Daphne du Maurier

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Daphne du Maurier

Dame Daphne du Maurier, Lady Browning (1907 – 1989), scrittrice inglese.

I Parassiti[modifica]

Incipit[modifica]

Fu Charles che ci chiamò parassiti. Il modo del tutto inaspettato con cui lo fece ci colse completamente di sorpresa. Charles era uno di quegli uomini tranquilli e riservati che non parlano molto e non esprimono facilmente le loro opinioni se non sulle cose più comuni e quotidiane; perciò per quella sua uscita improvvisa, verso la fine del lungo e piovoso pomeriggio domenicale durante il quale non si era fatto altro che sfogliare giornali, sbadigliare e stiracchiarci davanti al fuoco, ci fece sobbalzare come un'esplosione.

Explicit[modifica]

E gli sembrava, mentre se ne stava lì seduto, solo in mezzo al mare, che anche il mare fosse calmo e confortante, come era stata Truda tanti anni prima. Il mare era un'altra Trude e nel suo grembo egli si sarebbe abbandonato quando fosse venuto il momento senza timore, senza angoscia.

Rebecca[modifica]

Incipit[modifica]

Stanotte ho sognato che tornavo a Manderley.

[Citato in Fruttero & Lucentini, Incipit, Mondadori, 1993]

Citazioni[modifica]

  • Da quando avevo bruciato quella pagina, spargendone i resti, era nata in me una nuova fiducia. Il passato non sarebbe esistito, per nessuno di noi, stavamo cominciando da capo, io e lui. Il passato era stato spazzato via come le ceneri nel cestino. Stavo per diventare la signora de Winter. Avrei vissuto a Manderley. [...] Forse, una volta che lei fosse partita, lui finalmente avrebbe detto di amarmi, di essere felice. Fino a ora non ce n'era stato il tempo e, in ogni caso, quelle cose non sono così semplici da esprimere, hanno bisogno del momento giusto. (cap. 6; pp. 63 sg.)
  • Volevo restare sola con Maxim e che tutto tornasse come quando eravamo in Italia. [...]
    «E mi sto comportando come Jasper, strofinandomi addosso a Maxim. Lui di tanto in tanto mi allunga una carezza, quando se ne ricorda, e io sono tutta compiaciuta, per un attimo gli vengo più vicina. Lui mi ama come io amo Jasper.» [Jasper è il cane] (cap. 9; p. 104)
  • Avrei voluto restare lì seduta, senza parlare, senza dover ascoltare gli altri, riponendo nel cassetto dell'eternità questo momento [...]. Maxim e io eravamo seduti qui, mano nella mano, il passato e il futuro non avevano alcuna importanza. La sicurezza stava in questo insignificante frammento di tempo, che lui non avrebbe mai ricordato. (cap. 9; p. 105)
  • Non avevo capito nulla e ora mi pareva davvero incredibile. Chissà quanta gente, al mondo, aveva sofferto e continuava a soffrire perché – come me – era incapace di liberarsi dalla propria ragnatela di timidezza e ritrosia e, in preda alla follia e alla cecità, riusciva a costruirsi un muro che impediva di intuire la verità. [...] Se avessi fatto un passo avanti, Maxim mi avrebbe raccontato queste cose già quattro, cinque mesi prima. (cap. 20; p. 279)

Explicit[modifica]

Non c'era la luna e il cielo sopra di noi era nero come inchiostro. Ma, all'orizzonte, era attraversato da lampi di porpora simili a schizzi di sangue. E il vento salmastro del mare ci soffiava la cenere in faccia.

