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Francesco Rosi

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Francesco Rosi

Francesco Rosi (1922 – 2015), regista e sceneggiatore italiano.

Citazioni di Francesco Rosi

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  • La litigiosità rientra nell'umore della nostra gente. C'è nell'aria una provocazione continua. Sono in troppi a essere creativi, in quella cinta daziaria. Napoli è sterminata. Ma lo spazio per convivervi tutti in pace risulta sempre troppo stretto. (citato in Nello Ajello I duellanti di Napoli, in La Repubblica.it, Archivio, del 21 maggio 1994)
  • [Sulla Basilicata] La terra della quale mi innamorai da girarci tre film. (citato in Tonino Guerra, La valle del kamasutra, Milano, Bompiani, 2010)
  • Mario Monicelli non solo ha una cultura vastissima, ma se la ricorda pure. (in occasione della festa organizzata per il novantesimo compleanno del regista)  fonte secondaria? fonte secondaria?

Lezioni di cinema

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  • Ho lavorato con un buon numero di attori famosi [...] E credo di averli sempre aiutati perché li ho sempre amati. Se non amo l'attore che scelgo non è possibile per me realizzare un film. (pp. 26-27)
  • Questi attori, giovani e vecchi, li ho amati enormemente, ma ho tuttavia sempre stabilito con loro un rapporto conflittuale. Con l'attore c'è sempre un conflitto, necessario e produttivo. È solo allora che il lavoro del regista con l'attore diventa esaltante. È un lavoro molto duro, certe volte di una crudeltà fisica e mentale sfiancante. Come se si trattasse di impadronirsi, per qualche istante, di ogni possibilità di reazione da parte degli altri. (p. 27)
  • Perché sono un regista? Perché voglio più di ogni altra cosa realizzare film? È un bisogno? Una necessità finanziaria? Un piacere? Tutte queste cose insieme. È una necessità finanziaria. È un piacere. E, di quando in quando, non è affatto un piacere! Ma è soprattutto un'esigenza che ho sentito abbastanza presto: è quello che ho sognato di fare da quando avevo quattordici anni. Ho sempre sognato di fare il regista. [...] Con il succedersi dei miei film, mi sono reso conto che, effettivamente, il cinema si era impadronito completamente della mia esistenza. Penso che non si può essere un creatore se non si è completamente posseduti da qualcosa. (p. 27)
  • L'arte si accompagna sempre a una sofferenza. È un tormento e nello stesso tempo una gioia. Si passa, molto velocemente e intensamente, da momenti di gioia ed esaltazione a momenti di depressione e di dubbio, continuamente. Non si è mai sicuri di aver raggiunto la verità di quello che si voleva dire, mai certi di essere capaci di assumersi la responsabilità del legame fra sé e gli altri. Non si può essere solitari. La creazione in origine è certamente un atto solitario, ma l'oggetto della creazione appartiene a tutti, è un oggetto sociale. Essere creatore deriva da questa esigenza: ci si rende conto di avere una responsabilità nei confronti di tutti, e occorre assumersela completamente, malgrado i dubbi e le sofferenze. (pp. 27-28)

