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Mario Pilo

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Mario Pilo (1859 – 1920), psicologo, filosofo, critico d'arte e insegnante italiano.

Psicologia musicale

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  • [...] nel melodramma ci sono tre artisti diversi, che si contendono secolarmente il dominio di questo prodotto, che, come altri simili, io chiamo sintecnico, per il coincidervi che vi fanno, dannosamente ad ognuna, secondo me, più arti distinte ed eterogenee fra loro, di cui due essenziali e predominanti, e parecchie altre accessorie e subordinate. I tre artisti rivali, intanto, sono il poeta, il musicista, il cantante: colui che inspira, colui che crea, colui che espone. Ora, il criterio classico, il gusto decorativo, era ed è tutto a favor di quest'ultimo: e per lui solo, fino a Cristoforo Gluck e alla sua clamorosa reazione, unicamente per dargli occasione a sfoggiare il suo vuoto, superficiale ed insipido virtuosismo, affaticò le sue rime di pura forma il servil versajuolo, e si stemperò in duettini, in romanze, in madrigaletti, in scempiaggini il musicista, su cui potesse quell'altro a capriccio, come su un canevaccio grigio ed indifferente, ricamare gorgheggi, trilli, scale, volate, come rabeschi, greche, volute, festoni di seta e d'oro. (parte II, § 22, p. 145)
  • [Richard Wagner] [...] a mio credere, come Colombo scoperse l'America mentre cercava raggiungere l'India, così il genio di Bayreuth non giunse che a imporre il poema sinfonico, a glorificare la musica pura, o poco meno che pura, mentre facevasi apostolo della poesia drammatica a cui la musica doveva esser commento, sussidio, rinforzo, semplice mezzo di più potente ed intensa espressione: la quale riforma, se attuata davvero, avrebbe dato in teatro lo scettro al poeta, e iniziato un terzo periodo nella storia del melodramma: il periodo filosofico, direi quasi, o logico, o intellettuale, o letterario che dir si voglia; periodo invece non ancora iniziato, e del quale non si son visti finora che vaghi accenni, lontane aurore, qua e là nello spazio e nel tempo [...]. (parte II, § 22, pp. 146-147)
  • A questo criterio [della poesia drammatica a cui la musica doveva esser commento e sussidio], tuttavia, più che la musica aristocratica e idealista del grande alemanno [Wagner], si accosta pure la giovine musica verista e democratica dei più recenti italiani, e particolarmente quella "Cavalleria rusticana" di Verga e Mascagni che ne iniziava i successi: e dico appositamente «di Verga e Mascagni», perché il principale collaboratore di quel melodramma rimane il Verga, del quale il libretto conserva con scrupolo il dialogo vivo ed appassionato, l'azione rapida e travolgente; e la musica, senza diluirsi in inutili digressioni od in fatue fiorettature, si limita a render più intensa la concitazione del dramma, a scaldare del proprio calore e animar della propria meridionale e smagliante policromia, quel tragico e tipico episodio d'amori e d'odi isolani. Musica volgare, si disse, musica rozza e superficiale, musica piattamente materialista ed ingenuamente latina. Sarà benissimo, almeno per qualche scena; anzi, è senza dubbio: ma ciò malgrado, e forse anzi appunto per questo, dato il soggetto, e l'ambiente, e la razza, e il momento, parve e pare ed è e rimarrà, nel suo genere, un capolavoro. (parte II, § 22, p. 147)
  • Prosa è [...] per me, in arte, s'intende, e in tutte le arti, qualunque opera in cui la finalità pratica, positiva, utilitaria, s'imponga, e quindi prevalga sulla finalità estetica, edonica, contemplativa; e in cui quindi la forma apparisca subordinata alla materia, sopraffatta da essa, relegata in seconda linea, come cosa accessoria e non essenziale; poesia, quindi, ogni opera che presenti i caratteri opposti: in architettura, è prosa l'abitazione, anche adorna, ma predestinata, anzitutto, e preconcepita alle varie esigenze del viverci dentro comodamente, mentre è poesia il monumento, anche nudo, anche austero, ma non pensato, voluto, creato, se non per sé stesso, per la sua linea, per la sua forma [...]. (Appendice, § 10, p. 245)

Bibliografia

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