Roma (città antica)
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Citazioni su Roma antica.
- A chi mi chiedesse qual era l'aspetto di Roma antica pregandomi di presentarglielo in concreto, dirò, per intenderci, di fotografarlo, dovrei rispondere alla domanda con un'altra domanda: «Quando?». Cicerone, Seneca, Marziale, ci hanno tramandato una copiosa massa di elementi informativi su quello che era l'aspetto materiale di Roma; ma se noi raccogliamo e combiniamo quegli elementi, ne viene fuori per ciascun autore una Roma diversa. Dir Roma e basta, e pensare che possa bastare, è già di per sé un errore; ed è un errore dei più comuni, perché vi è una diffusa tendenza a non considerare quanto il volto di Roma fosse mutevole, e a supporre, in certo modo, che Cicerone passeggiasse in una città molto simile a quella in cui, da adulto, passeggiava il suo figliuolo, che Roma presentasse agli occhi di Orazio lo stesso aspetto che agli occhi di Marziale. (Ugo Enrico Paoli)
- Da piccola borgata sul Palatino Roma divenne la più grande metropoli dell'antichità. I suoi primi abitatori scendevano a pascolare gli armenti e a seppellire i loro morti nell'umida e angusta valle, dove poi sorse il Foro; dopo dieci secoli, quando Costantino trasferì a Bisanzio la capitale dell'Impero, l'abitato di Roma aveva un perimetro di quasi venti chilometri e una popolazione numerosissima e fitta. Le rive del Tevere da Porta Trigemina sino oltre le pendici dell'Aventino verso sud erano sistemate mediante opere portuali, in modo da assicurare i rifornimenti necessari in abbondanza e con regolarità. Undici acquedotti fornivano ogni giorno una tal quantità di acque che è calcolato un miliardo e mezzo di litri. (Ugo Enrico Paoli)
- Le centinaia di migliaia di cittadini romani dimoranti a Roma poco si curavano dei diritti politici, e s'adattarono facilmente a veder ridotta, sotto Augusto, l'assemblea popolare a mera formalità, né protestarono minimamente quando Tiberio abolì anche questa formalità; ma insistettero sul diritto, acquisito nel corso delle guerre civili, di essere nutriti e divertiti dal Governo. Nessun imperatore, neppure Cesare o Augusto, osò contestare questo sacro diritto del proletariato romano: essi si limitarono a ridurre e fissare il numero degli aventi diritto alla distribuzione del grano e a disporre un sistema efficace di distribuzione. Fissarono anche il numero dei giorni in cui la popolazione romana era ammessa a godere un bello spettacolo nei teatri, nei circhi, negli anfiteatri: ma non misero mai in questione l'istituzione in sé stessa. Non già ch'essi temessero la plebaglia romana: avevano sottomano i pretoriani per reprimere ogni eventuale rivolta; ma preferivano tener di buon umore la popolazione della capitale.
