Gaio Giulio Cesare

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Gaio Giulio Cesare

Gaio Giulio Cesare (100 a.C. – 44 a.C.), militare, politico e storico romano.

Citazioni di Gaio Giulio Cesare[modifica]

  • I nemici avrebbero avuto la vittoria se avessero avuto chi sa vincere.[1]
  • Le Idi di marzo sono arrivate.[2]
  • Preferisco essere primo qui [un piccolissimo villaggio delle Alpi] che secondo a Roma.[3]
  • Tu porti Cesare e la fortuna di Cesare.[4]
Caesarem vehis Caesarisque fortunam.

Attribuite[modifica]

  • [Dopo la battaglia di Zela, 47 a.C.] Veni, vidi, vici
Venni, vidi, vinsi.
  • [Sul Rubicone, 10 gennaio 49 a.C.] Alea iacta est
Il dado è tratto.
Ἀνερρίφθω κύβος. (nella versione originale plutarchea)
  • [Sul Rubicone] Stando qui inizia la mia rovina. Venendo là inizia quella degli altri.

Ultime parole[modifica]

  • (EL) Kαὶ συ, τέκνον;
Kai su, téknon?[5]
Anche tu, figlio mio?
  • (LA) Tu quoque, Brute, fili mi?
Anche tu Bruto, figlio mio?

Commentarii de bello gallico[modifica]

C. Iulii Caesaris quae extant, 1678

Incipit[modifica]

La Gallia, nel suo insieme, è divisa in tre parti, una delle quali abitano i Belgi, un'altra gli Aquitani, la terza coloro che nella loro stessa lingua si chiamano Celti, nella nostra Galli. Tutti costoro si differenziano per lingua, istituzione e leggi. Il fiume Garonna divide i Galli dagli Aquitani, la Marna e la Senna li dividono dai Belgi. Fra tutti costoro, i più valorosi sono i Belgi, perché sono i più lontani dalla civiltà raffinata di provincia e assai raramente i mercanti si recano da loro e vi importano quelle merci che contribuiscono a infiacchire gli animi e sono i più vicini ai Germani che abitano al di là del Reno, con i quali sono incessantemente in guerra. Per questo motivo anche gli Elvezi superano in valore gli altri Galli, poiché si confrontano con i Germani in combattimenti quasi quotidiani.

[Gaio Giulio Cesare, Commentarii de bello gallico, traduzione di Giuseppe Lipparini, Zanichelli, Bologna, 1992.]

Citazioni[modifica]

  • Sogliono infatti gli dèi immortali, perché più gravemente gli uomini sentano il dolore della mutata fortuna, conceder talora più favorevoli i casi e più lunga l'impunità, proprio a coloro ch'essi vogliono colpire in ragione delle colpe loro. (I, 14; 1992, p. 19)
Consuesse enim deos immortales, quo gravius homines ex commutatione rerum doleant, quos pro scelere corum ulcisci velint, his secundiores interdum res et diuturniorem impunitatem concedere.
  • [...] tutti gli uomini naturalmente amano la libertà e odiano lo stato servile [...]. (III, 10; 1992, p. 113)
[...] omnes, autem homines natura libertati studere et condicionem servitutis odisse [...].
  • Gli uomini credono volentieri ciò che desiderano sia vero. (III, 18)
[...] libenter homines id quod volunt credunt.
  • La città di Alesia si trovava alla sommità di un colle molto elevato [...] Le radici di questo colle erano bagnate da due parti da due fiumi. Davanti alla città si estendeva una pianura di circa tre miglia, dagli altri lati la città era circondata da colli di uguale altezza posti a non molta distanza. (VII, 69, traduzione di F. Brindesi, Rizzoli, Milano)
Ipsum erat oppidum Alesia in colle summo admodum edito loco [...] Cuius collis radices duo duabus ex partibus flumina subluebant. Ante id oppidum planities circiter milia passuum III in longitudinem patebat; reliquis ex omnibus partibus collis mediocri interiecto spatio pari altitudinis fastigio oppidum cingebant.
  • È più facile trovare chi si voti alla morte, che non chi sia pronto a sopportare il dolore. (VII, 77; 1992, p. 353)
Qui se ultro morti offerant, facilius reperiuntur, quam qui dolorem patienter ferant.

