Porci con le ali: differenze tra le versioni

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'''Porci con le Ali''', romanzo scritto nel 1976 da [[Marco Lombardo Radice]] e [[Lidia Ravera]], sotto gli pseudonimi di Rocco e Antonia.
'''''Porci con le ali''''', romanzo scritto nel 1976 da [[Marco Lombardo Radice]] e [[Lidia Ravera]], sotto gli pseudonimi di Rocco e Antonia.

== [[Incipit]] ==
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Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. Figa. Fregna ciorgna. Figapelosa, bella calda, tutta puzzarella. Figa di puttanella.<br>Niente. Una volta con le filastrocche ci venivo, o almeno mi veniva voglia. Dicevo le parolacce e poi ridevo, se ero con i miei amichetti. Se ero sola le pensavo, le dicevo a mezza voce e poi mi infilavo le mani nelle mutandine, rapida rapida, con un occhio alla porta e le orecchie così tese che sentivo fischiare le scale. Era un grande spavento. E la mano poi me la sarei tagliata, ma era bello, una grande [[felicità]] bagnata, strappata, un urletto soffocato. Adesso, anche se sono sola è come se fossi in mezzo alla gente: mi viene da ridere. Cioè non è che mi viene da ridere, rido perché non sono mai sola, c'è sempre qualcuno, anche se non c'è nessuno, qualche maledetto coglione che mi giudica.
Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. Figa. Fregna ciorgna. Figapelosa, bella calda, tutta puzzarella. Figa di puttanella.<br>Niente. Una volta con le filastrocche ci venivo, o almeno mi veniva voglia. Dicevo le parolacce e poi ridevo, se ero con i miei amichetti. Se ero sola le pensavo, le dicevo a mezza voce e poi mi infilavo le mani nelle mutandine, rapida rapida, con un occhio alla porta e le orecchie così tese che sentivo fischiare le scale. Era un grande spavento. E la mano poi me la sarei tagliata, ma era bello, una grande [[felicità]] bagnata, strappata, un urletto soffocato. Adesso, anche se sono sola è come se fossi in mezzo alla gente: mi viene da ridere. Cioè non è che mi viene da ridere, rido perché non sono mai sola, c'è sempre qualcuno, anche se non c'è nessuno, qualche maledetto coglione che mi giudica.
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Versione delle 15:44, 13 set 2020

Porci con le ali, romanzo scritto nel 1976 da Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera, sotto gli pseudonimi di Rocco e Antonia.

Incipit

Cazzo. Cazzo cazzo cazzo. Figa. Fregna ciorgna. Figapelosa, bella calda, tutta puzzarella. Figa di puttanella.
Niente. Una volta con le filastrocche ci venivo, o almeno mi veniva voglia. Dicevo le parolacce e poi ridevo, se ero con i miei amichetti. Se ero sola le pensavo, le dicevo a mezza voce e poi mi infilavo le mani nelle mutandine, rapida rapida, con un occhio alla porta e le orecchie così tese che sentivo fischiare le scale. Era un grande spavento. E la mano poi me la sarei tagliata, ma era bello, una grande felicità bagnata, strappata, un urletto soffocato. Adesso, anche se sono sola è come se fossi in mezzo alla gente: mi viene da ridere. Cioè non è che mi viene da ridere, rido perché non sono mai sola, c'è sempre qualcuno, anche se non c'è nessuno, qualche maledetto coglione che mi giudica.

