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Svetlana Allilueva

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Svetlana Allilueva nel 1970

Svetlana Allilueva, o Allilujeva, nata Svetlana Iosifovna Stalina (1926 – 2011), scrittrice sovietica naturalizzata statunitense, figlia di Stalin.

Citazioni di Svetlana Allilueva

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  • Non credo affatto che i metodi indiscriminati e senza scrupoli di mio padre fossero necessari per il raggiungimento dei fini che egli si era proposto.[1]

La Stampa, 17 novembre 1984

  • La decisione di tornare nel mio paese natale, dai miei figli e nipoti, dagli amici non dimenticati, è del tutto mia, è un fatto umano, non è una decisione politica.
  • Durante questi 17 anni ho visto quanto basta di miserie e sofferenze umane nei cosiddetti civilizzatissimi paesi anglosassoni.
  • [Su William Wesley Peters] Un uomo debole che mi ha sposata perchè glielo hanno ordinato e che ha sopravvalutato le mie disponibilità economiche.
  • Sono stata riaccolta con una generosità e una buona disposizione che non mi aspettavo, come il figliuol prodigo della Bibbia; sono davvero molto grata per questo, molto grata.

La Stampa, 19 maggio 1986

  • Fa parte di un consueto rituale che quelli che tornano in patria dopo essere fuggiti in Occidente gettino la colpa sulla Cia e raccontino storie terribili sul "lavaggio del cervello". Al contrario, io dissi che tutti erano stati gentili con me.
  • Credo che Gorbaciov sia un governante moderno e civile. Egli ha voluto dimostrare di non voler trattenere le persone contro la loro volontà.
  • C'è un esercito estremamente forte e moderno e un partito dirigente debole e superato. Gorbaciov è serio e sincero a proposito della sua iniziativa di pace.

Intervista di sil. co., La Stampa, 24 marzo 1993

  • [Su Boris Nikolaevič El'cin] L'ho ammirato quando è riuscito ad opporsi al golpe, ma adesso si comporta come un paleo-comunista. Monta in collera, ordina a destra e a manca, fate questo, fate quello. Ha la stessa sindrome di Gorbaciov, che ha voluto la democrazia e poi si è indignato quando gli altri hanno cominciato ad avere idee diverse dalle sue.
  • Ho conosciuto bene i meccanismi del partito e del Kgb. Quel putsche è stato messo in piedi per sbarazzarsi di un uomo che stava acquistando troppo potere e Gorbaciov non poteva non esserne al corrente. Ora gli avversari della democrazia ci riprovano con il presidente del Parlamento Khasbulatov. Non che quest'ultimo sia un vero avversario per Eltsin. Non ne ha il carisma. Ma sa utilizzare molto bene le procedure. E, in Russia, questa è una cosa che conta ancora molto.
  • Gorbaciov voleva riformare il Pcus per conservarlo. Eltsin, come la maggior parte dei russi, voleva abbattere il partito per poter costruire qualcosa di nuovo. È riuscito nella prima parte del suo progetto, ma adesso non è in grado di andare avanti. Deve mettersi da parte.

La Stampa, 25 gennaio 1994

  • Voglio seppellirlo a Gori e voglio portare lì anche la nonna. Ekaterina Gheorghevna è sepolta nel pantheon degli scrittori goergiani.
  • Non do interviste perché intorno al mio nome ci sono state troppe menzogne.
  • Mio padre viveva come uno studente povero: aveva una stanza nella quale dormiva su un divano e lavorava ad un semplice tavolo... Anch'io ora vivo come uno studente. Più si diventa vecchi e meno bagagli ci si deve portare dietro. Ho capito che mi devo limitare a un paio di valigie per essere sempre pronta a... partire. Mi rimane la memoria, si vive di memoria.
  • Quando l'hanno messo nel mausoleo nessuno mi ha chiesto cosa ne pensavo. Ora hanno deciso di portarlo via e di nuovo non mi chiedono niente. Pensano che io non ci sia più. E invece io esisto.

