Giuseppe Citanna

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Giuseppe Citanna (1890 – 1978), critico letterario italiano.

La poesia di Ugo Foscolo[modifica]

Citazioni[modifica]

  • [...] il sentimento dell'amore si esaurisce pel Foscolo nella contemplazione esteriore della donna amata, quasi costantemente idealizzata fino alla Dea mitologica, e che, solo in quella contemplazione, è la possibilità creativa del poeta. Forse, andando più oltre, si potrebbe osservare che questo atteggiamento costante del Foscolo di fronte alle donne del suo cuore, rivela appunto la poca profondità e sincerità dei suoi sentimenti d'amore. È certo, ad ogni modo, che di questi ultimi, egli non è riuscito a parlarci immediatamente e soggettivamente; quando ha voluto farlo, i suoi tentativi sono naufragati nelle spire delle frasi e dei bei versi sonori ed eloquenti, ma privi di quella intima e pensosa e indefinibile poesia che muove dalle liriche dei grandi poeti d'amore, anche da un semplice frammento di Ibico e di Saffo. (cap. III, p. 55)
  • [...] i Sepolcri sono una cosa molto diversa dalle tragedie dell'Alfieri e dai canti del Parini, e a me pare che essi riescano, se mai, a uno scopo opposto da quelle propostosi dal poeta. Mi pare che dalla lettura dei Sepolcri si sia portati piuttosto a un senso indefinito e mesto d'ideale rassegnazione e di compianto, anziché all'esaltazione patriottica e all'entusiasmo della lotta. Eppure l'esaltazione patriottica del carme ha il posto centrale. Ma essa è soverchiata interamente dalle altre tendenze, certo assai più forti, melanconiche e pessimistiche, dell'animo del Foscolo. (cap. IV, p. 69)
  • [...] Iacopo Ortis, libro ambiguo e, direi quasi, anfibio, idealista e pessimista insieme. Si tratta d'un Alfieri sentimentalizzato e immelanconito, e perciò quel libro del Foscolo è un libro falso, un libro di stanchezza e di transizione, un libro frammentario in cui i sentimenti d'amore, gloria e disperazione, tutti e tre superficiali e sovente artificiali, sono indarno ricuciti insieme dalla eloquenza dello stile. (cap. IV, p. 70)
  • [...] il Foscolo non aveva attitudini alla tragedia, perché di temperamento troppo soggettivo e, aggiungo, sentimentale, mancandogli anche quella potenza, che direi condensatrice, tutta propria dell'Alfieri, che riusciva talvolta a imporre sulla scena almeno un colosso fra schematiche larve. Ma il carattere dell'Alfieri era d'un uomo tutto di un pezzo e non lo rodevano intimi dissidii di pensiero. Alfieri era un grande uomo semplice e moveva in buona fede e seriamente dalla scena «guerra ai tiranni» . Anche se poi, come acutamente osservò il Croce, finisce per ammirarli[1]. (cap. VI, pp. 89-90)

Explicit[modifica]

Oggi che quasi tutta la poesia più in voga si frantuma e agonizza tra la tisica ironia e la sensualità cupa e moribonda, ovvero esce lustra e fredda e strana come un nuovo utensile dalle nuove macchine versaiuole, è grato tornare con l'animo colmo di affetto e di reverenza alle vecchie care pagine che leggevano fremendo i nostri padri e noi conoscemmo, entusiasti, nella fanciullezza. Da quelle si sprigionano i versi immortali, familiari al nostro orecchio come i nomi delle persone più amate. E vorremmo avere l'autorità di poter dire: – Divezziamo l'animo nostro dalla piccola poesia delle piccole cose. Rieduchiamo la sensibilità e il gusto della nostra gioventù; infondiamo in essa il disprezzo per l'artificio e la menzogna. Diffidiamo di coloro che ci appaiono troppo diversi, perché essi non sono i veri poeti, sono gl'illusi o i mistificatori. La vera poesia magicamente sa ritrovare, quando nasce, le antiche parole eterne, che i vati delle generazioni disperse si tramandarono attraverso i secoli.

Note[modifica]

  1. Saggio sull'Alfieri, nella Critica, XV (1917), pp. 309-17. [N.d.A.]

Bibliografia[modifica]

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