Questione romana

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La breccia di Porta Pia (sulla destra); sullo sfondo la cupola di San Pietro

Citazioni sulla questione romana.

  • A nessuno italiano, senza doversi vergognare di questo nome, potrebbe soffrir l'animo che Roma, non che appartenere civilmente all'Italia, fosse nido e ricovero de' cospiratori e nemici d'Italia: e oltre a ciò racchiudesse una potenza disposta, quandochessia, a tirarle eserciti forestieri nel seno. (Ferdinando Ranalli)
  • In Italia l'aspro contrasto del nuovo Stato unitario col Papato e con la Chiesa, imperniato sulla questione romana e sui problemi della legislazione laica e dell'eversione della proprietà ecclesiastica, stimolò da una parte l'anticlericalismo dei liberali e dei democratici e dall'altra l'irrigidimento della maggior parte dei cattolici militanti su posizioni di intransigenza verso il nuovo Stato e verso il liberalismo. (Giorgio Candeloro)
  • [...] io non credo che il Papa s'indurrà mai a lasciare Roma. La sua dimora in paese forestiero sarebbe la più chiara smentita a tutte le querele che col poter temporale egli abbia perduta anche la libertà dell'autorità spirituale. In quel paese non sarebbe sovrano; non avrebbe territorio suo; non avrebbe sudditi suoi; non avrebbe neanche una legge delle guarentigie. Adunque, non sarebbe più Papa? Il Papato, d'altronde, non si può divellere dall'Italia dove s'è fatto per opera d'ingegni italiani. E s'aggiunga, il Papa che vivesse in Germania, quante ostilità alla Chiesa non genererebbe in Francia? O potrebbe ricoverarsi in Inghilterra, dove ce n'è già un altro dei Papi? La Spagna non ha governo assai più incerto dell'Italia? E alla politica ecclesiastica dell'Austria, cosi misurata, prudente, pacifica, non ripugnerebbe la presenza del Papa? Questi in Italia non adombra nessuno; in qualunque altro Stato adombrerebbe tutti gli altri Stati. Il che i governi sentono e intendono: e sarebbe uno dei fatti più strani, se qualcun d'essi l'invitasse a soggiornare nel suo territorio, o non ricevesse, con molto rincrescimento, la dimanda di dargli licenza di soggiornarvi. (Ruggiero Bonghi)
  • La breccia di Porta Pia nel dramma della rivoluzione italiana fu come l'epilogo d'una predica che ad alcuni commuove gli affetti, e ad altri fa guardare l'uscio della chiesa per andarsene. In Roma la commozione degli affetti nei vincitori fu grande; ma nessuno guardò la porta per andarsene. Vinti e vincitori rimasero insieme: il Papa al Vaticano, e il Re al Quirinale. Del sangue sparso tra zuavi e italiani non rimase macchia: Roma abbonda di acqua. Ma i rancori tra le due parti incrudirono, e il Non possumus di Pio IX fu una lapide sepolcrale ai piedi della quale si assisero piangendo le due madri, Italia e Chiesa, aspettanti il dì della risurrezione. (Luigi Tosti)
  • La questione romana è simile a quei fiumi vasti e profondi, che contemplati dalle sponde, sembrano immoti e stagnanti, ma che sospinti da una forza arcana, irresistibile, sotto una calma apparente, volgono le acque senza posa alla meta che le attende inesorabile, e dove dovranno andare per sempre perdute. E invano l'industria umana tenta deviarne le correnti, arrestarne il corso, opporre argini artificiali al suo cammino, simili alle soluzioni fantasticate oltremonte della questione. L'ampiezza delle onde travalica senza rumore questi ripari e procede regolare, inflessibile, senza pure arrestarsi un momento, a quella meta che al fiume è imposta dalla mano della natura. (David Levi)
  • Ove chi scrive venisse richiesto, se ripone qualche speranza in una futura conciliazione, quantunque senta ben poco autorevole la sua parola, francamente dissentirebbe dall'affermativa. E tutt'al più si schiererebbe con coloro che vedono nell'azione del tempo ancora si possa sperare che si desista da proteste, sebbene trattisi di beni terreni, sebbene sappiasi che ferventi cattolici desiderino questa conciliazione, sebbene sappiasi che il Governo italiano vi era largamente disposto anche prima di entrare in Roma, non lo crede possibile. Dal dì in cui dal Vaticano si protestava pubblicamente di non avere libertà di corrispondenza colla cattolicità, quando non appena entrati in Roma, si offriva all'Antonelli[1] lo stabilimento in Vaticano di un ufficio di posta e di telegrafo, con impiegati di suo gradimento, (che vennero rifiutati), lo spirito conturbato per un tale procedere, non consenziente anche ad un semplice privato che si rispetti, ha disperato che si trovasse la via di conciliazione. Fu allora all'evidenza dimostrato che vi ha nel Vaticano un congegno tale, facilitato anche dall'attuale isolamento del Papa, per cui non solo è possibile dissimulare i fatti, ma alterarli presso il Pontefice, non potendo avvicinarlo che le persone interessate ad un dato ordine di cose, e che rifuggono da ogni transazione. Del resto quanto disse un prelato che il Vaticano non ha peranco rinunziato ad Avignone[2], dà la misura se mai sarebbesi disposto ad una conciliazione che implicasse anche indirettamente, lontanamente la rinunzia al Potere temporale. (Raffaele Cadorna (1815-1897))

Note[modifica]

  1. Giacomo Antonelli (1806 – 1876), cardinale, ultimo segretario di Stato dello Stato Pontificio.
  2. Allusione al trasferimento del papato da Roma ad Avignone dal 1309 al 1377.

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