Musica italiana
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Citazioni sulla musica italiana.
- A quei suoi compagni di viaggio, che, conversando, rimproveravano gl'italiani di essersi troppo rinserrati nella musica, [Heinrich Heine] rispondeva con pietoso sdegno: – questo essere accaduto agli italiani, perché la musica è l'unico dominio dove non arrivano il birro e l'inquisitore; ma che anche da quel rifugio l'Italia parlava la sua voce eloquente; e un giorno il mondo l’avrebbe ascoltata! (Enrico Panzacchi)
- Che meravigliosa fioritura ebbe la musica italiana nella prima metà del nostro secolo! Prima ancora che sfolgorassero alla luce della ribalta le opere di Bellini, era comparso il Barbiere di Siviglia (1816), composto in tredici giorni da quel vero mago della musica, che fu Gioachino Rossini di Pesaro (1792-1868). (Pietro Orsi)
- Com'è stato più volte ripetuto, durante tutto l'ottocento il pubblico italiano s'è avvezzo a considerare la sinfonia come una pianta esotica, per cui il clima meridionale non sia propizio; s'è persuaso di dover accettare come una necessità colturale – e però senza simpatia e commozione – le periodiche esecuzioni di sinfoneti stranieri, per cui le nostre orchestre si sobbarcavano a fatiche immani, sottoponendosi ad un regime di prove che nessun musicista italiano avrebbe pensato di richiedere, senza pericolo di essere linciato. In fondo questo eterno fanciullo ch'è il nostro pubblico si consolava correndo al teatro e abbandonandosi al fascino della melodia cantata con la voluttà dello scolaro che esce dall'aula dopo la lezione subita e prova l'elasticità delle gambe su per le aiuole dei giardini pubblici; e guardava con indifferenza e quasi con una punta di rancore il musicista che non s'accontentasse di fornirgli ogni anno il piatto nazionale: melodramma storico o verista, avventura in costume medioevale o fatto di cronaca nera. Tanto più poi se il musicista lo avesse già rapito in estasi precedentemente con una romanza divenuta popolare! (Guido Gatti)
- Con la musica com'è o come dovrebbe essere l'italiana, a forme vaste, cioè, a larghi svolgimenti, essenzialmente melodica, insomma, il dramma (non si può e non intendiamo negarlo) viene facilmente tradito e facilmente si nasconde e si perde. Ma se dopo aver spogliata la musica, come s'è detto, d'ogni migliore sua dote, e dopo averla ridotta a ben poco più che a uno scheletro, siamo da capo a non averlo quel benedetto dramma o ad averlo nell'istesso modo e nell'istessa misura di prima, che affare si sarà fatto? È chiaro che questo: prima, se non il dramma s'aveva almeno la musica, – e dopo né la musica né il dramma! Un bel profitto!! (Girolamo Alessandro Biaggi)
- E se a Cimarosa non fu dato essere il riformatore della musica italiana, egli, prepotente ingegno, con Piccinni, Guglielmi e Paisiello costituì quel glorioso gruppo di sommi artisti che tanto decoro fruttò all'Italia e precorse l'epoca prossima di Rossini. (Francesco Florimo)
- In Italia, gli anni dal 1800 al 1900 segnarono la stasi, se non addirittura la perdizione della della musica istrumentale. L'Italia, che aveva inventato quasi tutte le grandi forme strumentali e vocali, dalla Cantata al Concerto, dal Ricercare per organo alla Cantata e all'Oratorio, sembrò quasi ripudiare il suo passato. Tutta presa nella smania dell'Opera, giunse a pensare che lo scriver musica d'altro tipo costituisse un atto innaturale e un tradimento alla sua genuina natura. (Giulio Confalonieri)
- L'Italia diede indirizzo e tipo alla musica teatrale del settecento. Le opere del Händel al principio del secolo, del Hasse a mezzo il secolo, del Mozart alla fine del secolo, nonostante la nazionalità germanica de' loro autori, sono opere di scuola italiana. Que' tre grandi maestri (non egualmente grandi) sono glorie tedesche, ma sono altresì glorie dell'arte nostra. (Taddeo Wiel)
- L'Opera italiana è la sempre virente foresta canora, dov'io mi rifugio spesso, quando mi avvolge delle sue nebbie la tristezza invernale, o il gelo della vita mi diventa insoffribile. Là, nel soave angolo d'un palco un po' occultato, ci si sente deliziosamente riscaldati e non si muore almeno al freddo. La malia melodiosa trasforma in poesia ciò che un momento prima era ancora prosaica realtà, il dolore si perde in fioriti arabeschi, e il cuore rigode. (Heinrich Heine)
