Janus Pannonius
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Janus Pannonius, nome umanistico di János Csezmiczei (1434 –1472), vescovo cattolico, poeta e umanista ungherese.
Citazioni di Janus Pannonius
[modifica]- E che ci fai tu, o Prisca, con un marito zoppo? | Meravigliosamente, mi risponde Prisca, ci fotto. (A Prisca[1])
- Quid tibi cum claudo, dicebam, Prisca, marito? | Optimus est claudus, Prisca, fututor, ait. (In Priscam[2])
- Mentre, adultero, squassi i letti altrui, | tu risparmi, Severo, tua moglie. | Trabocca di Falerno la cantina | e tu bevi vino Eduo alla taverna.[3]
- Dum quasses aliena fulcra moechus, | uxori propriae, Severe, parcis. | Sic, cui cellula rumpitur Falerno, | Vicina bibit Hodus e taberna.[4]
- [Dal proprio epitaffio] Qui giace Giano che per primo condusse dall'Elicona al Danubio le Muse. Siccome nella tomba non c'è posto per l'invidia, Livore, concedi al sepolto almeno quest'ultimo titolo di gloria.[5]
- Hic situs est Janus, patrium qui primus ad Histrum, | duxit laurigeras, ex Helicone Deas. | Hunc saltem titulum, Livor, permitte sepulto, | invidiae non est in monumenta locus.[5][6]
Citazioni su Janus Pannonius
[modifica]- [sul Panegirico a Giacomo Antonio Marcello] Nel 1454 si tramutava a Padova a studiare diritto canonico quattro anni, e ne riportò i gradi accademici. Nel soggiorno veneto dee aver composto il panegirico a Giacomo Antonio Marcello, patrizio e provveditore nella guerra sostenuta dalla Repubblica con Filippo Maria Visconti (esam. 2870, distici 20): ne' quali versi è notevole la facilità del descrivere i particolari minuti e sottili delle marcie e i grandi e nuovi delle flotte trasportate su per i monti da un lago all'altro. (Giosuè Carducci)
- Sette anni fu alla scuola e al convitto del Guarino; e vi formò lo stile e il costume, quello caldo e abbondante, questo cordiale e sciolto. Ne fan testimonianza gli epigrammi (410, in due libri), per grandissima parte di argomento e sentimento italiani, scritti i più nella gioventù prima; la cui licenza, se bene sia da riferire al genere e al modello [...] e sia da credere che Giano ostenti in gara con lui sporcizia e villania, pure ci appar di soverchio candida la fede e l'attestazione di Vespasiano, per quanto s'intendeva de' suoi costumi, esser fama che Giovanni fosse vergine. (Giosuè Carducci)
- Era di maraviglioso ingegno, e attissimo alla prosa e al verso, ma al verso aveva grandissima facilità. Era fama della sua virtù non solo in quello Istudio di [Guarino Veronese], ma per tutta l'Italia non si diceva altro che di questo giovane. Sogliono i più di questi oltramontani avere poco ingegno; costui superava non solo gli oltramontani, ma non era Italiano che s'accostasse al suo ingegno. Non era la sua complessione se non in spirito, in tutto alieno dalla materia. A vederlo pareva le delizie del mondo, tanta grazia aveva con ognuno, e pe' sua modi e pe' sua costumi! Ogni dì cresceva più la sua riputazione.
- Cosimo mi disse avere assai caro d'avergli parlato perché gli pareva così savio giovane e prudente, quanto ognuno oltramontano gli avesse parlato ne' sua dì, e nel quale conosceva molte degne condizioni; e che per cosa veruna non avrebbe voluto non averlo a conoscere. E di poi mi disse che io gli offerissi ogni cosa che si potesse fare per lui, ch'egli la farebbe di buonissima voglia; istava stupefatto delle degne condizioni di questo giovane.
- [Janus Pannonius tornato in Ungheria dopo gli anni di soggiorno in Italia si confida con V. da Bisticci[7]] Giunto di là, e veduto i costumi di quelle genti, gli parvero molto strani, rispetto a quegli d'Italia, dov'egli s'era allevato. Benché gli fusse fatto tanto onore e dal re e dall'arcivescovo e da tutti quegli signori quanto fu possibile, e non vi poteva istare in maggiore riputazione che vi stava, non vi si poteva pegio contentare che faceva, secondo che io intesi da lui; e massime avendo l'animo e l'ingegno pellegrino quanto dire si potesse.
Note
[modifica]- ↑ In Andrea Csillaghy, Sotto la maschera santa, Antologia storica della poesia ungherese, Cooperativa Libraria Universitaria Friulana, Udine-Firenze, 1991, p. 51.
- ↑ In Andrea Csillaghy, Sotto la maschera santa, Antologia storica della poesia ungherese, Cooperativa Libraria Universitaria Friulana, Udine-Firenze, 1991, p. 50.
- ↑ In Epigrammi lascivi, traduzione di Gianni Toti, Fahrenheit 451, 1997, p. 65. ISBN 88-86095-03-1
- ↑ In Epigrammi lascivi, traduzione di Gianni Toti, Fahrenheit 451, 1997, p. 64. ISBN 88-86095-03-1
- ↑ a b Citato in Paolo Ruzicska, Storia della letteratura ungherese, Nuova Accademia Editrice, Milano, 1963, capitolo XXII, p. 234.
- ↑ Ultimi quattro versi dell'epitaffio composto dallo stesso Janus Pannonius. Cfr. Storia della letteratura ungherese, p. 234 e G. Carducci, La gioventù di Ludovico Ariosto e la poesia latina in Ferrara, p. 183.
- ↑ Cfr. Ruzicska, Storia della letteratura ungherese capitolo XXII, p. 218.
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