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Gaio Svetonio Tranquillo

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Svetonio

Gaio Svetonio Tranquillo (69 circa – dopo il 122), scrittore romano.

Citazioni di Svetonio

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  • Fino a quel tempo Epidio, segnato per calunnia, aprí una scuola e insegnò, tra gli altri, a Marco Antonio e ad Augusto. A questi, che una volta gli rinfacciavano che nell'amministrare lo stato seguisse soprattutto i princípi politici del consolare Isaurico, Gaio Canuzio rispose di voler essere discepolo di Isaurico piuttosto che del calunniatore Epidio. Questo Epidio andava ripetendo di essere nato da Epidio nucerino, che si dice fosse un tempo precipitato nella fonte del fiume Sarno, apparso poco dopo con le corna, sparito all'istante e annoverato tra gli dèi.
Ad id tempus Epidius calumnia notatus ludum docendi aperuit docuitque inter caeteros Marcum Antonium et Augustum. Quibus quondam Caius Canidius obicientibus sibi quod in Republica administranda potissimum consularis Isaurici sectam sequeretur, malle respondit Isaurici esse discipulum, quam Epidii calumniatoris. Hic Epidius ortum se ab Epidio Nucerino praedicabat, quem ferunt olim praecipitatum in fontem fluminis Sarni, paulo post cum cornibus extitisse, ac statim non comparuisse, in numeroque deorum habitum.[1]
  • Caio Giulio Igino, liberto di Augusto, di nazione Ispano, sebbene taluni lo credono alessandrino e da Cesare condotto fanciullo a Roma dopo presa Alessandria, con grande amore ed udì ed imitò Cornelio Alessandro grammatico greco, cui per la conoscenza dell'antichità molti chiamavano Polistore, alcuni Istoria. Presedé alla biblioteca Palatina, né per ciò lasciò di ammaestrare moltissimi, e fu familiarissimo di Ovidio poeta e del consolare Caio Licinio storico, il quale narra ch'egli fosse morto assai povero e sostentato finche visse dalla sua liberalità.[2]
  • Il buon pastore deve tosare le pecore, non scorticarle.
Boni pastoris est tondere pecus, non deglubere[3]
  • [Vespasiano] Al figlio Tito, che lo criticava perché aveva escogitato perfino un'imposta sull'orina,[4] mise sotto il naso il denaro ricavato dal primo versamento, chiedendogli se era disturbato dall'odore; e poiché egli rispose di no: «Eppure», disse, «viene dall'orina».[5]
  • La volpe perde il pelo, non il vizio.
Vulpes pilum mutat, non mores.[6]
  • Lui [Gaio Giulio Cesare] ebbe per amanti anche regine, incluse Eunoe la more, moglie di Bogud, alla quale, così come a suo marito, donò molti splendidi regali, come scrive Nasone; ma la più importante tra tutte fu Cleopatra, con cui spesso festeggiava fino all'alba e con cui avrebbe attraversato tutto l'Egitto fino all'Etiopia sulla sua lancia reale, se i suoi soldati non si fossero rifiutati di seguirlo.
Dilexit et reginas, inter quas Eunoen Mauram Bogudis uxorem, cui maritoque eius plurima et immensa tribuit, ut Naso scripsit; sed maxime Cleopatram, cum qua et conuiuia in primam lucem saepe protraxit et eadem naue thalamego paene Aethiopia tenus Aegyptum penetrauit, nisi exercitus sequi recusasset.[7]
  • Quando giunse la notizia... [a proposito della sconfitta di Varo a Teutoburgo] dicono che Augusto si mostrasse così avvilito da lasciarsi crescere la barba ed i capelli, sbattendo, di tanto in tanto, la testa contro le porte e gridando: "Varo rendimi le mie legioni!". Dicono anche che considerò l'anniversario di quella disfatta come un giorno di lutto e tristezza.[8]

Incipit di Cesare

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Aveva quindici anni quando perse il padre; nell'anno successivo gli fu conferita la carica di Flamendiale.[9]

Note

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  1. (LA) Da De Grammaticis, 28.
  2. Da Illustri grammatici (De illustribus grammaticius); in Opere, tradotte da Emanuele Rocco, Roux e Favale, 1878, p. 567.
  3. (LA) Dal De Vita Caesarum, III – 32.
  4. Utilizzata dai conciatori di pellame, da cui ricavavano l'ammoniaca.
  5. Da Vita dei Cesari, in Storici latini.
  6. (LA) Dal De Vita Caesarum, VIII – 16.
  7. (LA) Da Vite dei dodici Cesari, I – 52.
  8. (LA) Da Vite dei dodici Cesari, II – 23.
  9. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia

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Altri progetti

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