Moses Israel Finley
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Sir Moses Israel Finkelstein, meglio noto come Moses Finley (1912 – 1986), storico ed etnologo statunitense naturalizzato britannico.
Gli antichi greci
[modifica]- La partecipazione diretta era la chiave della democrazia ateniese: non c'era né rappresentanza, né un servizio civile, né una burocrazia in senso proprio. Nell'assemblea sovrana, la cui autorità era sostanzialmente totale, ogni cittadino non soltanto poteva partecipare quando voleva, ma aveva anche il diritto di entrare nel dibattito, di proporre emendamenti e votare sulle proposte, sulla guerra e sulla pace, sulle tasse, sul regolamento del culto, sui reclutamenti, la finanza di guerra, le opere pubbliche, i trattati e i negoziati diplomatici e ogni altro argomento, grande o piccolo, che richiedeva una decisione di governo. (cap. IV, p. 69)
- Atene prosperò come nessun altro stato della Grecia classica. Il maggiore dei suoi vanti, attribuito a Pericle, era di essere la «scuola dell'Ellade». In due secoli essa produsse una serie incredibile di superbi scrittori e artisti, scienziati e filosofi. Inoltre la città attirava potentemente molti che non vi erano nati, e alcuni di essi vi si stabilirono più o meno permanentemente. (cap. IV, p. 75)
- È stato detto che Sparta ebbe due storie distinte, quella propria e quella della sua immagine all'esterno (o del «miraggio», come la chiama uno studioso francese). Se si considera quanto fu scritto su Sparta nell'antichità, il quadro è sorprendentemente confuso, contraddittorio e incompleto. (cap. IV, p. 76)
- Senza dubbio egli [Erodoto] aveva meritato il titolo di «padre della storia». Ed era anche un grande artista, ciò che non si può dire per molti dei suoi successori. I quali non erano neppure grandi storici. (cap. V, p. 105)
- Erodoto ebbe fin dall'inizio accoglienze molto contrastanti. Padre della storia, padre della menzogna: questa accusa non cessò mai nell'antichità, e anche oggi spesso si fa malamente torto a Erodoto, definendolo un semplice narratore di favole con uno stile affascinante e un'illimitata credulità. (cap. V, p. 105)
- Uno che capì le cose fu l'ateniese Tucidide. Egli vide dove Erodoto voleva realmente arrivare: a scoprire i motivi fondamentali della condotta umana mediante un'esposizione delle cause e dell'andamento di una grande guerra[1], non come facevano i poeti con la loro libertà d'immaginazione, né astrattamente come facevano i filosofi nei loro discorsi sull'uomo e la società, ma concretamente, con esattezza e con la dovuta attenzione per i nessi e le concatenazioni. (cap. V, p. 105)
- Benché il suo debito verso Platone sia evidente in tutta la sua opera, Aristotele rifiutò le Forme del maestro per un empirismo radicale: ciò che si deve comprendere è il mondo dell'esperienza, e perciò bisogna partire da esso: da tutta l'esperienza; egli infatti aveva un'energia e una curiosità intellettuale che non sono mai state superate e alle quali poco si sono avvicinati. (cap. VI, pp. 116-117)
- La maniera socratica di affrontare la politica era radicale nel senso originario della parola: andava alle radici e cominciava dalla natura dell'uomo. (cap. VI, p. 123)
- Il colore, che i Greci applicavano generosamente alla statue e agli edifici, è quasi del tutto scomparso nei monumenti che ci rimangono. Scomparso è anche il colore che decorava le mura dei portici, dei templi e dei palazzi ellenistici, come sono perduti i pannelli dipinti. La storia della pittura greca deve quindi essere scritta in base a un esempio non proprio adatto, la ceramica, oltre che sulla scorta di riferimenti letterari e per via d'ipotesi. (cap. VII, pp. 156-157)
- [...] la documentazione [sulla pittura greca] è perduta. Esistono però testimonianze indirette dalle quali si desume: primo, che la pittura murale era molto diffusa, cominciando probabilmente col rinascere dell'architettura monumentale; secondo, che in complesso essa era limitata agli edifici pubblici, compresi i palazzi reali dell'età ellenistica; terzo, che il suo sviluppo fu molto più lento di quello dell'architettura o della scultura; quarto, che a poco a poco i pittori impararono a modellare le figure con le luci e le ombre e a creare l'illusione delle tre dimensioni. (cap. VII, p. 159)
Note
[modifica]- ↑ La guerra del Peloponneso.
Bibliografia
[modifica]- Moses I. Finley, Gli antichi greci (The Ancient Greeks), traduzione di Fausto Codino, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1965.
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