Intervista di Marco Dolcetta, L'Unità, 11 aprile 2007

  • Mia madre era un’idiota che viveva fuori dalla realtà, una vittima del femminismo russo, forte a parole ma non nei fatti. Prima avevo pietà per lei, oggi se penso a lei sono ancora arrabbiata contro questa donna che ha lasciato i suoi due figli nelle mani di un uomo tirannico. Questo tiranno oltre ad aver annullato il mio idillio con Kapler, mi ha impedito sempre di scrivere le mie poesie. Ma la cosa che meno perdono a mio padre è il fatto che lui abbia fatto imprigionare ed uccidere membri della nostra famiglia.
  • Mi addolora che oggi la mia lontana nipote Anna Politkovskaja, nipote di Kira, che era nipote di mio padre sia stata uccisa per il suo desiderio di scrivere liberamente. La Russia non è cambiata.
  • Il vero tradimento però lo ha fattolo ha fatto Giovanni Garbalino, il missionario italiano e mio padre spirituale, il quale ha venduto, anni fa, ad un settimanale scandalistico italiano, le mie lettere a lui indirizzate in cui confidavo il mio desiderio di diventare una buona cattolica, pregandolo però di mantenere la riservatezza.

Venti lettere a un amico

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Svetlana con Stalin nel 1935
  • Beria era uno stupendo tipo moderno di cortigiano scaltro, una incarnazione di perfidia, adulazione, ipocrisia orientali, il quale riuscì a irretire persino mio padre che pure in genere era difficile ingannare. (p. 19)
  • [Su Stalin] Egli non era capriccioso nella sua vita privata; al contrario, era di poche pretese, semplice e cordiale con la servitù e, se dava una lavata di testa, lo faceva solamente con i «capi»: i generali del corpo di vigilanza, i generali-comandanti. La servitù non poteva lagnarsi né di dispotismo, né di crudeltà; al contrario, sovente gli chiedevano di aiutarli in qualcosa e non ricevevano mai un rifiuto. (p. 25)
  • Mio padre non amava gli oggetti, la sua vita privata era puritana, egli non si esprimeva negli oggetti; e la casa, le stanze, gli alloggi che sono rimasti non lo esprimono. (p. 29)
  • Il giardino, i fiori e il bosco intorno erano la distrazione preferita di mio padre, il suo riposo, il suo motivo d'interesse. Personalmente non zappava mai la terra, non prendeva in mano la vanga, come fanno i veri appassionati di gardinaggio. Ma gli piaceva che tutto fosse fatto a modo, curato, che tutto fiorisse in modo lussureggiante, abbondante, che da ogni parte spuntassero frutti maturi e rosseggianti: visciole, pomodori, mele, e questo appunto esigeva dal suo giardiniere e tagliava i rami secchi: questo era il suo unico lavoro in giardino. Ma dappertutto nel giardino, nel bosco (anch'esso curato, mondato, come un parco) c'erano qua e là vari chioschi con il tetto o senza, o anche semplicemente un piancito di assi con un tavolino, un divano di vimini, una sedia a sdraio. Mio padre vagava sempre per il giardino e sembrava che si cercasse un posto comodo e tranquillo, che lo cercasse e non lo trovasse... (p. 37)
  • [Su Nadežda Sergeevna Allilueva] Era una madre severa, esigente; non ricordo assolutamente una sua carezza. Aveva paura di viziarmi dato che già mi voleva bene, mi vezzeggiava e mi viziava mio padre. Certamente allora noi non capivamo ancora che tutte le nostre distrazioni, giochi, tutta la nostra allegria e la nostra infanzia così interessante li dovevamo a lei; lo capimmo più tardi, quando lei non ci fu più... (p. 46)
  • Era bella, intelligente, straordinariamente gentile con tutti senza eccezione, ma, nello stesso tempo, assai ferma, ostinata ed esigente in ciò che le sembrava innegabile. Soltanto lei riusciva a tenere insieme, e in un certo modo rendere amici, tutti i nostri parenti di così diverso pelo e carattere; era il capo riconosciuto della casa. (p. 53)
  • Hai già potuto osservare, che la Georgia era viva in tutta la nostra famiglia come una patria. Per tutti, - per la nonna e il nonno, per la mamma, - la Georgia, con la sua dovizia di sole, con i suoi sentimenti ardenti, con la sua eleganza, connaturata ai principi come ai contadini, questo paese straordinario cantato dai poeti russi, era vivo nella nostra casa non perché fosse la patria di mio padre. Forse proprio lui l'ammirava meno di tutti gli altri; lui amava la Russia, si era legato d'amore alla Siberia, alle sue severe bellezze e alla sua gente rozza e taciturna, non poteva soffrire le «onoranze feudali» che gli tributavano i georgiani. Si ricordò della Georgia solamente quando cominciò a invecchiare. (p. 93)
  • [Su Jawaharlal Nehru] Il grande umanista della nostra epoca, che rappresenta il fior fiore dell'intellettualità di un grande popolo. (p. 99)
  • I georgiani sono molto sensibili alle forme esteriori e in tutto le sanno rispettare con disinvoltura e grazia. In questo le convinzioni marxiste non sono per loro assolutamente d'impaccio. (p. 101)
