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Omicidio di Marco Biagi

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Via Valdonica a Bologna, dove il 19 marzo 2002 avvenne l'omicidio di Marco Biagi per mano delle Nuove Brigate Rosse.

Citazioni sull'omicidio di Marco Biagi.

  • Anche con gli assassinii di Ruffilli, Tarantelli, D'Antona la follia terrorista voleva colpire studiosi, intellettuali al servizio dello Stato. Ma stavolta, Biagi è stato ucciso mentre è in corso il confronto, il negoziato cui lui partecipava in modo autorevole. Si tratta di un attacco mirato, alle politiche di coesione sociale, ma allo stesso meccanismo con cui si espleta la dialettica sociale. Per condizionare le parti sociali che si stanno confrontando. Anche per questo è importante mantenere la fermezza di sempre nella lotta al terrorismo; ma anche avere l'intelligenza di ripristinare rapidamente il confronto sociale. Nelle sue forme fisiologiche, naturali: la trattativa, la possibilità di raggiungere accordi, oppure di passare al conflitto e alla lotta se c'è dissenso. Non può essere il terrorismo a dettare i tempi, il merito, le dinamiche del confronto. (Sergio Cofferati)
  • L'uccisione di Marco Biagi non deve essere e non sarà dimenticata anche perché, quel giorno, è stata colpita la coscienza civile di tutti gli italiani. (Vasco Errani)
  • Marco Biagi era un uomo di dialogo, era un docente che amava l'insegnamento e il confronto con gli studenti; era uno studioso che approfondiva i temi della sua disciplina, avvertendo con grande consapevolezza che quell'equilibrio mirabile disegnato dalla nostra Costituzione richiede che ci si preoccupi costantemente di evitare che nascano ferite nella coesione sociale, di intervenire per sanarle, per ridurre le fratture sociali e per rimuoverle. Per questo i brigatisti assassini lo hanno ucciso, nel loro folle disegno di esasperare le contrapposizioni e le tensioni. Chi si preoccupava di cucire, di legare, di far crescere la coesione sociale era un ostacolo. (Sergio Mattarella)
  • Nel momento più acuto dello scontro sociale, con i sindacati divisi e il governo all'attacco della Cgil, scoppia il caso delle lettere di Marco Biagi, cento giorni dopo l'assassinio del giuslavorista da parte delle Brigate Rosse. [...] Nei testi c'è l'angoscia lucida e disperata di un uomo che si sente bersaglio del terrorismo, che riceve telefonate minatorie, che teme di fare la fine di Massimo D'Antona: e che vede revocata la sua scorta senza un motivo spiegabile, "per ragioni che ignoro", come scrive impotente [...]. È un documento terribile. Mentre si susseguono le telefonate anonime, informatissime sui suoi spostamenti e sulla sua inermità , Biagi si preoccupa per l'angoscia in cui vive la sua famiglia, e chiede a tutti di aiutarlo a portare avanti il suo lavoro, ripristinando la protezione: invano. [...] L'angoscia di un uomo che si sentiva ed era condannato a morte, merita considerazione e rispetto, e il governo e la polizia non hanno avuto né l'una né l'altro, lasciando Biagi solo. Oggi le parole del professore devono far riflettere tutti, a partire dal sindacato e dal governo, troppo spesso abituati nel loro linguaggio a scambiare gli avversari per nemici. (Ezio Mauro)
  • Perché hanno colpito proprio Marco Biagi? Chi rappresentava? Si colpiscono i moderati, come già fu per Tarantelli e D'Antona, persone che, a prescindere dal campo in cui si collocavano – e tra l'altro vi si collocavano non per scelta di appartenenza politica ma per convinzione progettuale e professionale –, esercitavano una funzione di moderazione e lavoravano facendo prevalere all'interno degli schieramenti la ricerca del dialogo e del confronto. Marco Biagi [...] si sforzava di trovare delle ipotesi che permettessero di mantenere il dialogo con i sindacati. (Sergio Chiamparino)
  • Sicuramente è un atto contro le lotte e la mobilitazione che sta crescendo; di sicuro serve a Berlusconi e al ministro del Lavoro. (Prospero Gallinari)

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