- L'opera italiana si era supinamente asservita al virtuosismo del soprano e della prima donna; costoro imponevano la loro volontà ai poeti e ai musicisti, impugnavano lo scettro del comando, allo scopo di sfoggiare, con infinita prodigalità, voce e gesti, d'infiorare il canto di gorgogli, arabeschi, artificii, ai quali il pubblico finiva col non prestare più la sua attenzione, o almeno la sua fede; l'opera era divenuta una collezione di arie, senz'alcun interesse ed unità drammatica, appiccicate, o, per essere più precisi, disgiunte da un recitativo povero di movimento, di realtà umana, di bellezza artistica e di senso comune. (Raffaello De Rensis)
- La decadenza dell'opera italiana già nei primi decenni del settecento aveva sorpassati i limiti dell'immaginabile e del verisimile. Come già accennammo, si era perduta ogni coscienza dell'essenza e dello scopo del Melodramma. O, piuttosto, questa coscienza c'era ancora, almeno in alcuni [...] ma non era più norma delle azioni; a tal punto si era giunti – come accade in tutti i periodi di decadenza – di inerzia e miseria intellettuale, di trascuratezza e di cieco abbandono all'andazzo del tempo, di corruzione del sentimento e dei costumi, di indebolimento del carattere. Il Melodramma si era ridotto non altro che un centone di pezzi musicali dalla forma stereotipa, atti a appagare i capricci dei cantanti e le orecchie dei vani e corrotti uditori: al dramma non si faceva più affatto attenzione. Poeti e compositori di musica erano per solito di una ignoranza fenomenale, anche per ciò che riguardava le nozioni più elementari della loro arte. Del resto la loro opera aveva una importanza secondaria, poiché essi erano fedelissimi e obbligatissimi servitori ai virtuosi, alle virtuose, e ai protettori e alle madri di queste ultime. La cultura e la tecnica musicale erano ridotte a poche formole scolastiche e tradizionali. L'adulazione e il servilismo avevano raggiunto il massimo grado. Da parte loro i virtuosi e le virtuose erano ancora più ignoranti dei poeti e dei compositori: avevano perduto ogni coscienza del loro nobile ufficio, e non avevano più altro culto che quello della loro voce e della loro vanità personale. (Domenico Alaleona)
- La musica d'Italia è fatta d'aria e di luce, di sole e di passione. Ha bisogno di impersonarsi in figure sceniche vive, palpitanti, per esprimersi a fondo. Si delinea chiara nella «parte» del personaggio cantante, ch'è l'elemento principale dell'opera in musica italiana. Tante «parti», tanti personaggi drammatici. Varietà, pienezza musicale e varietà, pienezza drammatica. La finzione scenica fatta realtà d'arte. (Carlo Gatti)
- La musica in Italia è accettata ed accarezzata presso la grande maggioranza come arte di diletto, come onesto passatempo: e nulla più. Giammai come arte altamente, essenzialmente educatrice: ché tale è in realtà. (Alberto Mazzucato)
- [Sulla peculiarità della musica italiana] La nostra capacità melodica, che non va confusa con tutta la fuffa spacciata per melodia all'italiana. Abbiamo solide radici umanistiche e su quelle si base la nostra identità. Siamo una cultura musicale originale naturalmente portata alla sintesi con culture altre. Questo deve continuare a ispirarci. (Mauro Pagani)
- La tendenza, innata negli italiani, a dar corpo e forma anche a ciò che non ne ha, a tradurre l'invisibile nel visibile, nel sensibile e nel plastico, si mostra anche nella nostra musica e l'accompagna, a parer mio, troppo e la subordina troppo all'arte della parola. (Giacomo Barzellotti)
- Mi sembra che ci siano sempre gli stessi in giro: Lucio Dalla, Zucchero, Claudio Baglioni, gente che conosco da quando ero bambino. (Jim Kerr)
- Nelle scuole italiane la musica è praticamente assente, se non peggio. La musica dovrebbe essere obbligatoria come l'italiano. (Riccardo Muti)
- Pur troppo fra noi si vede sempre più progredire il mal vezzo di favorire le cose straniere alle proprie. Dobbiamo rispettare, anzi venerare sino all'adorazione il bello da qualunque parte ci venga, e questo lo abbiamo detto altre volte; ma non perciò tenere in non cale il bello che fra noi stessi sorge. E ciò debbe più particolarmente dirsi per la musica, della quale per tanto spazio di tempo maestra l'Italia, ora che mira d'intorno altre nazioni con lei rivaleggiare, dovrebbe maggiormente affrettarsi a produrre e proteggere i giovani ingegni che vede spuntare nel suo seno, e continuare a sostenere la sua rinomanza concatenando nuovi nomi a quelli di Rossini, Bellini, Donizetti, Mercadante, Ricci, Verdi, ed altri, se non di simile valore, che possano almeno a questi avvicinarsi. (Francesco Florimo)
- Quanto alla musica poi... l'Italia ricorda e ripete.
