Remo Giazotto

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Remo Giazotto (1910 – 1998), musicologo, compositore e biografo italiano.

Citazioni di Remo Giazotto[modifica]

  • Se si volesse ricercare una verità, valutata storicamente, al fondo dell'arte vivaldiana io credo che noi dovremmo indirizzarci, per ritrovarla, non alla forma, ossia al linguaggio concertistico del Vivaldi, bensì allo spirito che anima e sollecita ciascuna delle sue forme: infinite forme, infinite creature viventi sotto uno stesso cielo, respiranti una stessa aria e nutrite di un unico cibo: cielo, aria, nutrimento di dimensioni così vaste, di risorse così inesauribili da poter benissimo, senza alcuna lesina, offrire ristoro, vita, alimento a chiunque vi si fosse rivolto con fede e sicurezza.[1]

Tommaso Albinoni[modifica]

  • La seconda meta del XVII secolo occupa, nella storia della musica strumentale italiana, quel posto preponderante che, di comune intesa, gli studiosi le son venuti riconoscendo, in Italia e fuori, sin dai primi tempi dell'indagine storica in questo campo dell'ingegno umano. Corelli è l'epicentro; punto di riferimento, ossia punto di partenza e di arrivo. Con la sua produzione si stabilisce definitivamente il dominio preciso – e dunque finalità estetiche ed etiche, nonché culturali, – dello strumentalismo da camera. La Sonata a tre corelliana come si presenta, subito si afferma; non è essa rigorosa affermazione dell'artista che, pur creando il capolavoro, affronta le altrui individualità e non sa fino a qual segno potrà vincere; è piuttosto, la Sonata a tre del Corelli, entità formale e spirituale che trova consacrazione immediata al di là della persona e dell'artista, e che è accolta ed accettata quasi dogma, formola indissolubile, combinazione geometrica basilare, perché chiaramente risolvibile, ad ogni esame la si voglia sottoporre. (p. 67)
  • [Tomaso Albinoni] II nostro «dilettante» sta tra Corelli e Vivaldi. A questa definizione posso far seguire il seguente corollario: egli conclude alcuni atteggiamenti corelliani ed annuncia, per primo, non pochi di quegli spiriti e di quelle forme che saranno caratteristica di Antonio Vivaldi. La sua posizione invero è solidissima. Collocato, dalla sorte e dalla qualità dell'ingegno, tra quei due imponenti campioni dello strumentalismo da camera, Albinoni ha in sé tutti gli elementi positivi per accudire con onore a quel compito di estrema responsabilità. Egli ha al suo attivo una provata e indiscutibile padronanza della scienza musicale; scienza che egli professa con piena cognizione di causa. La materia da lui adoperata si sottopone con disinvoltura a certe operazioni che sono proprie di chi, con la tecnica, possiede, e in egual misura, la risorsa inventiva, nonché la dote naturale di un'intuizione coerente e coordinata nelle sue varie manifestazioni. (p. 76)
  • Albinoni, nella storia della musica resta Albinoni col suo proprio stile, e Bach resta Bach; tutti e due occupano posizioni ben distinte e ben definite. Albinoni non può essere né confuso né paragonato con quel Grande; ché al nostro «dilettante» non si vuol attribuire quel che non gli spetta. Vero che la fuga della 3a Sonata è di proporzioni limitate, vero che il contrappunto è fondato su uno stesso procedimento, per tutta la durata del pezzo, vero che gli sviluppi potevano portare ad un'amplificazione della visuale tematica, che era stata prospettata all'inizio. Ma non è men vero che la composizione dell'Albinoni quale essa si presenta e si staglia all'occhio del critico moderno, è un capolavoro di proporzione e di equilibrio fra le tre parti agenti; breve (48 battute) la sua durata, proporzionato ogni sviluppo mediano; le risorse strumentali osservate e praticate con perizia e disinvoltura. E la mano corre veloce e spedita, coscientemente guidata dall'emotività dell'artista. (p. 84)

Note[modifica]

  1. Da Vivaldi, Ed. Nuova Accademia; citato in Giulio Confalonieri, Come si ascolta la musica, Edizioni Rai, Torino, 1966, p. 101.

Bibliografia[modifica]

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