Citazioni

  • È sempre così, fa la tenera per farmi parlare, tutta sorrisi con quel suo eterno odore di deodorante: «La mia bambina non ha più confidenza nella sua mamma» (impersonale, ma di effetto sicuro, tipo vecchio saggio indiano intento a lustrarsi il calumet); e poi: «ma io ti capisco sai?» (sospiro) «capisco anche quello che non mi dici» (logica ermetica, assolutamente uterina). Poi tutto finisce sempre, uguale, in un piantarello mio, in un consiglio suo (una cosettina geniale tipo «alla tua età non bisogna prendersela»), o se il piantarello rischia di andare per le lunghe, scivolando sulla china dell'isteria, l'offerta di un Mogadon (varianti: Librium, Valium, camomilla, bicchiere di latte caldo), dispensatore onnipotente di «un buon sonno, ecco quello che ti ci vuole». (p. 23)
  • Ma come cazzo faccio a dormire se il panzone continua a rimbambire quella povera donna di là. Non si stanca mai quello? Se almeno non usasse le virgolette. Ogni volta decido di star calmo, che tanto litigare non serve a niente, però cristo quando cita le ultime genialità di Napolitano e usa le virgolette, allora scoppio. Si capisce lontano un miglio che usa le virgolette – fa una pausa, prende fiato, sorriso idiota e poi vai con le masse popolari e l'importanza dello studio. E le chiude anche – largo sorriso formato nove milioni di voti e grande partito delle masse. Dio, come si fa a mettere Cossutta tra virgolette! (p. 24)
  • «To', chi si vede. Vendi un po' 'sti giornali.»
    Non conoscono né il "buongiorno" né il "buonasera", direbbe mia madre. Ma anche a parte le formalità, mi vuoi chiedere se son vivo o morto, se durante le vacanze mi è cascato il pisello, se mi è morto il gatto, non so. Va be' che è Gianni, uno di quelli di cui tutti dicono "un bravo compagno, a parte questo un deficiente". Ma se fossi diventato fascio? Se mi si fossero paralizzate le braccia? Lasciamo stare, va, e vendiamo 'sti giornali. In fondo c'è il sole. (p. 27)
  • Dio, ci saranno trecento ragazze ma è come se non ce ne fosse nessuna. Togli le brutte. Togli il tipo aggressivo, modello "vieni qua piccolo che te lo stacco con un mozzico" che mi dà il senso di castrazione. Togli il tipo antiquato, "dio me l'ha data e guai chi me la tocca". Togli il tipo droga sesso e rock 'n' roll, che mi dà la diarrea. Togli il tipo lotta di classe, il sesso è per le masse, che gli menerei. Togli quelle da cui ho già preso buca, che son parecchie. Togli quelle già fidanzate, che pare brutto. Togli quelle con cui ci ho già fatto qualcosa, che son proprio poche ma insomma. (p. 28)
  • Secondo me si è fatto bocciare apposta per continuare a fare il leaderino. Altro che la repressione ha colpito ancora, l'ha fatto apposta. E che cazzo faceva se no? Niente, le pippe, era finito. Del leaderone non c'ha la stoffa, finiva in sede a ciclostilare. (p. 28)
  • Mi mette le braccia attorno al collo e mi dà un bacio sulla bocca. Di quelli con la bocca straperta, che c'entra anche il naso e il mento. Poi mi carezza la faccia e dice come sei bello liscio. Io mi congelo, perché va bene che son donne ma potrebbero studiarsi un po' di psicanalisi e allora lo saprebbero che se uno a sedici anni ci ha solo un po' di baffetti morbidi morbidi e basta - dico basta - gli vengono dei complessi orribili. (p. 29)
  • Quello che c'è di bello sugli autobus è che l'idea di scendere ti sembra la conquista della felicità. (p. 30)
  • C'è un solo vero cittadino adulto con un sorriso idiota, tipo revival, la giacca cascante e due dita strette attorno al biglietto come se fosse una farfalla. Credo che stia pensando cose tipo "beati loro" (noi), tutto intenerito dall'inquinamento sonoro da primo giorno di scuola. Questi schiamazzi disorganizzati gli sembrano garruli e lieti, tutto questo putiferio di dita nel naso, mani sudanti su quaderni chiusi, dita unte su pizze bianche, ricordi estivi carichi di bugie confidenziali e inconsistenti timori per l'inverno gli sembrano, a questo becero in brache di tela, la poesia dell'adolescenza o qualche stronzata del genere. È evidente che ci guarda senza vederci. Ci considera una specie di stagione. Un sostantivo collettivo, con la maiuscola. [...] Adesso gli metto addosso due occhi d'odio profondo e vediamo se scende da cavallo. Non sono un topino bianco. Non mi si può fissare impunemente. Io quando mi sento sull'orlo di una crisi di identità, in genere faccio qualcosa. (pp. 30-31)
