Le mille e una notte
Le mille e una notte, ricca raccolta di novelle orientali, di varia ambientazione storico-geografica e di differenti autori.
Citazioni
[modifica]Valentina Valente
[modifica]Le cronache dei Sassanidi, antichi re di Persia, i quali avevano esteso il loro impero nelle Indie, nelle grandi e piccole isole che dipendono da esse, e molto più oltre, di là dal Gange fino alla Cina, riportano che c'era una volta un re di quella potente dinastia che era il miglior principe dei suoi tempi. Tanto egli si faceva amare dai propri sudditi, per la sua saggezza e la sua prudenza, quanto si era reso temibile ai popoli vicini, per la fama del suo valore e la reputazione delle sue truppe bellicose e ben disciplinate. Aveva due figli: il maggiore, di nome Shahriar, degno erede di suo padre, ne possedeva tutte le virtù; il più giovane, di nome Shahzenan, non valeva meno del fratello.
Armando Dominicis
[modifica]Le cronache dei Sassanidi, antichi re di Persia, i quali avevano esteso il loro impero fino alla Cina, riferiscono esservi stato un re di quella potente casa, il quale fu considerato il più eccellente principe del suo tempo. Egli era amato dai sudditi per la sua saviezza e prudenza e temuto dai vicini per la fama del suo valore e per il concetto delle sue bellicose e ben disciplinate soldatesche. Aveva due figli, il primogenito sì chiamava Shahriyàr, e l'altro aveva nome Shahzamàn, possedendo entrambi le virtù del padre.
Prima notte – Il mercante e il genio
[modifica]Valentina Valente
[modifica]Sire, c'era una volta un mercante che possedeva molti beni, sia in poderi, sia in mercanzie e denaro contante. Egli aveva molti commessi, fattori e schiavi; di tanto in tanto, era costretto a compiere viaggi per incontrarsi con i suoi corrispondenti. Un giorno che un affare importante lo chiamava in una località piuttosto lontana da quella in cui abitava, montò a cavallo e partì portando con sé una valigia nella quale aveva messo una piccola provvista di biscotti e di datteri, dovendo attraversare un paese deserto, dove non avrebbe trovato di che vivere.
Armando Dominicis
[modifica]C'era una volta un mercante che possedeva grandi ricchezze. Un giorno, in cui un affare importante lo chiamava molto lungi dal luogo ove soggiornava, salì a cavallo e partì con una valigia nella quale aveva riposto una piccola provvista di biscotti e di datteri, dovendo attraversare un paese deserto ove non avrebbe trovato di che vivere.
Seconda notte
[modifica]Valentina Valente
[modifica]Sire, quando il mercante vide che il genio stava per tagliargli la testa, lanciò un alto grido e gli disse:
«Fermatevi, ancora una parola, di grazia; abbiate la bontà di accordarmi una dilazione, datemi il tempo di andare a dire addio a mia moglie e ai miei figli e di dividere fra loro i miei beni con un testamento che non ho ancora fatto, affinché non debbano ricorrere a qualche processo dopo la mia morte. Appena fatto ciò, tornerò subito in questo stesso luogo per sottomettermi a tutto quanto vorrete ordinarmi.
Armando Dominicis
[modifica]Quando il mercante vide che il genio stava per troncargli la testa, lanciò un grido e gli disse:
«Abbiate la bontà di accordarmi una dilazione, datemi il tempo di andare a dire addio alla mia sposa e ai miei figli, e divider fra loro i miei beni, affinché non litighino dopo la mia morte. Ciò fatto, tornerò tosto in questo luogo stesso per sottomettermi a tutto quello che vorrete fare di me.»
Terza notte
[modifica]La notte seguente, Dinarzad rivolse alla sorella la stessa preghiera delle due precedenti:
«Cara sorella, — le disse, — se non dormite, vi supplico di raccontarmi uno di quei bei racconti che voi conoscete.»
Ma il sultano disse che voleva ascoltare il seguito di quello del mercante e del genio.
