Lucia Morpurgo Rodocanachi

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Lucia Morpurgo Rodocanachi (1901 – 1978), scrittrice e traduttrice italiana.

Citazioni su Lucia Morpurgo Rodocanachi[modifica]

Paolo Di Stefano[modifica]

  • C'è una Gentile Signora, nella letteratura italiana, alla quale parecchi scrittori devono essere grati. Elio Vittorini, Eugenio Montale, Carlo Emilio Gadda, il poeta ligure Camillo Sbarbaro e altri. La Gentile Signora si chiama Lucia Morpurgo e dopo il matrimonio con il pittore Paolo Rodocanachi detto Cian, celebrato nel 1930, sarà nota con il cognome del marito. Nata a Trieste nel 1901, trasferitasi a Genova, figlia di un imprenditore di coloniali, ottiene il diploma magistrale nel 1920, coltiva le lingue e le letterature straniere (inglese, francese, tedesco e spagnolo), diventa amica e musa degli artisti liguri, nonché sodale e corrispondente di scrittori anche dopo essersi trasferita ad Arenzano, la «casa rossa» tra le agavi, progettata dal marito Cian, sarà il luogo oltre che della sua personale malinconia, il crocevia di raduni (per Santo Stefano e per il Lunedì di Pasqua) con gli «amici degli anni Trenta» attorno alla torta pasqualina preparata dalla cordiale ospite.
  • Il lavoro dietro le quinte della Rodocanachi permette a Vittorini di accettare una quantità di incarichi (26 libri tradotti dal '33 al '49, solo alcuni dei quali in autonomia) che altrimenti non riuscirebbe a sostenere da solo. E soprattutto gli consente di procedere con la sicurezza che un «anglofono» autodidatta come lui non potrebbe permettersi: sulla traduzione quasi parola per parola dell'amica (una «prima stesura») lo scrittore sarebbe intervenuto con il suo stile.
  • La fame di novità letterarie porta Lucia a stabilire contatti intensi con il fiorentino Gabinetto Vieusseux che dal 1928 è diretto da Montale e la cui biblioteca circolante può offrirle in tempi rapidi i suoi oggetti del desiderio. È grazie a Montale che Lucia Rodocanachi conosce Vittorini, il quale tra il 1929 e il 1930 ha traslocato da Siracusa a Firenze, dove frequenta l'ambiente della rivista «Solaria» e il giro del caffè letterario delle «Giubbe Rosse». In una lettera del 9 maggio 1933, Eugenio chiede all'amica se è disponibile ad aiutare Vittorini che «deve consegnare fra non molto il St. Mawr di Lawrence a Mondadori». Il tempo stringe, aggiunge il poeta, e Elio deve tradurre ancora la metà del libro, ovvero 150 pagine: «Accetterebbe di farle lei, solo letteralmente, a tamburo battente?». La Signora accetta e con il romanzo di D.H. Lawrence prende avvio una decennale collaborazione, editorialmente proficua ma ricca di equivoci e di ambiguità [...]

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