  • Mi spacco la faccia in un sorriso ammiccante (sì, guardo proprio te, cretino. Tu guardi me come il particolare di un affresco dal titolo provvisorio Primo giorno di scuola. Io guardo te come un individuo caduto da un albero). (p. 31)
  • Ebbene sì, caro, hai davanti a te un simbolo del sesso. Soda come un uovo sodo. Bionda come nei libri. Avrò ancora capelli quando tu sarai già ridotto a trapiantarti i peli del cazzo sopra le orecchie. Stan più ritti i miei seni delle tue erezioni. (p. 31)
  • Non mi spavento solo perché l'ho voluto io: è come levarsi i denti da soli, con il cordino e il portone. Sanguina e non sai come andrà a finire, ma sempre meglio che andare dal dentista. (p. 32)
  • Ti trovi di fronte a un'adolescente sessualmente aggressiva, alta un metro e sessantacinque, con un culetto che sembra burro e le migliori intenzioni di perdere il primo giorno di scuola: approfittane. Piangerei dalla rabbia: ma ce l'hanno ancora il cazzo gli uomini, o il fall-out gliel'ha fatto evaporare? (p. 32)
  • Gli uomini sono così: ci mettono il tempo di slacciarsi i calzoni a slacciarsi i calzoni. (p. 33)
  • Come faccio a spiegargli che mi ha offesa quell'essere guardata come la settima faccia a sinistra della porta del 47 barrato? (p. 33)
  • Al momento di sederci sull'erba sa tutto di me, meno la verità. Io di lui so soltanto che è di quelli che prima di fare lingua in bocca a una ragazzina dissertano sulle vene varicose della moglie. (p. 33)
  • Quando un incontro casuale finisce su un prato, la cerniera dei blue jeans, in genere, si incanta, ti ricordi di colpo di avere da due giorni le stesse mutande addosso e in più non sai cosa dire. (p. 33)
  • Non so dove l'ho letto, ma anche il sesso o è un'attività o è una condanna. (p. 34)
  • Peggio di una riunione c'è solo tornare a casa dopo la riunione. (p. 36)
  • Quando discute di politica dice sempre «voi», e per solito si riferisce 1) a qualche articolo del «Manifesto» che ha letto sette anni fa; 2) agli estremisti al limite della provocazione così ben descritti nell'ultimo trafiletto dell'«Unità»; 3) a qualche suo cugino in seconda con barca sette metri che gioca a fare l'extraparlamentare. Comunque non si riferisce mai a me. Non discute mai con me, in realtà. Discute da solo, una specie di teatrino schizofrenico, in cui lui dice una cosa, poi si immagina la risposta, poi risponde alla risposta che si è immaginato, e così via. Quello che io eventualmente dico, gli si trasforma nella mente in quello che lui immagina che io possa dire. (p. 37)
  • La sega digestiva è quasi più importante di quella soporifera, scaccia il malumore del pranzo familiare, prepara ad affrontare le sofferenze pomeridiane, spesso stimola le attività intestinali. Inoltre la sega a letto e quella al cesso hanno pregi e gioie diverse. Più tranquilla e dolce la prima, più sessuosa e perversa la seconda, con possibilità di seguire in diretta le portentose attività della mia colonna di marmo (in realtà continuo a pensare di avercelo piccolo). (p. 38).
  • Laura si dà da fare dietro a Rocco che si dà da fare dietro a Paolo, il quale, per parte sua, si dà da fare per darsi da fare, per farsi notare, per mantenersi prestante ed efficiente e quindi dirigente. Non che non mi sia consueta fino alla nausea questa scenetta di scuola liberata (Gruppo di studenti in un interno), dove tutti hanno l'aria di fare quello che vogliono, mentre in realtà si limitano a non volere quello che fanno; ma oggi c'è qualcosa di nuovo. (p. 40)
  • Le signore sfoggiano gonne lunghe a fiorami sui toni del violetto suadente, sottili, stracciate, puri pretesti per l'apertura di arcani eccitanti spacchi in coscia lunga tipo «guardami quanto son liberata pur nella mia pensosa femminilità». Rossella O'Hara si è tolta i blue jeans. (p. 41)
  • Ha un modo un po' metafisico di usare gli occhi, come se pensasse invece di guardare. (p. 41)
  • Cinzia ha l'aria di aver capito, ma mi sente troppo grassa per parlare (conosco quella sensazione). (p. 43)
  • Vorrei stare con qualcuno, parlare, scherzare e ridere, far l'amore e fumare, suonare, e mi viene una rabbia triste di non riuscire a fare quel che ho voglia di fare, di costruire e di credere, voglia di cambiare aria. (p. 44)

Bibliografia

  • Rocco e Antonia (Marco Lombardo Radice e Lidia Ravera), Porci con le ali, RCS Quotidiani, Milano, 2003.

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