Incipit di alcune opere[modifica]

A Venezia... un dicembre rosso shocking[modifica]

Gioia Zannino Angiolillo[modifica]

«Non guardare adesso,» disse John alla moglie «ma ci sono due vecchie un paio di tavoli più in là che stanno cercando di ipnotizzarmi.»
Laura, subito pronta ad afferrare la battuta, ostentò accuratamente di sbadigliare, poi piegò la testa come per scrutare il cielo in cerca di un aereo.
«Proprio dietro di te» aggiunse il marito. «Per questo non puoi voltarti subito... si noterebbe troppo.»
Laura ricorse al trucco più vecchio che esista, quello di far cadere il tovagliolo, poi si chinò cercandolo a tentoni ai suoi piedi, e scoccò un'occhiata da sopra la spalla sinistra mentre si tirava di nuovo su. Tirò in dentro le guance, primo segno rivelatore di una crisi isterica repressa.
[Daphne Du Maurier, A Venezia... un dicembre rosso shocking – (Non guardare adesso – edizione Rizzoli 1972) – (Not After Midnight) traduzione di Gioia Zannino Angiolillo, BUR 1980.]

Maria Teresa Marenco[modifica]

«Non guardare adesso» disse John alla moglie, «ma dietro di noi, un paio di tavoli più in là, ci sono due vegliarde che stanno cercando di ipnotizzarmi.»
Laura, reagendo immediatamente, finse di sbadigliare con gesti studiati, poi inclinò il capo come a scrutare il cielo alla ricerca di un aereo inesistente.
[Daphne Du Maurier, Non guardare adesso (Don't Look Now), traduzione di Maria Teresa Marenco, da Incontri coi fantaspiriti di Fruttero e Lucentini, Omnibus, Arnoldo Mondadori Editore, 1978.]

Gli uccelli[modifica]

Il tre di dicembre durante la notte il vento cambiò e fu inverno. Fino a quel giorno l'autunno era stato mite, dolcissimo. Sugli alberi c'erano ancora le foglie, di un rosso dorato, le siepi erano ancora verdi. Dove l'aratro l'aveva rivoltata, la terra era ricca.
Nat Hocken, a causa di un'invalidità contratta in guerra, godeva di una pensione e non lavorava a pieno tempo alla fattoria. Solo tre giorni alla settimana, e con incarichi poco gravosi: potare le siepi, coprire di paglia i tetti, eseguire riparazioni agli edifici della fattoria.

Il calice di Vandea[modifica]

La regina d'Ungheria
«Se sposi un vetraio» Pierre Labbé avvertì mia madre, sua figlia Magdlaine, nel 1747 «dirai addio a tutto quel che hai conosciuto e amato fin qui per entrare in uno degli ambienti più chiusi che ci siano.»
Mia madre aveva allora ventidue anni e il suo promesso sposo, Mathurin Bosson, mastro vetraio del vicino villaggio di Chenu, di quattro anni più vecchio di lei, era stato, dall'infanzia, il suo innamorato. Non avevano avuto occhi che per guardarsi fin dal giorno che s'erano conosciuti. Mio padre, figlio di un mercante del vetro, morto quando lui era ancora ragazzo, aveva fatto l'apprendistato insieme al fratello Michel presso la vetreria di La Brûlonnerie nel Vendòme, tra Busloup e Ville-aux-Clercs. I due fratelli avevano un promettente avvenire e mio padre, Mathurin, ben presto era diventato mastro vetraio lavorando direttamente alle dipendenze di Robert Brossard, il proprietario, che apparteneva a una delle quattro maggiori famiglie di vetrai francesi.

La casa sull'estuario[modifica]

Le prime cose che notai furono l'aria cristallina e il verde netto della campagna, senza mezze tinte o sfumature morbide. Invece di fondersi col cielo, le colline lontane si stagliavano come rocce, così vicine da poterle quasi toccare, dandomi quel senso di sorpresa e meraviglia che prova un bambino guardando per la prima volta in un telescopio. Anche più da vicino tutto aveva la stessa durezza quasi metallica; l'erba si divideva in singoli steli scaturendo da un suolo più giovane e aspro di quello che conoscevo.

