Ida Baccini

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Ida Baccini (1850 – 1911), maestra e scrittrice italiana.

Ida Baccini
Ida Baccini

Citazioni di Ida Baccini[modifica]

  • Nei primi tempi della mia vita letteraria ero convinta che una sola fosse la missione della donna; la cura della casa, ed un solo il suo dovere: di adempiere agli uffici di moglie e di madre. Fedele a questo programma non ho esitato un momento a colpire con le frecce di una satira beffarda chiunque si discostasse con l'opera e col pensiero da questo ideale, e a combattere per lunghi anni le teorie femministe. Dopo, a poco a poco, e non per suggestione, ma per convinzione sincera la luce si è fatta nel mio pensiero; ho assolutamente rinnegato i miei principii conservatori e sono diventata quello che si dice una femminista militante, almeno nel senso di chi vuol lasciata una assoluta libertà d'azione alla donna, e crede i suoi diritti e i suoi doveri, nel vasto campo della morale, assolutamente eguali a quelli dell'uomo. E ciò che mi ha portato a correggere e a modificare radicalmente le mie idee antiquate su questo argomento, sono stati i fatti, i fatti eloquenti, indiscutibili che hanno provato di quanto possa essere capace una donna forte, buona, intelligente, scevra da ogni pregiudizio.[1]

Lezioni e racconti per i bambini[modifica]

Gli uccelli[modifica]

Incipit[modifica]

Stamattina una mia cara amica ha voluto regalarmi questo grazioso uccelletto. Guardatelo: è un canarino. Ha le penne gialle, il becco e le gambettine color di rosa pallido; ha gli occhi neri, vispi, brillanti come due margherite. Ora non canta, perché non ne ha voglia o forse perché la vista di luoghi nuovi e di persone sconosciute lo intimidisce. Ma quando si sarà addomesticato con noi, allora sentirete. Altro che trilli e gorgheggi di un cantante! Vi parrà impossibile che da un corpicino così piccolo possa uscire tant'onda di melodia.

Citazioni[modifica]

  • Tutti voi conoscete certamente i piccioni, non è vero? E saprete forse che in tempi molto lontani dai nostri, si metteva a profitto la loro rapidità nel volo, per inviare messaggi, lettere, notizie da un paese all'altro. Ebbene: uno di questi messaggeri fa in un solo giorno più cammino di quello che possa farne un uomo in sei giorni.
  • Quando sarai più grandino, ti parleremo diffusamente di altri uccelli acquatici, fra i quali primeggia la Fregata, che ha un'apertura d'ali di circa tre metri. Vivono nei mari dei paesi caldissimi e stanno lontane perfino due o trecento leghe dalla terra. Quando scoppia una burrasca, s'innalzano molto al disopra della regione degli uragani, e aspettano, in quelle sfere altissime, che l'aria sia nuovamente tranquilla.
  • Osservate ora quest'altro uccello dal becco lungo, diritto e aguzzo; è una Cicogna; ha quasi un metro e venti centimetri di altezza e grandi ali robuste, le cui piume bianche hanno una specie d'orlatura nera. In generale queste bestie scelgono, per fabbricarsi il nido, luoghi più elevati: e siccome sono di natura molto socievole, così è frequente il caso di vederle stabilite, coi loro nati, sulla cima dei campanili e di altri edifizi. Dotata di un'indole dolcissima, non è da maravigliarsi se la cicogna si affeziona all'uomo, al quale reca d'altra parte molti servigi, col parecchi animali nocivi all'agricoltura. E l'uomo la ricompensa dei suoi servigi, accordandole in ogni tempo aiuto e protezione.
  • Ecco un altro uccello, alto più d'un metro e mezzo, e dall'aspetto nobile e grazioso. Ha le piume del groppone mollemente ondeggianti e di un bel colore piombo cenere. È una gru. Questi animali, tenuti in grandissimo conto dagli antichi, i quali attribuivano loro virtù speciali, vivono nelle grandi pianure, interrotte da paludi e da frequenti corsi.
  • Osservate ora lo struzzo, il voracissimo struzzo, che è l'uccello più grosso che si conosca. È alto più di tre metri e pesa perfino cinquanta chilogrammi. Eppoi dovete pensare che un solo uovo di struzzo equivale a venticinque uova di gallina. Scusate se è poco! Le piume di quest'uccello sono molto accreditate presso le signore, che ne guarniscono cappelli e ventagli. Lo struzzo, per la sua straordinaria robustezza reca molti servigi all'uomo, il quale se ne serve frequentemente per cavalcatura.
  • [Sul colibrì] L'uccello mosca! Ma è egli possibile immaginare, nel suo genere, una creaturina più leggiadra e più di questa perfetta, nella sua prodigiosa piccolezza? Chi, se non un Divino Artefice, avrebbe potuto cospargere di tante fulgide gemme quei corpicciuoli delicati, che brillano nell'azzurro o si nascondono nel calice d'una rosa? E come se ne tengono della loro bellezza, i gentili animaletti! Si lisciano sempre le piume col becco e cercano di conservarne intatto lo splendore.
  • Ma eccoci alla regina di tutti gli uccelli, alla terribile e maestosa aquila, i cui occhi, dicesi, sostengono, senza restarne abbagliati, lo splendore del sole. Dotata di una prodigiosa forza muscolare può lottare contro i più fieri uragani e varcare intere catene di monti con un camoscio o una pecora tra gli artigli. L'aquila costruisce il nido nelle fratture di roccie inaccessibili, sul margine dei precipizi, in tutti quei luoghi, insomma, che l'istinto le suggerisce più acconci alla sicurezza dei suoi piccini. Voracissima e crudele, essa non ha sdegnato neppure le vittime umane e spesso qualche innocente bambino è divenuto sua preda.

