Masoumeh Ebtekar
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Masoumeh Ebtekar (1960 – vivente), politica e accademica iraniana.
Intervista di Cecilia Sala, vanityfair.it, 12 agosto 2201.
- Il popolo degli Stati Uniti ha tante qualità, e così il loro Paese. Pensiamo per esempio a settori che stanno particolarmente a cuore a me e alla mia famiglia: sono pionieri nell’innovazione, nella scienza e nella tecnica. Ma studiare lì, apprezzare le opportunità che gli Stati Uniti offrono, non significa certo approvare la loro politica estera.
- Io ho fatto la Rivoluzione e prima di me mio padre era sceso in piazza contro il colpo di Stato militare che aveva deposto Mossadeq, un presidente molto amato, eliminato con l’appoggio di americani e inglesi. Ciò che disorienta e disturba gli iraniani è la distanza tra quello che gli Usa dovrebbero rappresentare e il modo in cui agiscono fuori dai loro confini: interferenze e aggressioni. "Questo è il nostro Paese, che cosa vogliono?", era una domanda che si facevano tutti in modo genuino, anche ingenuo. Dopo il ritorno dello scià, i crimini commessi dalla Savak (la polizia segreta di allora, ndr) contro i sostenitori di Mossadeq come mio padre sono stati qualcosa di indicibile. Ecco perché il nostro rapporto con l’America non è mai soltanto un fatto politico, ma personale.
- [In riferimento ai riformisti, che per tre volte l'avevano sostenuta alla vicepresidenza, crollati da 20 milioni di voti a poco più di 2 milioni] Le aspettative di chi ha sempre creduto in noi sono state tradite. Con il compromesso sul nucleare siglato con Obama l’economia sarebbe dovuta ripartire, poi Donald Trump ha abbandonato unilateralmente l'accordo e ha imposto sanzioni durissime. Il nostro problema sono stati i rivali interni, tutti in malafede: sapevano benissimo che il governo riformista era vittima di un tradimento, ma hanno dato la colpa a noi di tutti i problemi. E hanno vinto.
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