Dino Provenzal
Dino Provenzal (1877 – 1972), scrittore e saggista italiano.
Citazioni di Dino Provenzal
[modifica]- Eustachio Manfredi già aveva fatto parlar bene di sé. Quest'uomo d'ingegno precocissimo, che a quanto dice G. P. Zanotti a tre anni sapeva leggere, ad otto riceveva la comunione, a diciassette si laureava con universal plauso in ambe le leggi, era già da qualche anno stato nominato lettore all'Università. L'attività di questo personaggio era stata nella prima gioventù veramente instancabile. Già avemmo occasione di accennare alla fondazione dell'Accademia degli Inquieti. Questa fondazione cade in quel tempo in cui il Manfredi, studente privo di fortune e bramoso di scienza, riuniva gli amici nella sua casa, ov'era una collezione faticosamente formata di lenti per lo studio dell'ottica, di pezzi anatomici per lo studio del corpo umano, di libri, di strumenti d'ogni genere.
[Dino Provenzal, I riformatori della bella letteratura italiana, Licinio Cappelli editore, Rocca S. Casciano, 1900, pp. 16-17]
- Non ottenne però [Eustachio Manfredi] d'addottorarsi appena finiti gli studii, perché troppo giovane ancora: conseguita a diciassette anni la laurea in legge, la sua inquieta passione di studiare lo fece volgere all'astronomia, scienza in cui fu superato da pochi fra i suoi contemporanei. All'astronomia dedicò tutto sé stesso e si noti che quella scienza era ancora avvolta nei pregiudizii che la voce libera di Galileo non avea potuto frugare del tutto.
[Dino Provenzal, I riformatori della bella letteratura italiana, Licinio Cappelli editore, Rocca S. Casciano, 1900, p. 17]
Echi di Grecia e di Roma
[modifica]- Le ondine
Per dimostrare le affinità tra i miti delle più lontane nazioni, avviciniamo alle Sirene le Ondine. Queste ultime, anch'esse divinità marine, figlie di Nikar, il Nettuno scandinavo, si trovano nel Baltico e in tutti i mari del Nord. Bellissime, occhi azzurri e capelli d'oro, adescano i marinai e li uccidono o li fanno schiavi.
La più celebre è Loreley la quale seduta su un alto scoglio, avvista la preda. Ispirò poeti e musicisti: citiamo una poesia di Enrico Heine e la famosa opera musicale Loreley di Alfredo Catalani. - Il latino, lingua parlata
Il prof. Guido Baccelli (1832-1916), medico e uomo politico, usava spesso la lingua latina, perché (diceva), essendo egli romano doveva parlare nella lingua dell'Urbe. Tommaso Tittoni, suo collega al Senato, ricordava che se Baccelli difendeva gli interessi dell'agricoltura esclamava: Omnium rerum ex quibus aliquid acquiritur nihil est agricultura melius. Se proclamava la bonifica delle paludi pontine, apostrofava i colleghi col: Siccentur pomptinae paludes tamtunque agri reddatur Italiae. Propugnava la piccola proprietà col Latifundia Italian perdidere; e riassumeva il suo programma nel riunire res olim dissociabiles, principatum ac libertatem.
Era una posa, certo, ma una posa simpatica. Di lui dicevano scherzando: «Cura i suoi pazienti in latino e li manda all'altro mondo in italiano».
[Dino Provenzal, Echi di Grecia e di Roma, Historia, Cino del Duca, luglio 1968 n. 168]
Il letto
[modifica]Le frasi sciocche spesso hanno grande fortuna. Questa, per esempio, che abbiamo sentito migliaia di volte: «Hanno fatto il monumento a tanti e nessuno ha pensato a quello che ha inventato il letto».
Citazioni
[modifica]- Qualche proverbio. «Il caldo del letto non fa bollire la pentola» (affine a «Chi dorme non piglia pesci». Non ricchezza, per i poltroni; e meno che mai gloria.
- Dante ammonisce che «seggendo in piuma in fama non si vien né sotto coltre».
- Certi proverbi si riferiscono all'azione curativa del letto: «Il letto è una medicina». «Il letto è una rosa; se non si dorme si riposa». «Braccio al collo e gamba a letto».
- Notevole il proverbio «Chi canta a tavola e a letto è un matto perfetto», perché accomuna il letto e la tavola, ossia due elementi di consorzio.
- Ai collezionisti di spropositi il letto ne fornisce almeno tre: letto a due piazze, mentre in buon italiano si dice a due posti (meglio «con due posti»; tenere il letto invece che «rimanere a letto»: e l'orrendo guardare il letto per «essere costretto a restare a letto».
L'espressione figlio di primo (o del secondo) letto sarà ottima per il linguaggio giuridico, ma nel parlare comune è, per il suo crudo realismo, fastidiosa: meglio dire «figlio del primo (o del secondo) matrimonio»
[Dino Provenzal, Il letto, Scuola Italiana Moderna, n. 11, gennaio 1961, Società Editrice «La Scuola», Brescia]
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