  • Quando mio padre «veniva persuaso dai fatti» che persona da lui ben conosciuta già da prima si era rivelata come «cattiva», in lui si produceva una sorta di metamorfosi psicologica. Può darsi che nel profondo del suo animo egli dubitasse, e soffrisse e riflettesse... Ma era succubo di una logica dogmatica e ferrea: detto A, bisogna dire B, C, e tutto il resto. Una volta accettato che NN era un nemico, era poi necessario riconoscere che sì, così è, e poi tutti i «fatti» si disponevano di per sé a conferma della cosa... Per lui era impossibile tornare indietro piscologicamente e credere di nuovo che NN non fosse un nemico, ma una persona onesta. Il passato scompariva per lui, in questo appunto stavano tutta l'implacabilità e tutta la credulità del suo carattere. (p. 107)
  • [Su Nadežda Sergeevna Allilueva] Intorno a lei si sono formate molte leggende: false, sentimentali, stupide o semplicemente ostili. Le leggende s'inventano quando la gente non capisce, non sa, non può spiegarsi certi fenomeni. La vita della mamma fu invece trasparente come il cristallo. Il suo carattere era eccezionalmente integro, convincente, senza contraddizioni e fratture interne. [...] Della mamma oggi si fa una statua oppure una malata di nervi, oppure una vittima innocente di un assassino. E lei invece non fu assolutamente nessuna di queste cose. Fu semplicemente se stessa. (p. 113)
  • La mamma era severa con noi bambini, implacabile, inaccessibile. Questo non era a causa d'aridità d'animo, no, ma a causa del fatto che lei era interiormente esigente verso di noi come verso se stessa. (p. 128)
  • Il compromesso era estraneo al suo carattere. Lei stessa apparteneva alla giovane generazione della rivoluzione, a quei lavoratori entusiasti dei primi piani quinquennali che erano convinti costruttori di una nuova vita, che erano loro stessi uomini nuovi, santamente credevano nei loro nuovi ideali di un uomo liberato dalla rivoluzione dal costume piccolo-borghese e da tutti i vizi del passato. La mamma credeva in tutto questo con tutta la forza dell'idealismo rivoluzionario e intorno a lei allora c'erano molte persone che con la loro condotta confermavano questa fede. E, fra tutti, l'ideale più alto dell'uomo nuovo le era parso un tempo mio padre. Tale egli era stato agli occhi della giovane ginnasiale, lui che aveva appena fatto ritorno dalla Siberia, «rivoluzionario inflessibile», amico dei suoi genitori. Tale egli fu per lei a lungo, ma non per sempre... E io credo proprio perché era una donna intelligente, e dentro di sé sconfinatamente sincera, con il suo cuore la mamma capì alla fin fine che mio padre non era quell'uomo nuovo che le era sembrato in gioventù e fu allora colpita da una delusione terribile e devastatrice. (pp. 139-140)
  • [Su Nadežda Sergeevna Allilueva] Sovente penso quale destino l'avrebbe attesa se non fosse morta. No, nulla di buono l'attendeva. Presto o tardi sarebbe venuta a trovarsi fra gli avversari di mio padre. È impossibile immaginare che lei avrebbe taciuto al vedere come perivano i migliori vecchi amici: Bucharin, Enukidze, Redens, i due Svanidze. Lei non avrebbe mai sopportato questo. (pp. 150-151)
  • Nonostante gli incroci di sangue la mamma era certamente una vera russa per la sua educazione e il suo carattere, per la sua stessa natura. Mio padre si era legato d'amore alla Russia in modo assai forte e profondo, per tutta la vita. Non conosco un solo georgiano che abbia tanto dimenticato le proprie caratteristiche nazionali e abbia amato con tanta forza tutto ciò che era russo. Già in Siberia mio padre aveva cominciato ad amare la Russia nel modo più vero: e la gente, e la lingua e la natura. Egli ricordava gli anni di deportazione come se per lui fossero stati semplicemente tutta una partita di pesca, di caccia, e passeggiate attraverso la grandiosa taiga. E quest'amore rimase in lui per sempre. (p. 156)
  • [Su Stalin] La morte della mamma gli aveva inferto un colpo terribile, l'aveva devastato, gli aveva portato via la fede negli uomini e negli amici. Egli aveva sempre considerato la mamma come il suo amico più intimo e fedele: e giudicò la sua morte come un tradimento, come una pugnalata vibratagli nella schiena. E si inasprì. E probabilmente i rapporti stretti con i parenti erano ogni volta per lui un penoso ricordo di lei. E si mise a evitare questi rapporti. (p. 176)
  • Ritengo che Beria fosse più scaltro, perfido, sleale, consequenziale, duro, - quindi più forte di mio padre. Mio padre aveva dei lati deboli: poteva dubitare, era più fiducioso, più rozzo, più aspro; era più semplice, un uomo astuto come Beria poteva menarlo per il naso. Egli conosceva i lati deboli di mio padre: l'amor proprio ferito, la devastazione spirituale, la solitudine, e versava olio sul fuoco e lo attizzava per quanto poteva, e, nello stesso tempo, lo adulava con impudicizia prettamente orientale. Adulava, glorificava in modo tale che i vecchi amici aggrottavano i sopraccigli della vergogna: erano abituati a vedere in mio padre un compagno eguale a loro... (p. 177)
  • Che cosa mai aveva fatto mia mamma? Con la sua morte aveva dato mano libera a mio padre o, forse, aveva invece annientato lei stessa il suo spirito al punto di spingerlo alla diffidenza verso i suoi vecchi amici? Se fosse stata viva, avrebbe fermato quel terribile processo? (p. 181)

