Mezenzio

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Battaglia di Enea e Mezenzio (G. Lazzarini)

Mezenzio, re mitologico etrusco.

Citazioni di Mezenzio[modifica]

Eneide[modifica]

  • Ah mio figlio, dicendo, ah come tanto | fui di vivere ingordo, che soffrissi | te, di me nato, andar per me di morte | a sì gran rischio, a tal nemica destra | succedendo in mia vece? Adunque io salvo | son per le tue ferite? Adunque io vivo | per la tua morte? Oh miserabil vita, | o sconsolato essiglio! Or questo è 'l colpo | ch'al cor m'è giunto. Ed io, mio figlio, io sono | c'ho macchiato il tuo nome, c'ho sommerso | la tua fortuna e 'l mio stato felice | co' demeriti miei. Dal mio furore | son dal seggio deposto. Io son che debbo | ogni grave supplizio ed ogni morte | a la mia patria, al grand'odio de' miei. | E pur son vivo, e gli uomini non fuggo? | E non fuggo la luce? Ah fuggirolla | pur una volta. (libro X) [dopo la morte del figlio Lauso]
  • Crudele, a che m'insulti? A me di biasmo | non è ch'io muoia: né per vincer, teco | venni a battaglia. Il mio Lauso morendo | fe con te patto che morissi anch'io. | Solo ti prego (se di grazia alcuna | son degni i vinti) che 'l mio corpo lasci | coprir di terra. Io so gli odii immortali | che mi portano i miei. Dal furor loro | ti supplico a sottrarmi, e col mio figlio | consentir che mi giaccia. (libro X) [ad Enea, poco prima di morire]

Citazioni su Mezenzio[modifica]

Eneide[modifica]

  • Il primo, che le genti a questa guerra | ponesse in campo, fu Mezenzio, il fiero | del ciel dispregiatore e degli Dei. | D'Etruria era signore, e di Tirreni | conducea molte squadre. Avea suo figlio | Lauso con esso, un giovine il più bello, | da Turno in fuori, che l'Ausonia avesse. | Gran cavaliero, egregio cacciatore | fino allor si mostrava; e mille armati | avea la schiera sua, che seco uscita | fuor d'Agillina, ne l'esiglio ancora | indarno lo seguía; degno che fosse | ne l'imperio del padre. (libro VII)
  • Mezenzio in questo mentre che da l'ira | era spinto di Giove, ardente e fiero | entrò ne la battaglia; e i Teucri assalse | che già 'l campo tenean superbi e lieti. | Da l'altro canto le tirrene schiere | mossero incontro a lui. Contra lui solo | s'unîr tutti de' Toschi e gli odii e l'armi; | ed egli, a tutti opposto, alpestro scoglio | sembrava, che nel mar si sporga, e i flutti, | e i venti minacciar si senta intorno, | e non punto si crolli. Ognun ch'avanti | o l'ardir gli mandava o la fortuna, | a' piè si distendea. (libro X)
  • Mezenzio il vide; e qual digiuno e fiero | leon da fame stimolato, errando | si sta talor sotto la mandra, e rugge; | se poi fugace damma, o di ramose | corna gli si discopre un cervo avanti, | s'allegra, apre le canne, arruffa il dorso, | si scaglia, ancide e sbrana, e 'l ceffo e l'ugne | d'atro sangue s'intride; in tal sembiante | per mezzo de lo stuol Mezenzio altero | s'avventa. (libro X)
  • Compagni, il più s'è fatto. A quel che resta | nulla temete. Ecco Mezenzio è morto | per le mie mani, e queste che vedete, | l'opime spoglie e le primizie sono | del superbo tiranno. Ora a le mura | ce n'andrem di Latino. (Enea: libro XI)

Voci correlate[modifica]

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