Incipit[modifica]

Una donnina[modifica]

L'Eduvige era una bambina proprio sgomenta. Volere un gran bene alla mamma e vedersela là, in un fondo di letto, con una tossaccia ostinata che non le dava pace né giorno né notte, era una gran passione. Almeno avesse potuto prestarsi in qualche cosa e aiutare il babbo, pazienza! Ma di che cosa può esser ella capace una bambinuccia di otto o nov'anni?

Il bove[modifica]

Attilio sta per finire sei anni, e a vederlo tutto assennato e composto, gli se ne darebbe anche dieci. Ha quasi l'aria di un omino. La sua passione, quando ha finito di far le cose di scuola, è di guardare i libri colle figure. A volte la mamma gli presta un librone grosso grosso, dove ci sono disegnate tutte le bestie, tutte le piante e tutte le pietre che si trovano sulla terra. Il babbo dice che quel librone è intitolato «Storia Naturale», ma il bambino non si confonde coi titoli, e passa delle ore a guardare ora un bell'uccello dalla coda lunga lunga, ora qualche albero dalle foglie gigantesche, ora certe pietre dalle forme curiose, che sporgono dall'interno d'una grotta o rotolano dal vertice d'un monte scosceso.

Un regalo[modifica]

— Fra otto giorni è la festa di Manfredo, diceva l'Ida alla sua mamma. Non so proprio che cosa dargli: vedi, mamma, tu dovresti comprarmi qualche bel gingillino di suo gusto: così mi farei onore e lo contenterei.
In questo caso, figliuola mia, il regalo lo farei io e non tu.

I sassi[modifica]

Si baloccavano tutti e due: Carlo raccattava i sassolini e Dario li distribuiva in piccoli quadrati, in archi, in tondi, in angoli. La mamma, seduta sulla panchina accanto, lavorava, e di quando in quando dava un'occhiata ai suoi figliuoletti.

Il fratellino dell'Enrichetta[modifica]

L'Enrichetta si era levata quella mattina sul far del giorno, per andare a cogliere qualche viola nel giardino, e farne un mazzolino alla mamma. Mentre stava per scender la scala, il babbo la fermò sorridendo, la prese in collo e le disse:
— Buon giorno, Enrichettina, spicciati a venir con me dalla mamma, ti vogliamo far vedere una cosa che ti riempirà di contentezza.

Lascialo ridere![modifica]

La signora Giulia si voltò indietro più volte: e quando giunse alla cantonata, fece colla mano un ultimo segno d'addio e sparì.
Alessio e Pietrino si ritirarono dalla finestra proprio di malincuore; pareva a loro, finché fossero rimasti lì, di non esser poi tanto lontani dalla mamma e di doverla rivedere da un momento all'altro. Ma bisognava esser ragionevoli, lo avevano promesso e per un bambino a modo le promesse sono sacre.

Per un chicco di grano[modifica]

La mamma prese Lello sulle ginocchia e si mise a guardare i campi a traverso i vetri della finestra. Era un tempaccio triste, noioso, buzzone: un vero tempo d'autunno. Sugli alberi non c'era rimasta che qualche foglia ingiallita, che penzolava dal ramo; i lieti canti degli uccellini erano cessati, e già sulle lontane alture di S. Francesco e di Vallombrosa biancheggiava la neve.