Citazioni sul testo

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  • Non ho letto il suo libro, ma ne ho sentiti leggere alcuni brani alla radio. L'Occidente trasmette i passi che gli fanno comodo. Forse le parti che ho ascoltato non rispecchiavano l'intero libero, ma quanto veniva trasmesso suonava, a dir poco, strano. Sembrava scritto sotto l'effetto di un qualche sconvolgimento mentale o emotivo. Per esempio, nel suo libro Svetlanka scrive che era solita farsi il segno della croce e che era molto religiosa. Non credo sia mai stata davvero religiosa. C'è qualcosa di strano e perfino di malato nel suo libro. Non riesco a capacitarmene. Come può un cittadino sovietico, cresciuto nella nostra società, scrivere roba simile? (Nikita Sergeevič Chruščёv)

Citazioni su Svetlana Allilueva

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  • Il pensiero di Svetlanka mi fa venire le lacrime agli occhi. Fin dall'inizio la sua vita fu molto difficile e le cose per lei non furono mai semplici. Naturalmente questo non giustifica quanto ha fatto, eppure se penso a lei, provo più tristezza che rabbia.
  • Le ero molto affezionato e mi sentivo quasi un padre nei suoi confronti. Provavo per lei quel senso di umana pietà, che potrei sentire per un'orfana. Stalin era brutale e non si prendeva cura di lei, non aveva mai mostrato affetto paterno. Quando non era decisamente prepotente con lei, era freddo e distante.
  • Tutte le creature hanno bisogno di affetto, e un essere umano, che ne è privo, ne risente nel carattere. È quello che accadde a Svetlanka.

Note

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  1. Citato in Enzo Biagi, Russia, Rizzoli, Milano, 19749, p. 106.

Bibliografia

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  • Svetlana Allilueva, Venti lettere a un amico, traduzione di Pietro Zveteremich, Arnoldo Mondadori Editore, 1967

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