Giovanni Rabizzani
Aspetto
Giovanni Rabizzani (1887 – 1918), scrittore, poeta e traduttore italiano.
Bozzetti di letteratura italiana e straniera
[modifica]- Per il Carducci la fede non fu la grande affaire. Se oggi impreca al semitico nume, se domani esalta l'umil saluto dell'ave, egli non obbedisce a credenze profonde ma a due motivi, uno di serenità uno di malinconia, sorgenti, a distanza di anni, nella sua anima. Raccontano che in una placida notte, contemplando il cielo stellato, esclamasse: credo in Dio. L'aneddoto è verosimile (anche a proposito del Voltaire se ne riporta uno di tal genere), e sta a dimostrare il carattere lirico di codeste sue affermazioni. Credeva in Dio quella notte perché, secondo lo stile biblico, le meraviglie del creato gli parlavano di lui; ma il giorno dopo, nel lavoro consueto, spenta la luce stellare, il Dio notturno scompare nel panteismo dell'universo. (Il Carducci visto in piccolo, p. 25)
- La fiaba e l'apologo sono le due forme tipiche della psicologia pascoliana. Commozione fantastica e impulso didattico, sentire ed ammaestrare, intuire e persuadere, mito e discorso. Il mondo gli appare sotto il velame come il poema di Dante. Tutto ciò che è nella natura e nell'uomo, nel reale e nell'ideale, nell'umano e nel divino, si copre di parvenze poetiche, cela nel suo intimo la verità. E la poesia è bella perché la verità le è vicina. L'anima sta in equilibrio tra l'una e l'altra e chiede a quella la gioia, a questa il dovere: traduce le sensazioni più profonde con i precetti più assoluti. (Le antologie del Pascoli, p. 60)
- [...] vi sono nomi di scrittori che ribalenano ai nostri occhi, dopo una lunga dimenticanza, su opere un tempo insigni ora curiosamente ignote. Castelar... Che cosa rievoca? Nei ricordi della nostra giovinezza puerile fermenta ancora uno schietto entusiasmo per le sue pagine: nel giro d'un periodo egli sapeva roteare abbaglianti intuizioni, idee vertiginose, antitesi e parallelismi tagliati a picco per mezzo di colpi maestri; toccare tutte le corde della lira, sommuovere le più occulte simpatie dell'animo. Biblico e moderno, logico e musico, filosofo e poeta, battagliava con elegante alternanza di pensieri e d'immagini, trattando queste con delicatezza virgiliana, quelli allargando, con victorughiana efficacia, sino a raggiungere i due termini magni della giustizia e della libertà, confine e centro dell'universo ideale e pratico. (Castelar e noi, p. 265)
- [Arthur Rimbaud] Visse un po' meno del Leopardi, trentasette anni, ma poetò solo dai quindici ai diciassette, età in cui il Leopardi era ancora nello stadio d'imitazione. A diciassette anni, sazio di poesia, ne arresta il flusso, e si sopravvive con noncuranza sdegnosa, immemore di tutto. Ed ecco il fatto nuovo, magnifico: egli tace per troppa maturità, allorché negli altri si delinea appena una fruttuosa acerbezza; tace allorché in celere visione ha esaurite le sue possibili e impossibili fantasie. Egli ha imposto una fine là dove ognuno osa a stento un principio. (Il fanciullo maledetto – Arthur Rimbaud, p. 350)
- Il fanciullo [Rimbaud] sentiva la germinazione di tutti i peccati: idolatria, sacrilegio, collera, lussuria, menzogna e pigrizia. Li esprimeva con ingenuità virginea e procacia faunesca, stupefatto e sapiente, ebbro e cinico. La sua vita interiore si svolge in tumulti dionisiaci e in estasi apollinee. Nulla ignora ed all'occorrenza sa far zampillare dall'intimo l'effluvio dell'ignoranza più fresca. Le sue màcole sono cerebrali, la lucidezza degli occhi si rinnova, come in lavacri di rugiada, nei pellegrinaggi fantastici. Quella è la sorgente: la fantasia. Cioè la potenza di rifarsi una verginità dinanzi ad ogni nuovo spettacolo. (Il fanciullo maledetto – Arthur Rimbaud, pp. 350-351)
- Il Rimbaud vero credo debba trovarsi nelle prime poesie composte nel quindicesimo e nel sedicesimo anno di età. Sul bel principio si sente la scuola: l'alessandrino tagliato con sapore classico, le immagini compiute, il discorso continuato di tono piuttosto oratorio, senza falle e senza chiaroscuri. È il verso di Victor Hugo e un po', anzi parecchio, lo spirito di lui, democratico e sarcastico, di gravità repubblicana. (Il fanciullo maledetto – Arthur Rimbaud, pp. 354-355)