I film di Francesco Rosi

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  • Una cosa è sicura. Non credo ai registi che dicono: "Io invento tutto sul set". La notte prima di girare una scena dormo poco. E mi sveglio di continuo. Mi capita di pensare che, no, la macchina da presa non può essere collocata lì. La devo mettere da un'altra parte perché... Ecco, quando arrivo in un posto per girare, ho già scelto come raccontare la scena. Posso, adesso, misurarmi senza timori con le cose. (da Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi), p. 22)
  • In ogni sceneggiatura lascio uno spazio al personaggio. Lo andrò riempiendo, in seguito, con l'esperienza che sarò venuto facendomi sulla materia affrontata nel film e grazie all'apporto che l'attore finirà per darmi. (da Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi), p. 26)
  • Scelsi per il ruolo della madre di Giuliano, una contadina il cui figlio era finito male. Lo sapevo: ma, qualche volta, un cineasta che vuole dare l'impressione del vissuto è spinto a essere crudele... L'ho portata, quasi spinta, dentro l'obitorio. Era la prima volta che ci entravamo. La luce era quasi inesistente. Nella penombra si muovevano a fatica, oltre al fonico, Di Venanzo e Pasqualino De Santis. La donna doveva fingere di essere una madre che vede il cadavere del figlio. Lo fece con forte emozione e, insieme, con perizia da attrice di professione. La ripresi con l'obiettivo 75 che avvicina molto il personaggio ma, di continuo, rischia di perderlo dal quadro. Non potevo, naturalmnete, chiederle di andare ai segni. Le dissi di seguire, con la coda dell'occhio, i movimenti della mia mano. L'avrei guidata, e ai miei gesti lei doveva andare avanti, rallentare, tirarsi un poco indietro. La donna si scioglieva in lacrime, viveva il dolore di una madre che ha perso il figlio e, intanto, seguiva alla perfezione le mie indicazioni finché, quando glielo indicavo, si arrestava d'improvviso. Furono tre riprese, tutte istinto e controllo. Una pausa e, poi, un pianto raccapricciante. Fuori dall'obitorio, nel frattempo era arrivato un funerale. Piangevano dentro e fuori, qui per finta e là per davvero. Questo, anche questo ahimè, è il cinematografo. (da Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi), p. 27)
  • Un film incide in maniera limitata sulle situazioni reali. Ma qualcosa lascia nelle coscienze. Ne sono del tutto convinto; e, pur senza farci illusioni, senza mitizzare il nostro mestiere, sono della medesima opinione gli autori che si dedicano a un cinema "partecipante" se non proprio "militante" (e in tale categoria metto Prova d'orchestra di Fellini). Abbiamo contribuito, con le nostre riflessioni, analisi, descrizioni di comportamenti, alla politica del paese. I governanti italiani, proprio per questo, non hanno mai amato veramente il nostro cinema e, di fatto, si sono rifiutati di aiutarlo. Eppure, esso è stato fra le poche cose valide che abbiamo esportato. Certo, un film non avrà mai le possibilità che sono proprie di altri meccanismi di persuasione. Ma esprime, se non altro, una volontà di intervenire in cose che ci riguardano da vicino. La politica la devono fare solo i politici di professione, forse? No; la dobbiamo fare tutti e spesso i cineasti, come gli scrittori, sono riusciti a precedere i politici. (da Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi), p. 29)
  • Ho lavorato sempre bene con Volonté. Mi ha molto convinto in alcuni film, Lucky Luciano e Cristo si è fermato a Eboli. Ma anche in altri, Il caso Mattei per esempio, ha movimenti stupefacenti che confermano la sua ricchezza di mezzi espressivi, la sua profondità di attore. (da Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi), p. 33)
  • Se un film propone valori universali, è impossibile non sia capito dovunque anche se si svolge in un microcosmo e si serve di una lingua di modesta diffusione (se, poi, è parlato in inglese o in spagnolo non avrà quasi difficoltà a imporre il suo discorso...). Deve possedere, naturalmente, dei connotati precisi (validità della storia e dei personaggi, guida profonda degli attori ecc.) che corrispondano all'autenticità dei motivi di fondo. (da Il mestiere del narratore (conversazione con Francesco Rosi), p. 35)

Citazioni su Francesco Rosi

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  • Come Franchino [Franco Zeffirelli], deve tutto alla scuola di Visconti il quale, maestro inflessibile, gli ha fatto proprio sputare sangue. (Suso Cecchi D'Amico)
  • «Salvatore Giuliano» è il capolavoro di un grande regista che anziché limitarsi a rappresentarla è riuscito a trasferire sullo schermo una verità non solo cronachistica o giudiziaria. Il momento alto fu la ricostruzione della strage di Portella, nei luoghi veri e con gli autentici abitanti dei paesi coinvolti come in uno psicodramma. Solo il cinema permette di fare esperienze di questo genere. (Tullio Kezich)

Bibliografia

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  • Gilles Jacob et al., Lezioni di cinema, traduzione di Rosa Pavone, Milano, Editrice Il Castoro, 2007. ISBN 9788880334286
  • Francesco Bolzoni, I film di Francesco Rosi, collana "Effetto Cinema", 13, Roma, Gremese Editore, 1986. ISBN 8876052410

Filmografia

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Altri progetti

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