossibili e amicizie che ancora continuano. (p. 193)
  • Noi post-Settantasette, forse la terza generazione dei sociologi trentini, probabilmente siamo stati gli ultimi beneficiari di quel vento irriverente che spalancò le porte dell'Ateneo trasportando nelle strade e nelle piazze le creatività intellettuali e collettive. «Poesia, libertà, amore» erano le vie di quella rivolta. (p. 193)
  • Arrivai alla radio [della sede Rai di Trento] e ci arrivai con il teatro curando uno spazio di critica teatrale all'interno di un contenitore che si titolava Strips con sigla d'apertura dei Doors. Qui gli incontri furono altrettanto fatali visto che a loro devo molto di quello che sono e faccio oggi: dal responsabile dei programmi di allora, Franco Ziliotto, che oggi apprezzo come straordinario pittore, al gruppo di registi (allora, oggi sono giornalisti) che mi adottò facendomi conoscere il «mezzo» e insegnandomi ad usarlo: Luciano Happacher, Lillo Gullo e Laura Strada. Grazie a loro a quel critico teatrale in erba fu ben presto affidata la conduzione di quella striscia pomeridiana che diventò un crocevia parlato di cinema e teatro, arte e tradizioni del territorio, moda e fumetti, poesia e letteratura, turismo e tempo libero e naturalmente musica, tanta musica e di ottima qualità (vivo ancora di rendita con quello che mi ha fatto conoscere musicalmente Lillo Gullo!). (p. 196)
  • Quella città [Trento] che a noi «fuorisede» era apparsa chiusa e conservatrice in realtà ci aveva spinto a cercare strade, a cogliere occasioni, a valorizzare le nostre università. Quell'università, così a Nord, a cui avevamo guardato con l'entusiasmo dei romantici e dei ribelli, ci aveva aperto al mondo dalla porta più angusta e periferica, ma che poi si rivelò la migliore per affermarsi con basi solide, di serietà professionale e di versatilità culturale e umana. Lo dico senza enfasi ma con certezza, oggi che a distanza di diciott'anni dalla mia laurea faccio l'autore e il conduttore televisivo a Raitre e sono convinto che quella esperienza è stata determinante per darmi motivazioni, sostegno culturale e capacità di relazione. Di questo non dovrei meravigliarmi visto che ogni università dovrebbe farlo e consegnarlo insieme al diploma di laurea anche se la realtà sembra proporre altri esiti. (p. 197)

Bibliografia

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  • Giovanni Anversa, Studenti a Sociologia tra gli anni Settanta e gli Ottanta, in AA. VV., L'Università a Trento 1962-2002, a cura di Fabrizio Cambi, Diego Quaglioni, Enzo Rutigliano, Università degli studi di Trento, Trento, 2004.

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