Legge delle guarentigie
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Citazioni sulla legge delle guarentigie, legge del Regno d'Italia del 1871, sui rapporti tra Stato italiano e Santa Sede.
- Art. 1. La persona del Sommo Pontefice è sacra ed inviolabile.
Al Sommo Pontefice sono dovuti in tutto il Regno gli onori sovrani, e gli sono mantenute le preminenze onorifiche riconosciute dai Sovrani.[1]
- Essa parve al Governo italiano ed agli uomini politici di allora il mezzo più opportuno a dissipare i timori dei clericali ed a frenare l'indignazione del Vaticano: ma la cosa procedette ben diversamente. Papa Pio IX non l'accettò; anzi parve a lui ed ai fautori della sovranità temporale pontificia non altro che un simulacro di limitata e non duratura libertà. (Pietro Vigo)
- Il Parlamento, convertito in legge il decreto reale che accettava il plebiscito delle provincie romane, ed approvata quella che provvedeva al trasporto della capitale da Firenze a Roma, si occupava tosto della legge sulle guarentigie. La discussione fu lunga, contrastata, ma la legge fu approvata, e religiosamente osservata, anche dalla Sinistra sempreché salì al potere. Questa legge, dopo quasi un ventennio, si è ora consolidata, dimostrando possibile fra le eterne mura il governo civile distinto da quello religioso. Ha inoltre rassicurato vieppiù le Potenze cattoliche, che il ministero spirituale veniva anzi reso più indipendente, coll'essere liberato dalle pastoie del potere civile. (Raffaele Cadorna (1815-1897))
- Il principio fondamentale della Legge delle guarentigie è quello, variamente inteso, della «libera Chiesa in libero Stato», ossia della separazione della Chiesa dallo Stato e dell'incompetenza di questo in materia dommatica e disciplinare. Questo principio, già applicato in parte negli Stati Uniti d'America, fu teorizzato ed in parte applicato nel Belgio, trovò parecchi sostenitori anche in Francia, e riuscì comodo ai politici italiani che trovavano un problema speciale da risolvere, l'unità d'Italia incompatibile col potere temporale del Papa. (Francesco Scaduto)
- La Curia romana non volle riconoscer la legge delle guarentigie, e non perdonò all'Italia le vittorie della rivoluzione. Eppure quale nuova grandezza venne data anche al papato da quelle vittorie! Una volta esso, indebolito dalla grave soma del poter temporale e confuso fra tutte le meschine gare de' principi, giunse ad apparire persino immemore della croce e a divenire talora anche strumento di tirannia civile. Invece, alleggerito di quella soma, e ricondotte tutte le potenti energie della Chiesa alle sole cose di religione, il papato riprese in questi nostri tempi, con l'indipendenza, tale vigore da potersi dire a ragione che, sotto l'egida delle nostre leggi di libertà, assurse a nuova grandezza. (Italo Raulich)
- La principale obbiezione fatta alla legge delle guarentigie è questa, che chi l'ha fatta, può disfarla. Si potrebbe rispondere: aspettate che la disfaccia; intanto usatene. Ma penetriamo più addentro. Com'è nato questo sospetto, che il governo italiano possa disfarla? Non sarebbe nato, o certo non avrebbe trovato credito, se la riputazione del governo italiano fosse rimasta intatta. Ma fatti singoli l'hanno messa a repentaglio, fatti i quali hanno mostrato, che gli mancasse una esatta persuasione dei suoi obblighi, e dell'importanza di adempierli: – un preciso concetto della fiducia che esso chiedeva, nella custodia del Papato, all'Europa, e della necessità che non gli fosse né diminuita né tolta; – il coraggio richiesto a compiere il suo debito, malgrado i partiti, tra i quali barcolla, anziché esserne retto; – e un esatto giudizio del posto che la legge delle guarentigie tiene nell'organismo dello Stato italiano, così come s'è storicamente formato. In tutti questi rispetti il governo italiano ha mancato, ed il paese, con inquietudini quali più quali meno fondate, ne paga la pena, e risica di pagarla più grave poi, poiché non sempre quando s'è liberi di non porre le cause, s'è liberi d'interromperne e sospenderne gli effetti. (Ruggiero Bonghi)
Note
[modifica]- ↑ Articolo 1 della legge delle guarentigie, citato in Raffaele Cadorna, La liberazione di Roma nell'anno 1870 ed il plebiscito, L. Roux e C. Editori, Roma-Torino-Napoli, 1889, cap. V, p. 304.
Voci correlate
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