Pascal Dibie

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Pascal Dibie (1949 – vivente), etnologo francese.

Storia della camera da letto[modifica]

  • Il Romano nasceva in un letto, viveva in un letto, si spostava in un letto: non vi è nulla da meravigliarsi se l'immortale immagine che di lui ci resta è quella di un defunto che, steso su un letto e appoggiato sul gomito sinistro, si riposa e ripensa alla grande distesa della vita... (p. 58)
  • La meticolosità del cerimoniale [istituito da Luigi XIV] rappresentava un tipo di organizzazione particolare, in cui ogni gesto e anche ogni sguardo assumevano un valore di prestigio o di disgrazia, e simboleggiavano ciò che noi, nel quadro delle nostre strutture politiche e sociali, chiameremmo la divisione del potere. [...] Il re si serviva dei propri gesti e delle proprie faccende intime per sottolineare le differenze di rango, per fare distinzioni, per accordare favori o per manifestare scontento. Assistere alla sua vita e condividerla era un privilegio con il quale il re onorava i nobili. [...] A Corte il feticismo del prestigio era tale che nessuno poteva sottrarvisi, sotto pena di non esistere più. L'etichetta non aveva nulla del formalismo gratuito, era invece una competizione necessaria alla nobiltà: permetteva di conservare i minimi privilegi, le occasioni di potere. Norbet Elias ha ragione nell'affermare che l'etichetta «si perpetuò in modo automatico, come un sistema economico ormai del tutto sganciato dagli scopi produttivi cui era destinato».
    Nessuno nella società di Corte aveva la facoltà di riformare l'etichetta vigente. Il minimo tentativo, la minima modifica delle strutture, già di per sé tanto precarie, avrebbe inevitabilmente provocato il vaglio, la riduzione o persino l'annullamento di diritti e privilegi, colpendo non solo individualmente, ma anche a livello di famiglie e di intere regioni.
    Una sorta di tabù proibiva alla casta superiore di questa società di modificare qualcosa, tanto terribile era la paura del crollo dell'intero sistema. (pp. 120-122)
  • La casa giapponese insegna una precisa concezione dello spazio, definita dal posto che il corpo vi deve occupare e dalle costrizioni cui esso vi è sottoposto. Questa autentica educazione gestuale si osserva nella vita quotidiana, rigorosamente standardizzata, e rivela lo straordinario adattamento verificatosi tra il corpo e la casa che lo ospita. Vera scuola del dominio di sé, lo spazio abitativo giapponese facilita in maniera quanto mai evidente l'autocancellazione di ciascun individuo a beneficio del gruppo: l'importanza attribuita alle tecniche corporali si fonda infatti sul concetto che lo spirito sia superiore al corpo e che lo stesso corpo possa essere spinto sino a un punto incredibile di affaticamento senza un reale danno per l'individuo. (p. 281)
  • [Sulla casa giapponese] La preoccupazione, certamente legittima, di preservare l'intimità della famiglia contrasta con la concezione essenzialmente «aperta» dello sfruttamento dello spazio interno. Nella casa i soli confini riguardano i diversi obblighi collettivi; sono però confini simbolici, anche se l'individuo non li può ignorare, e forse spiegano in parte la scarsa distinzione tra interno ed esterno. [...] La mancanza di chiavi e di porte «fisse» all'interno della casa rende in pratica impossibile l'isolamento; in tal modo viene messo in evidenza che ciascuno, in ogni istante, deve rimanere virtualmente a disposizione del gruppo. La faciltà con la quale i giapponesi invitano a dormire a casa loro, senza che ciò costituisca un avvenimento o un disturbo, rafforza l'idea del gruppo che nulla può scalfire, basata sulla sopravvivenza – molto forte e molto profonda – di obblighi reciproci che sono retaggio dell'epoca feudale. (p. 282)

Bibliografia[modifica]

  • Pascal Dibie, Storia della camera da letto: il riposo e l'amore nei secoli, traduzione di Anna Silva, Rusconi, Milano, 1995. ISBN 88-18-70106-1

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