Lorenzo Pinna

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Lorenzo Pinna (1950), giornalista e divulgatore scientifico italiano.

Cinque ipotesi sulla fine del mondo[modifica]

  • I virus non mangiano, non respirano, non si muovono, non fuggono i pericoli, né cercano il cibo e da soli non sarebbero nemmeno in grado di replicarsi, poiché manca loro totalmente il macchinario biologico necessario (fatto di energia, di enzimi, di sistemi di trasporto e di assemblaggio per amminoacidi e proteine, ecc.). Come un disco senza grammofono, un virus senza una cellula che lo ospiti ha ben poche possibilità di suonare la propria musica. Il virus è in altri termini un «parassita assoluto», la cellula gli deve fornire tutta l'assistenza «tecnica» perché possa compiere l'unica operazione che gli è possibile: replicarsi. Come ringraziamento per l'aiuto, in genere il virus distrugge la cellula dopo averla utilizzata per riprodursi migliaia (o centinaia di migliaia) di volte. (Prima ipotesi, p. 49)
  • Nella strategia militare l'invenzione delle armi atomiche ha provocato una specie di rivoluzione.
    Prima di questa terribile arma, il concetto di «difesa» ha sempre avuto una considerevole importanza. La sicurezza di uno stato si basava soprattutto sulla sua capacità di difendersi, cioè di respingere e di bloccare gli eventuali attacchi nemici. [...].
    Contro la micidiale accoppiata «missile-atomica» non esistono difese che tengano e quindi oggi è impossibile per una nazione affidare la propria sicurezza soltanto alle misure difensive.
    Al posto della difesa è emerso il deterrente. Possiamo definire il deterrente come la minaccia di effettuare una rappresaglia devastante, qualsiasi attacco possa tentare il nemico. Se il deterrente risulta credibile, cioè se le armi sono effettivamente invulnerabili agli attacchi di sorpresa, la paura della rappresaglia bloccherà le più bellicose intenzioni del nemico.
    Ma chi giudicherà che il nostro deterrente sia «credibile»? Non siamo noi, ma il nemico stesso. (Seconda ipotesi, p. 115)
  • È difficile farsi un'idea di cosa significhi un simile scontro [tra la Terra e un grande asteroide].
    Ma alcune simulazioni fanno intravedere uno scenario impressionante. Un'esplosione immane, di fronte alla quale una guerra termonucleare, dove venisse utilizzata fino all'ultima bomba atomica, sembrerebbe un banale petardo. Ben diecimila arsenali nucleari dovrebbero esplodere contemporaneamente per riprodurre gli effetti di quella devastante deflagrazione. (Terza ipotesi, p. 132)
  • Secondo l'ipotesi più accreditata il bolide di Tunguska non era in realtà un asteroide, ma un pezzo di cometa, quindi una specie di grande macigno ghiacciato di circa 60 metri di diametro, che al contatto con l'atmosfera prima si è surriscaldato e poi è esploso a una quota di 7-10 chilometri.
    La potenza di questa deflagrazione è stata calcolata in 10-12 megaton, mille volte quella di Hiroshima. L'onda d'urto e la sfera di fuoco hanno incendiato e distrutto la foresta, ma a terra non è arrivato alcun grosso frammento. Solo una polvere finissima (quasi certamente quella che i ricercatori italiani [della spedizione del 1991] hanno individuato nei campioni di legno e di resina) ha raggiunto il suolo. (Terza ipotesi, p. 135)
  • L'acqua, [...], che apparentemente scarseggia viene in realtà sprecata in proporzioni enormi e inimmaginabili. I sistemi di irrigazione agricola (responsabili di circa il 70 per cento del consumo mondiale d'acqua dolce), in media, a causa del cattivo stato delle opere idrauliche, perdono per strada fra il 40 e il 70 per cento del prezioso liquido trasportato. Non solo, ma, per vari tipi di coltivazione, si potrebbe farne arrivare meno sui campi, applicando tecniche largamente sperimentate, come l'irrigazione goccia a goccia messa a punto in Israele, dove con scarse riserve d'acqua viene in parte coltivato il deserto del Negev. (Quarta ipotesi, p. 204)

Bibliografia[modifica]

  • Lorenzo Pinna, Cinque ipotesi sulla fine del mondo, prefazione di Piero Angela, Mondadori De Agostini, 1995.

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