Girolamo Alessandro Biaggi
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Girolamo Alessandro Biaggi (1819 – 1897), compositore, critico musicale e didatta italiano.
La musica nel secolo XVII
[modifica]- L'Artusi (canonico, per verità, ben poco reverendo) ebbe mente, studi, erudizione; e alla pedagogia musicale, se non ad altro, avrebbe potuto giovare. Ma non riuscì a nulla di bene. Pedante cocciutissimo, presuntuoso all'eccesso, arrogante, bizzoso, accattabrighe, egli passò fra i musicisti del suo tempo, come un lupo di mezzo ad una muta di cani: morsicando e morsicato! (pp. 492-493)
- Sul conto del Monteverdi nelle biografie e nelle storie corrono giudizi disparatissimi. – Per me fu un compositore di polso. I suoi recitativi e, per certi rispetti, la sua strumentazione, potrebbero ancora servir di modello. (p. 493)
- Schopenhauer ha sentenziato che le donne non sono fatte per le arti belle. – Lasciando dire a posta sua quel filosofo pessimista (o pessimo filosofo, come lo qualificano i suoi contraddittori) io sto coll'universale a credere che le facoltà estetiche della donna, non sono in nulla e per nulla minori di quelle dell'uomo. (p. 495)
- La scuola dello Scarlatti, ha stabilita la musica pratica su basi razionali, ferme, armonizzanti coi postulati più accettati dalla estetica, e con la melodia e col canto l'ha avviata sui fioriti sentieri della poesia, ben diversi dalle viottole scabrose e cieche per le quali (e a gran fatica!) si trascinò sempre la musica delle teoriche. (p. 512)
- Nel secolo XVII, più che un rinnovamento della musica, è a vedere una rigenerazione, preso il vocabolo nel suo più ampio significato; una rigenerazione che si estese a tutti gli elementi costitutivi dell'arte; a tutte le sue forme; così all'indirizzo estetico, come al teorico; e, soprattutto, al Gusto, giacché, sciolta da da ogni regola e interamente abbandonata alla fantasia, dal Landi allo Scarlatti, la musica di quel secolo si mantenne sempre semplice, naturale, casta. Né amplificazioni, né stemperatezze, né gonfiezze, né eccessi, mai. (pp. 513-514)
Rassegna musicale
[modifica]- Di ingegni come quello del Rossini è già molto averne uno per secolo! (p. 212)
- La signora Tiberini[1] che alcuni anni sono eseguiva la parte di Matilde in modo veramente mirabile, l'ha portata ora, specialmente per ciò che spetta all'arte del dire e del recitare, a una perfezione maggiore. Sicché può dirsi, senza paura di cadere in esagerazioni, che in quella parte ella è insuperabile.
E dell'aver aggiunta perfezione alla moltissima di prima, la signora Tiberini vuol essere singolarmente lodata; perché se i cantanti che sian padroni della loro voce e che sappian cantare sono rari, sono ancora più rari quelli che, dopo alcuni esiti felici e dopo aver acquistata una certa rinomanza, continuino a studiare e ad occuparsi dell'arte loro. (p. 214) - Che cosa non si disse e non si scrisse anni sono sul conto della voce del Tiberini?! Non è una voce. – È una voce sì, ma di suono non sempre bellissimo. È una voce divisa in due, l'una ben diversa dall’ altra. – Divisa in due? – in tre, in quattro ed anche più. – Ogni nota ha un carattere e un colore a sé! – È una voce che, agile per natura, può fare buona prova nelle opere di un certo tempo, nelle buffe, nelle semiserie; ma che non si presta menomamente alle opere moderne, alle serie, alle drammatiche! – È una voce che non regge alla fatica, che si perderà presto, che si perde, che, anzi, è già perduta... e intanto eccoci qui al Teatro Nuovo, pigiati nella folla, attentissimi a non perdere né una sua nota, né una sua appoggiatura, né una sua parola, né un suo gesto, contentissimi di udirlo, desiderosi di riudirlo ed instancabili ad applaudirlo. (p. 215)
- Nella Matilde di Schabran, composta nel carnevale del 1824 pel Teatro Tordinona di Roma, il Rossini versò fiumi di fantasia. Di idee melodiche nuove di getto, di motivi originalissimi, di geniali e vivacissime cabalette, di adagi spiranti la grazia più gentile e i più gentili sentimenti, ve n'ha una vera dovizia. Nella Matilde di Schabran, come uscì dalle mani del Rossini, c' è materia bastante per sei e più opere, e tale merito da dar fama ad altrettanti compositori.
Eppure al Tordinona, dove le prime tre rappresentazioni vennero dirette dal[2] Paganini, la Matilde ebbe un esito freddissimo; tanto che l'Impresa non intendeva pagargliela. E l'anno dopo, a Milano, non ebbe fortuna migliore. (p. 215) - [...] la musica dei Falsi Monetari[3] [di Lauro Rossi] rivela frequentemente ai pratici che il compositore non è ancora interamente padrone dell’arte sua. Le incertezze, i languori, gli sviamenti e i divagamenti oziosi che vengono dalla inesperienza s'incontrano, e in numero non piccolo, così nelle modulazioni armoniche, come nello sviluppo e nella condotta delle idee, come ne' movimenti e ne' colori dell'orchestra.
Ma se in quella musica è sensibilissimo il difetto di scienza; non v'ha difetto al certo né di buoni istinti, né di buone e preziose disposizioni naturali. (p. 216) - Con la musica com'è o come dovrebbe essere l'italiana, a forme vaste, cioè, a larghi svolgimenti, essenzialmente melodica, insomma, il dramma (non si può e non intendiamo negarlo) viene facilmente tradito e facilmente si nasconde e si perde. Ma se dopo aver spogliata la musica, come s'è detto, d'ogni migliore sua dote, e dopo averla ridotta a ben poco più che a uno scheletro, siamo da capo a non averlo quel benedetto dramma o ad averlo nell'istesso modo e nell'istessa misura di prima, che affare si sarà fatto? È chiaro che questo: prima, se non il dramma s'aveva almeno la musica, – e dopo né la musica né il dramma! Un bel profitto!! (p.218)
Bibliografia
[modifica]- G. Alessandro Biaggi, La musica nel secolo XVII, in AA. VV., La vita italiana nei Seicento. Conferenze tenute a Firenze nel 1894, Fratelli Treves editori, Milano, 1895, pp. 481-514.
- G. A. Biaggi, Rassegna musicale, in Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti, volume XXIX, Direzione della Nuova Antologia, Firenze, 1875, pp. 210-219.
Note
[modifica]- ↑ La Ortolani aveva sposato nel 1859 il tenore Mario Tiberini.
- ↑ Nel testo "del".
- ↑ La casa disabitata o I Falsi monetari, melodramma giocoso in 2 atti di Lauro Rossi, 1834.
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