Fortuna per essa che i capi d'opera dei suoi grandi maestri sono davvero la musica dell'avvenire, e che essi per molto secolo ancora terranno onoratamente il campo contro l'irruzione delle nordiche armonie, innanzi alle quali il genio stesso di Verdi, sfidato o smarrito sembra arretrarsi e vacillare. (Giuseppe Guerzoni)
- Se il vanto dell'aver novamente uniti musica e dramma, dell'aver fatto in qualche modo rivivere la classica forma della tragedia greca, che, nessun più ne dubita, era cantata, spetta a Firenze; Venezia vanta il primato cronologico de' suoi teatri musicali; Venezia, che rese gradito a' cittadini d'ogni classe uno spettacolo non veduto dianzi se non nelle sale principesche e patrizie. E furono i maestri veneti, Claudio Monteverde alla testa di tutti, che tracciarono la via, che l'opera va percorrendo da quasi tre secoli. (Taddeo Wiel)
- Al secolo XVIII doveva essere veramente riserbato di provare l'immensa forza d'espansione che aveva in sé la musica italiana. E questo provò egli colla sua vita musicale fiorente e feconda. Da per tutto, in ogni classe di cittadini, la musica è in altissimo onore, i maestri sono eccellenti, eccellenti i virtuosi. Da per tutto un'animazione artistica non mai più vista, che proveniva dalla fecondità meravigliosa de' musicisti, dai concerti, dagli spettacoli teatrali, dai conservatori di musica, istituti d'arte questi che, allora, avevano una significazione propria, universalmente riconosciuta, altamente italiana, e tutto conservava ancora il proprio carattere.
E tuttavia quarant'anni appena bastarono perché questa fioritura cessasse e l'Italia rinunciasse al suo primato. La musica italiana non tenne nel dovuto conto prima e seguì poscia solo lentamente il progresso della cultura, si fissò tardi, piuttosto stanca e senza originalità sull'espressione; essa preferì di perdersi in elaborazioni eccessive della forma esteriore, quando il nuovo spirito della musica, quello dei tempi nuovi dovevano dirigerla, la richiamavano anzi, alla ricerca di una nuova forza di espressione interna; ciò decise la sua rapida decadenza.
- La musica istrumentale italiana è stata la madre della musica istrumentale francese e tedesca, ha passato loro le sue forme, i suoi modelli.
- La musica istrumentale italiana muore dopo aver compiuto la sua orbita evolutiva. L'ingegno italiano, così ricco di risorse, si esaurisce in una specie musicale che non sa o non vuole approfondire nelle sue conseguenze estreme; egli se ne stanca, ne sceglie un'altra.
- Meno conosciuta è l'importanza e l'eccellenza, alle quali erano pervenuti i maestri italiani dei secoli XVII e XVIII nella musica istrumentale. Anch'essa era nata e si era sviluppata in Italia, passando più tardi ai tedeschi insieme alla lirica monodica. I risultati di qualche modesta ricerca che ho fatto [...] mi permettono di affermare che, ad epoche parallele, nel secolo XVII e nel XVIII, l'Italia ha avuto una fioritura di musica istrumentale, che non è meno importante di quella della Germania, che la equivale e che qualche volta perfino la sorpassa.
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