Turco e Sparalampi[modifica]

Era una gran passione con quella benedetta bambina dell'Ersilia: l'acqua ghiaccia le faceva paura: il sole le dava il dolor di capo, il vento le produceva le scoppiature sulla pelle, i vestiti di lana la bucavano, quelli di tela le agghiacciavano il sudore, quelli di cotone le si appiccicavano alle spalle.

I Pesci[modifica]

Bambini, disse la signora Lucia ai suoi tre figliuoletti, il babbo vuole offrirvi un divertimento a vostra scelta per domani, che è domenica. Siete stati buoni durante tutta la settimana, avete fatto con diligenza le vostre lezioni e vi siete meritati dei bei voti sui registri scolastici. È dunque giusto che raccogliate il frutto del lavoro e della buona condotta. Che cosa volete fare domani?

Primi freddi[modifica]

Ecco quel che mi raccontò la povera Luisa:
— Quel giorno mi tornò da scuola col visino spaurito e le mani paonazze. Gli domandai se gli faceva freddo e se strada facendo aveva sentito il bisogno d'un vestito più grave. «Ti pare? mi rispose. Siamo ancora in ottobre e se mi rinfagotto ora, che farò questo gennaio? Eppoi senti, sono caldo.»

Fuoco e Fiammiferi (novella)[modifica]

Si deve cominciar proprio col «c'era una volta?» Perché no, quando quelle parole magiche evocano tutto un mondo di fate, di maghi, di belle regine, di castelli incantati e di uccelli dal canto melodioso? Oh le novelle! Le novelle che ci raccontava la nonna nelle lunghe serate d'inverno, quando le legna scoppiettavano nel cammino, e di fuori muggiva il tramontano, ditemi, chi le ha dimenticate? Io no certo. A me le raccontava invece la mamma, la buona mamma mia, che ora è morta. Sedevo su un panchettino di legno, ai suoi piedi, puntavo i gomiti sulle sue ginocchia e con la faccia appoggiata tra le mani, stavo a sentire. E m'intenerivo sui casi di Berlinda, fremevo alle tirannie di Barbablù, applaudivo all'animo gentile delle fate pietose, che spianavano la schiena ai bambini gobbi e rendevano la salute e la gioventù alle buone vecchine.

Il primo lavoro della Gemma[modifica]

La Gemma aveva messo da parte nientemeno che settantacinque centesimi; e con settantacinque centesimi si possono fare dimolte cose: si può comprare una bambola quasi vestita, un anellino quasi d'oro, un vezzo di perle quasi buone, o se no, un mezzo chilogrammo di biscottini.

La carta[modifica]

Giorni sono, sul finir della scuola, mi avvidi, che l'Ernestina aveva gli occhi rossi: gli occhi rossi, in una bambina, sono sempre indizi di pianto recente. Che cosa aveva avuto l'Ernestina? Chi aveva potuto farla piangere? Era d'un carattere così quieto, d'un fare così dolce, che nessuna delle sue compagne si sarebbe sentita il coraggio di molestarla. Dunque? Dunque... ve lo devo dire? la povera bambina era gelosa, era gelosa delle carezze che io faceva alla sua piccola amica Argene: e un giorno la udii lagnarsi in questi termini: «- Pare impossibile che la signora maestra, che è sempre così buona e imparziale, faccia tante carezze all'Argene; non dico che quella bambina sia cattiva: tutt'altro; ha anzi buon cuore, ingegno aperto, umore sempre allegro: ma non le si può stare accanto, tanto è vivace, turbolenta e chiacchierina. Chiacchierina poi!... Non è contenta fino a che non ha saputo il perché di tutte le cose, e perfino quando legge s'interromperà cento volte per fare ora una domanda, ora un'altra. Ma a me, invece, che sto sempre zitta, che non mi muovo, che non alzo i miei occhi dal libro o dal lavoro, la signora maestra non pensa mai: e tutti i complimenti e le lodi sono per l'Argene!»

Note[modifica]

  1. Da La mia vita. Ricordi autobiografici, cap. XXXIV, Seconda giovinezza, Società editrice Dante Alighieri, Roma, 1904, p. 286.

Bibliografia[modifica]

  • Ida Baccini, Lezioni e racconti per i bambini, Edizioni Trevisini, Milano, 1882.

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