Pilone (rugby)

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I piloni, qui intorno al tallonatore, si fronteggiano prima di entrare nella mischia (2009)

Citazioni sul pilone, ruolo del rugby.

Marco Pastonesi[modifica]

  • I piloni incassano e restituiscono, secondo leggi non scritte e regolamenti tramandati. I piloni sopportano e supportano. E come tutti i rugbisti, sostengono (il rugby è lo sport del pronto e del mutuo soccorso). Ma se gli altri giocatori sostengono di corsa, i piloni sostengono da fermi. In tempi amatoriali i piloni erano lentigradi se non pachidermici, giganteggiavano nelle mischie chiuse e poi assistevano al resto della partita, sorprendendosi le rare volte in cui si ritrovavano il pallone fra le mani, spesso non sapendo neanche che cosa farsene, invece oggi i piloni hanno acquisito non solo mobilità, ma anche velocità, e non solo forza, ma anche sensibilità.
  • I piloni – mischia, prima linea, uno a destra, l'altro a sinistra, in mezzo c'è il tallonatore – sono le fondamenta di una casa, i fanti in trincea della Grande Guerra, il leggere e lo scrivere in prima elementare. Senza, crolla tutto. Hanno soprannomi da animali ("Os", bue, per il sudafricano Jocobus Petrus Du Randt), o legati alle dimensioni dei capoccioni ("Watermelon", anguria, per il gallese Gethin Jenkins), o riferiti alla superficie base per altezza ("Bus" per l'inglese Jason Leonard, anzi, "Fun Bus" per riconoscerne la vena umoristica).
  • I piloni – sostengono in Galles – vanno tutti in paradiso. Perché qui sulla terra, e sotto terra, hanno già patito le pene dell'inferno.
  • Il primo giorno il dio del rugby creò i piloni. Li creò per tenere separata la luce dalle tenebre, poi il cielo dalla terra. Li plasmò solidi, li forgiò resistenti, li modellò duri. Poi vide quanto aveva fatto ed ecco, era cosa molto buona. Piloni. Le due colonne della prima linea. Base, fusto e capitello, anche in gerarchia di valori, in ordine di importanza. Se la mischia fosse una casa a tre piani, e lo è, i piloni sono le fondamenta e il pianterreno. Affondano, abitano, campano – insomma: vivono – nella zona caldaia, cantina, taverna. È lì che tengono separata la luce dalle tenebre, il cielo dalla terra. Il loro rugby è tutte le voci del verbo spingere. Le prime sono recitate, come in una messa cantata, dall'arbitro: da "crouch, touch, pausa, engage" (bassi, tocco, pausa, ingaggio) a "crouch, touch, set" (bassi, tocco, via) fino a "crouch, bind, set" (bassi, legati, via), perché anche la messa si aggiorna, si semplifica. I due piloni, e il tallonatore crocefisso fra di loro, si caricano la squadra sulle proprie spalle come il titano Atlante si genufletteva per sollevare il mondo. E poi spingono. Una battaglia rimasta ai tempi delle trincee e nel tempo delle trincee. Così che c'è da capire quell'allenatore che ai suoi piloni non mostrava solo gli spezzoni con il francese Paparemborde o l'inglese Leonard, ma anche i film All'ovest niente di nuovo e La grande guerra.
  • Piloni, quelli che hanno il collo più largo della mascella, quelli che dimostrano dieci o vent'anni più di quanto dichiarato sulla carta d'identità, quelli che correndo rimbalzano e che rimbalzando corrono, quelli che se in una squadra c'è chi suona il piano e chi lo sposta, loro lo spostano. Perché è gente da Gondrand, da Tir, da tram, da bassa manovalanza, da puro bracciantato. Gente che veniva reclutata fra gli scaricatori di porto, fra gli idraulici delle cooperative, o rubando spudoratamente spalle all'agricoltura, prima che il professionismo [...] riuscisse a riprodurre tanta sana ignoranza (nel senso buono del termine: nel rugby l'ignoranza è un valore, un traguardo, anzi, una meta) sollevando artificiosi pesi in palestra.
  • Piloni si nasce: per – appunto – ignoranza. Piloni si diventa: un fenomeno raro, ma succede. Piloni si slitta: a tallonatori, sempre in prima linea, una forma di evoluzione darwiniana. Piloni si cresce: in larghezza e in altezza che, dato il particolare tipo di gioco spesso orizzontale, significa lunghezza.
  • Se fossero una casa, quelli bravi sarebbero le fondamenta, quelli scarsi la cantina. Se fossero un albero, tutti – bravi e scarsi – sarebbero le radici, poi dipenderebbe dal tipo di albero, e fra quercia e cipresso c'è una bella differenza. Se fossero una guerra, sarebbero comunque una guerra di trincea, combattuta da fanti, nel fango. Perché se fossero o terra o acqua o aria o fuoco, nessun dubbio, sarebbero soltanto terra. Se fossero una bicicletta, povere biciclette, ma se fossero una moto, da grossa cilindrata e probabilmente smarmittata. Se fossero un pallone, sarebbero ovviamente un pallone ovale (come si racconta: i palloni erano tutti rotondi fino al momento in cui proprio loro non ci si sono seduti sopra). Se fossero una birra, non sarebbero pinte, medie, stivali, colonne, ma botti. Se fossero una pizza, allora quelle a metro, o alla pala, o mangia-tutto-quello-che-puoi (e loro possono). Se fossero un gesto, sarebbero un poderoso abbraccio. Se fossero una parola, un pesante silenzio. Se fossero un suono, meglio lasciar perdere. Se fossero un mese, sarebbero agosto, perché agosto è il mese in cui si suda anche stando fermi, è il mese in cui anche il sudore suda, e loro sudano di brutto. Se fossero un orecchio, avete presente quelli a cavolfiore? Piloni, il massimo del rugby. Piloni, i pesi massimi del rugby. I numeri 1 e 3 di ogni squadra, perché la numerazione (da 1 a 15, obbligatoriamente) li gratifica, li privilegia, li favorisce.

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