Quarta notte
[modifica]Valentina Valente
[modifica]Verso la fine della notte seguente, Sherazad, col permesso del sultano, cominciò così a narrare:
Sire, quando il vecchio della cerva vide che il genio aveva afferrato il mercante e stava per ucciderlo senza pietà, si gettò ai piedi di quel mostro e, baciandoglieli, gli disse:
«Principe dei geni, vi supplico molto umilmente di sospendere la vostra collera e di farmi la grazia di ascoltarmi.
Armando Dominicis
[modifica]Quando il vecchio che conduceva la cerva vide il genio afferrare il mercante, si gettò ai piedi di quel mostro e baciandoglieli:
«Principe dei geni» gli disse «io vi supplico umilmente di sospendere la vostra collera e di farmi la grazia di ascoltarmi.
Quinta notte e seguenti
[modifica]Sire, proseguì Sherazad, il primo vecchio, quello della cerva, continuò a raccontare la sua storia al genio, agli altri due vecchi ed al mercante.
Presi dunque il coltello, disse loro, e stavo per affondarlo nella gola di mio figlio quando, volgendo languidamente verso di me i suoi occhi pieni di lacrime, m'intenerì a tal punto che non ebbi la forza d'immolarlo.
Storia di Sindbad il marinaio
[modifica]Valentina Valente
[modifica]Sire, sotto il regno del califfo Harun-al-Rashid, di cui ho parlato, viveva a Bagdad un povero facchino di nome Hindbad. Un giorno di gran calura, mentre trasportava un pesantissimo carico da un capo all'altro della città, si sentì molto stanco per la strada già percorsa.
Armando Dominicis
[modifica]C'era a Bagdàd un povero facchino chiamato Hindbàd. Un giorno che faceva un caldo eccessivo, trasportava un pesantissimo carico da un capo all'altro della città.
Storia di Aladino o della lampada meravigliosa
[modifica]Valentina Valente
[modifica]Nella capitale di un regno della Cina, ricchissimo e di vasta estensione, il cui nome in questo momento mi sfugge, viveva un sarto di nome Mustafà, che altra distinzione non aveva fuorché quella datagli dal suo mestiere. Mustafà il sarto era poverissimo, e il suo lavoro gli procurava a stento lo stretto necessario per far vivere lui, sua moglie e un figlio che Dio gli aveva mandato.
Armando Dominicis
[modifica]Nella capitale di un regno della Cina ricchissimo e molto esteso, viveva un sarto di nome Mustafà, senz'altra distinzione di quella che la sua professione gli attestava. Il sarto Mustafà era molto povero, e il suo lavoro gli procurava appena quanto era necessario per la sua sussistenza, per quella di sua moglie e di un figliolo.
Storia di Alì Babà e di quaranta ladri sterminati da una schiava
[modifica]Valentina Valente
[modifica]In una città della Persia, ai confini degli Stati di Vostra Maestà, disse Sherazad a Shahriar, vivevano due fratelli, uno dei quali si chiamava Cassim, e l'altro Alì Babà. Poiché il padre aveva lasciato loro soltanto dei beni modesti ed essi li avevano divisi in parti uguali, la loro fortuna avrebbe dovuto essere pari; il caso tuttavia dispose diversamente.
Armando Dominicis
[modifica]In una città della Persia vi erano due fratelli che si chiamavano l'uno Cassim e l'altro Alì Baba.
Siccome il padre non aveva loro lasciato che pochi beni da dividersi, sembrava che la loro fortuna dovesse essere uguale, ma il caso dispose altrimenti.
Citazioni su Le mille e una notte
[modifica]- Tropici, e Formaggi, e Fate! Grazie alle "Mille e una notte". (Emily Dickinson)
Note
[modifica]- ↑ Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 753.
- ↑ Citato nell'incipit del film Il fiore delle Mille e una notte di Pier Paolo Pasolini.
Bibliografia
[modifica]- Le Mille e una Notte, racconti arabi raccolti da Antoine Galland, traduzione di Valentina Valente, C.d.L.-De Agostini, 1965.
- Le Mille e una Notte, a cura di Massimo Jevolella, traduzione di Armando Dominicis, Mondadori, 1984.
Voci correlate
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