Pagine di critica letteraria
[modifica]- Lo storico della nostra poesia, se vorrà domani indicarne il carattere e segnarne i confini, non dovrà studiare le scuole, ma i maestri; non i petrarchisti, i leopardiani, i manzoniani, i d'annunziani, ma il Petrarca, il Leopardi, il Manzoni, il d'Annunzio. Alla scuola manca l'essenziale della poesia: la creazione. (Poeti, p. 37)
- Il Pascoli non è ancora il poeta della natura, come poi si è ripetuto sino alla noia, ma della campagna, del giardino; dell'orto, spiegherebbe un maligno. Alla sua contemplazione basta poco spazio di terra e di cielo e gli umili motivi sono svolti con tono dimesso, con semplicità francescana in frammenti lirici di poca estensione, simili agli effimeri campestri che nascondono tra l'erba l'esile involucro del gambo e del fiore. C'è lo spunto e null'altro: guai, del resto, se altro ci fosse, che avremmo, anziché tenui violette e non-ti-scordar-di-me, papaveri e rosolacci. Ma ciò basta per darci una sensazione nuova e sincera di colore, di sapore, di suono; farcela risognare entro noi con la malia di un piccolo piacere goduto. Mancano i quadri complessi, dagli sfondi vasti, dai limiti imprecisabili, da le tinte forti che gravano su l' occhio e su l'anima; in ogni poesia c'è solo una linea, una nota, una parola. (Poeti, pp. 40-41)
- Sono usciti in magnifica edizione i Versi completi (credo) di Giovanni Camerana, il poeta magistrato che, non è molto, già arrivato in alto e avendo passato la sessantina, si è ucciso, come un giovine senza conforti e senza avvenire. Era uomo di carattere integro e di coscienza superiore. La sua morte ha armonizzato con la sua vita e con la sua arte ed è stata, quasi per tragico destino, una conseguenza logica di quelle. Giovane, si era unito con Emilio Praga ed Arrigo Boito, e, contro il tradizionalismo persistente, aveva inneggiato ad un'arte nuova e libera, piena di sensazioni raffinate, di fantasie strane e terribili come incubi, di godimenti squisiti e sottili come veleni. (Poeti, p. 85)
- La poesia per il Camerana, fu da prima, più che una creazione, uno stato dell'anima. Nel fondo di questa giacevano indistinti e confusi i sentimenti della gloria, dell'amore, della fede, e venivano indifferentemente espressi con il verso, la linea e il colore o la nota musicale. Il poeta non si ripiegava in sé per rendere più nitidamente la sua immagine, né il pittore il suo paesaggio, né il musico la sua sinfonia: l'ispirazione usciva scabra e selvaggia, senza dar tempo a pentimenti od ammettere dilazioni. C'era del donchisciottesco in codesto procedere, ma c'era anche della sincerità e una violenta brama di cose nuove. Si battagliava continuamente in macabre tenzoni, cinti d'ogni orrore della natura e dello spirito, senza tregua e senza consolazione. (Poeti, pp. 85-86)
- Risorge il tipo dei più gloriosi feuilletonistes in Giuseppe Antonio Borgese, che dalla Stampa e dal Mattino trae la folta serie di articoli dedicati alla letteratura e coltura contemporanea e li riunisce in un grosso volume La Vita e il Libro, senza mutarne virgola o aggiungervi nota, sicuro di sé, del suo gusto, dei suoi giudizi, della sua prosa. Sicurezza non impronta, ma derivatagli dal quotidiano consenso di lettori, di studiosi, di amici, di avversarii, dall'interesse con cui le sue cronache sono accolte nel pubblico, discusse, ammirate, bistrattate magari; non so bene, ma forse anche temute. (Critici e moralisti, p. 214)