- Nulla ti è pari, o Roma pur nella tua quasi completa rovina; | quel che tu fosti, intatta, i tuoi ruderi lo rivelano | [...] È caduta la città. Mentre guardo le sue rovine | e considero il suo stato vado ripetendo: Roma fu. | Tuttavia né il susseguirsi delle guerre né gli incendi | né le stragi poterono cancellare completamente | la sua bellezza. Tanto rimane ancora, quanto rovinò; | né c'è cosa che potrebbe eguagliare ciò che resta | né si potrebbe ricostruire ciò che è stato distrutto. (Ildeberto di Lavardin)
- Roma antica veramente incanta: questa è il vero centro dell'arte, dove vi sono le più belle, le più gentili cose del mondo. Non si fa passo che non si trovino ruderi preziosissimi. Ben ebbe ragione chi disse che ogni sasso ha un nome, tanta è la quantità dei monumenti! (Carlo Montanari)
- Roma fù molto gloriosa per l'eroiche azzjoni de suoi Cittadini, ed altrettanto si rese ammirabile al mondo tutto per l'ordine delle Leggi, e bene ordinato governo. (Francesco Eschinardi)
- Ad onta [...] di tutti i difetti delle sue strade e della sua posizione, Roma era tal città che non aveva l'uguale, e sovratutto produceva una grande impressione per la folla immensa che di continuo vi si avvicendava, proveniente da tutte le parti del mondo; per il moto, per la vita che vi si agitavano di continuo; per la quantità e per la splendidezza de' suoi stabilimenti ed edificii pubblici, e finalmente per la estensione sterminata della città. Lo sguardo di chi fosse in allora salito in cima al Campidoglio, si sarebbe perduto quasi in una selva di edificii monumentali, di palazzi, di monumenti di ogni specie, i quali si stendevano sotto suoi piedi, occupando, a parecchie miglia di distanza, colli e valli. Colà dove attualmente si stende verso i monti Albani una regione deserta, popolata da rovine, funestata dalla febbre maremmana[1], stava in allora una pianura per nulla malsana, tutta coltivata, solcata di strade le quali formicolavano di persone. La città si allargava di continuo nei campi, nelle località dei dintorni, ed i suoi sobborghi cedevano il posto a novelle e stupende ville, a templi, a monumenti, i cui tetti e cupole marmoree splendevano al sole, fra la verzura lussureggiante dei boschi e dei giardini.
- Fino all'incendio appiccatovi da Nerone, Roma non era una bella città nel senso moderno della parola. Dopo che era stata incendiata dai Galli, la si era ricostruita senza piano prestabilito, e come a caso. I quartieri erano irregolari; le strade strette, tortuose; le case alte, addossate per lo più le une alle altre, e fino ai tempi della guerra di Pirro (dugento ottanta quattro anni prima dell'era cristiana) i tetti di quelle in legno, contribuivano a renderne più povero, più cupo l'aspetto, e tale ad un dipresso si mantenne ancora la città nei secoli seguenti. Alla corte di Filippo di Macedonia, cento settanta quattro anni prima della nascita di Cristo, il partito avverso ai Romani prendeva a dileggio l'aspetto meschino della capitale d'Italia.
- Roma non ebbe mai prospetti grandiosi quali Antiochia ed Alessandria, colle loro strade lunghe, diritte ed ampie, tagliate ad angolo retto. Inoltre parecchie particolarità dell'architettura domestica romana dovevano portare pregiudicio all'effetto architettonico delle strade. Tali erano le frequenti deviazioni di parecchie case dalla linea retta, la diversa altezza dei vari piani delle case, l'irregolarità delle finestre particolarmente nei piani superiori, ed in fine la frequenza di rientranze e di sporgenze delle case, le quali rendevano varia ed irregolare la sezione del suolo stradale.
- Diversamente dalle città-stato sumeriche, elleniche e fenicie Roma non si identificò con una nazione. Non fu mai calata in uno stampo rigido, come un vecchio cliché la raffigura. Fondata fin dalle origini come un asilo che raccoglie i rifiuti dei popoli circostanti, non avrebbe mai potuto generare una cultura razzista. La sua identità non poteva riconoscerla in un sostrato organico. Fu dunque costretta a costruirla artificialmente, come una creazione della mente. La sua unità, la sua identità fu lo Stato, la Repubblica. Una struttura essenzialmente politica.
- La grandezza di Roma [...] non è solo il risultato del successo militare, ma soprattutto della capacità di tenere insieme un Impero così rapidamente conquistato. Se si fosse limitata al successo militare Roma avrebbe eguagliato i grandi Imperi orientali: degli assiri e dei persiani. Quelli durarono molto meno e lasciarono solo grandi tracce di odio. Quando cadde l'assira Ninive il mondo esultò: era scomparso l'Impero del male. Quando cadde Roma, il mondo ne fu smarrito. Roma lasciò una traccia incomparabile rispetto a quelle potenze effimere.
- Nell'antichità ci sono state due forme di comunità politica: la città-stato e la Monarchia imperiale. Ma nessuna città-stato è diventata una Monarchia imperiale: tranne Roma.
Note
[modifica]- ↑ Malaria.
Voci correlate
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