Marea di settembre[modifica]

LE PERSONE
Stella Martyn – Cherry – Evan Bavies – Jimmy – Roberto Nanson – La signora Tucket
Il primo atto si svolge nella stanza di soggiorno: sono le sei pomeridiane di un giorno d'estate. Il secondo atto ha due quadri: il primo è lo studio, circa due mesi dopo, di pomeriggio; il secondo quadro si svolge nello stesso ambiente, la sera del medesimo giorno. Anche il terzo atto ha due quadri: il primo è la stanza di soggiorno, e siamo al mattino dopo; il secondo è conseguente: stesso ambiente, poche ore dopo.
La casa di Stella in un estuario della Cornovaglia. L'azione si svolge nella stanza di soggiorno della casa e nello studio. [...]
ATTO PRIMO
(Dall'anticamera entra la signora Tucket. È grassottella, con un seno abbondante, capelli non troppo ben pettinati, espressione gaia. Grembiule da cucina; porta un cesto con pezzi di legno e canticchia a mezza voce. Mette la legna vicino al fuoco, poi va alla credenza a prendere un vassoio e dei bicchieri. Raddrizza le reti che sono un po' a sghimbescio, poi esce nuovamente da sinistra. In questo momento, dall'imbarcatoio qualcuno fischia e chiama «Stella». Un uomo, guarda attraverso l'apertura a sbarre. È Roberto Nanson, l'amico di famiglia. È sulla cinquantina ma dimostra di più. Può avere i capelli grigi oppure un'incipiente calvizie. Uno di quegli uomini che sono preziosi nei momenti difficili. Buono, premuroso e fedele; gli manca alquanto il senso dell'umorismo, non è affatto brillante, ma tanto caro e simpatico)

Mia cugina Rachele[modifica]

Una volta gli assassini venivano impiccati a Four Turnings. Ora non più. Ora un assassino paga il fio del suo delitto a Bodmin, dopo aver subito il suo bravo processo alle Assise. Vale a dire che, se la legge lo dichiara colpevole, è la sua coscienza per prima a ucciderlo. Meglio così. È come un'operazione chirurgica. E il corpo, benché venga sepolto nella fossa comune, ha un funerale, modesto. Quando ero ragazzo le cose andavano diversamente. Ricordo di aver visto un impiccato all'incrocio delle quattro strade. Aveva tutto il corpo spalmato di catrame perché si conservasse. Rimase appeso così per cinque settimane, e alla quarta lo vidi. Penzolava dalla forca tra terra e cielo o, per usare un'espressione di mio cugino Ambrose, tra Paradiso e Inferno. Mio cugino lo punzecchiò col bastone. Mi pare ancora di vederlo oscillare, come uno spaventapasseri appeso a un palo. La pioggia aveva fatto marcire i suoi calzoni e sfilacciature di stoffa gli pendevano alle gambe, gonfie come fossero di carta inzuppate.

Bibliografia[modifica]

  • Daphne Du Maurier, A Venezia... un dicembre rosso shocking – (Non guardare adesso – edizione Rizzoli 1972) – (Not After Midnight) traduzione di Gioia Zannino Angiolillo, BUR 1980.
  • Daphne du Maurier, Gli uccelli, traduzione di Graziella Cillario, in "Alfred Hitchcock presenta I maghi del brivido", Amica, 1990.
  • Daphne Du Maurier, I Parassiti (Parasites), traduzione di Luciano Mercatali, Medusa, Arnoldo Mondadori Editore, 1957.
  • Daphne Du Maurier, Il calice di Vandea (The Glass-Blowers), traduzione di Luigi Margoli, Oscar Mondadori, 1976.
  • Daphne Du Maurier, La casa sull'estuario, traduzione di Maria Napolitano Martone, Biblioteca universale Rizzoli, 1979.
  • Daphne Du Maurier, Marea di settembre, traduzione di Ada Salvatore, da IL DRAMMA di Lucio Ridenti, 27° Anno, n. 143, 1951.
  • Daphne Du Maurier, Mia cugina Rachele (My cousin Rachel), traduzione di Ida e Luciano Mercatali, Oscar 43, Arnoldo Mondadori Editore, 1966.
  • Daphne Du Maurier, Non guardare adesso (Don't Look Now}, traduzione di Maria Teresa Marenco, da Incontri coi fantaspiriti di Fruttero e Lucentini, Omnibus, Arnoldo Mondadori Editore, 1978.
  • Daphne Du Maurier, Rebecca la prima moglie (1938), traduzione di Marina Morpurgo, il Saggiatore, 2008. ISBN9788856500035

Filmografia[modifica]

Altri progetti[modifica]