- [...] il romanticismo inteso nel senso storico è contraddistinto dalla coscienza di sé. La sua origine s'affonda, non già nelle letterature antiche, – elegiaci greci, rimpianti per l'età dell'oro, scrittori greci e romani della decadenza, – perché ogni continuità fu recisa dal medio evo e dal Rinascimento; ma nel Rinascimento stesso, dove il trionfo dell'umanesimo, dell'aristotelismo e del razionalismo produceva, per la dialettica della storia, un modo opposto di sentire e di conoscere, che, compresso e negletto, non cessò tuttavia di progredire e dilatarsi, sinché, mirabilmente fecondato nel secolo XVIII, ottenne, sui primi del secolo seguente, una decisa supremazia. Se la ragione ispira il neoclassicismo, l'immaginazione ispira il romanticismo; se Aristotele detta leggi sull'opera d'arte, il platonismo propugna la libertà del genio. (Intorno al Romanticismo, p. 335)
Ritratti letterari
[modifica]- Luigi Capuana fu dei pochi che avessero la loro esclusiva occupazione nella letteratura. Scrivere significò per lui, oltreché sentimento e bisogno dell'anima, anche mezzo di guadagnarsi il pane. Perciò vedete che nella operosissima e lunga vita egli si è disperso in mille lavori: novelle, romanzi, drammi, cronache drammatiche e letterarie, conferenze, poesie, fiabe, raccontini, anche libretti scolastici. E si ha, da tal congerie di lavoro, l'impressione che i motivi pratici fossero un impaccio alla sua opera di artista. Né egli lo nasconde con l'alterigia del gentiluomo povero o la precauzione dell'esteta a spasso. Anzi, tanta è la sua sincerità, lo dichiara aperto e ne discute nelle sue pagine. (p. 17)
- [Luigi Capuana] La sua arte ha un incentivo nella sua esperienza letteraria; le numerose letture provocano in lui reazioni e impressioni che permangono a rendergli sensibile e malleabile la fantasia. In genere l'estetica degli artisti è un resultato, una conseguenza delle loro opere, in quanto essi danno valore universale a quelle note che più rispondono alle loro abitudini; nel caso del Capuana invece la poetica precede la poesia, la riflessione lo guida nel cammino e gli fa intravedere la necessità di un metodo, di un mezzo, di uno scopo. (p. 18)
- [...] Carlo Dossi, realista-romantico, sognatore satirico, uomo su le cui labbra il sarcasmo si bacia con l'idillio.
Uomo soprattutto, dagli atteggiamenti nuovi, curiosi, pieni. In qual modo lo prenderemo? di dove ne cominceremo l'analisi? Egli ha attrattive squisite come scolaro e come maestro. Ecco la materia di un capitolo: il suo studio per Rabelais, Sterne, Richter, Manzoni, Rovani. Ed ecco la materia di un altro capitolo: la sua «attualità» nell'arte e nella vita d'oggi, perché egli contiene già buona parte della cosi detta letteratura d'avanguardia, come il futurismo (senza Marinetti) e dell'altra che direi di retroguardia, il, decadentismo elegiaco (Corazzini, Moretti, Gozzano). Ma si avverta che la sua arte, fatta di osservazione finissima, ama gli eccessi e li ricerca con lo stesso intuito che il caricaturista usa nel deformare le linee di una figura. (p. 41)
Citazioni su Giovanni Rabizzani
[modifica]- La figura del Rabizzani si profila alquanto diversa da quella del Serra. Questi è morbido, delicato, femineo; quegli è robusto e virile. Il primo ama, negli altri e in se stesso, le sfumature, gli ondeggiamenti, le posizioni imprecise, gli atteggiamenti amletici; il secondo gusta di preferenza gli scrittori fortemente caratterizzati, limitati, evidenti, sempre in cerca di definizioni logiche e chiare, di formule conclusive. L'uno è soggettivissimo e sensibilissimo, sicché ogni cosa lo fa vibrare, e la cosa stessa diventa vibrazione, tanto perdendo d'oggettiva realtà, quanto acquista di verità soggettiva; l'altro, obbiettivo, logico, consapevole dei limiti e delle proporzioni, in perfetto equilibrio. L'uno, infine, di temperamento melanconico, indolente, disposto alla contemplazione; l'altro allegrissimo, esuberante, attivissimo, fatto apposta per il giornalismo e l'organizzazione. (Luigi Tonelli)
Bibliografia
[modifica]- Giovanni Rabizzani, Bozzetti di letteratura italiana e straniera, R. Carabba editore, Lanciano, 1914.
- Giovanni Rabizzani, Pagine di critica letteraria, D. Pagnini libraio-editore, Pistoia, 1911.
- Giovanni Rabizzani, Ritratti letterari, a cura di Achille Pellizzari, Società anonima editrice Francesco Perrella, Firenze, 1921.
Altri progetti
[modifica]Wikipedia contiene una voce riguardante Giovanni Rabizzani