Citazioni sui Commentarii de bello gallico[modifica]

  • Questo dovrebbe essere il breviario di ogni uomo di guerra, come il vero e supremo modello dell'arte militare. E Dio sa anche di quale eleganza e bellezza egli ha ornato questa ricca materia: con un modo di esporre così puro, così fine e così perfetto che, a gusto mio, in questo campo non ci sono scritti al mondo che possano essere paragonabili ai suoi. (Michel de Montaigne)

Commentarii de bello civili[modifica]

Incipit[modifica]

Massimo Bruno[modifica]

Dopo che fu consegnata la lettera di Cesare ai consoli, a stento si ottenne da loro, e grazie alle energiche insistenze dei tribuni della plebe, che la si leggesse in senato; ma non si poté ottenere che sul suo contenuto si aprisse la discussione.

[Caio Giulio Cesare, La guerra civile, traduzione di Massimo Bruno, Rizzoli, 1986]

Fruttero & Lucentini[modifica]

Consegnata ai consoli la lettera di Cesare, i tribuni della plebe ottennero a stento che venisse letta in senato, ma non che si procedesse a dibatterne.

[Caio Giulio Cesare, La guerra civile, citato in Fruttero & Lucentini, Íncipit, Mondadori, 1993]

Giuseppe Lipparini[modifica]

Dopo che fu consegnata ai consoli la lettera inviata da Cesare, i tribuni della plebe fortemente insistettero che fosse letta in Senato ed a stento l'ottennero, ma non riuscirono ad ottenere che se ne ponesse in discussione il contenuto. I consoli riferiscono sulla situazione politica. Il console Lucio Lentolo promise che non avrebbe fatto mancare il suo appoggio al Senato e allo Stato, purché i senatori volessero dimostrare audacia e fermezza d'animo nell'esporre i loro pareri; se invece miravano sempre ad aver riguardo per Cesare e ad attirarsene il favore, come avevano fatto in passato, egli avrebbe deciso secondo il proprio interesse e non sarebbe più stato ossequiente all'autorità del senato, poiché anch'egli aveva modo di trovare in Cesare favore e amicizia.

[Gaio Giulio Cesare, La guerra civile, traduzione di Giuseppe Lipparini, Zanichelli, Bologna, 1951]

Citazioni[modifica]

  • Dicevano che la cavalleria di Cesare di notte s'aggirava nei dintorni e presidiava ogni luogo e via; sostenevano che si dovevano evitare combattimenti notturni, poiché un soldato spaventato in una guerra civile di solito dà ascolto più alla paura che al giuramento. (I, 67)
Circumfundi noctu equitatum Caesaris atque omnia loca atque itinera obsidere; nocturnaque proelia esse vitanda, quod perterritus miles in civili dissensione timori magis quam religioni consulere consuerit.
  • Orbene, per un difetto comune della nostra natura di uomini, quando la realtà ci è nascosta o sconosciuta, siamo ancora più sicuri di noi stessi, e nel contempo più la temiamo. (II, 4)
  • [...] l'esperienza è maestra in tutte le cose [...]. (II, 8; 1951, p. 99)
[...] est rerum omnium magister usus [...].
  • Ma la sorte, che ha grandissimo potere in generale, particolarmente lo ha in guerra: da cause banali produce mutamenti decisivi. (III, 68)

Citazioni su Gaio Giulio Cesare[modifica]

  • Abbiatela vinta e tenetevelo pure! Ma un giorno vi accorgerete che, colui che desiderate salvare con tanto affanno, sarà fatale al partito degli ottimati, che tutti insieme abbiamo difeso; infatti in Cesare ci sono molti Gaio Mario! (Lucio Cornelio Silla)
  • Alessandro e Cesare combattevano per i propri fini, ma così facendo strinsero una cintura di civiltà intorno alla Terra. (Jerome K. Jerome)
  • Andarti a genio, Cesare, non è la mia passione, | né di sapere se sei «bianco o nero». (Gaio Valerio Catullo)
  • Cesare marciava co' piedi di fuoco, e scriveva altresì con una penna di fuoco, mirando alle cose, non alle frasi ed alle parole. Onde atterrì tutti coloro che dopo di lui vollero accingersi a scrivere storie. Dare alla parola la maestosa semplicità dell'idea, contemplare i fatti dall'alto della sapienza civile e militare, narrare avvenimenti di cui si conoscevano tutte le anella, era impresa degna di Cesare, e non de' piccoli o mediocri ingegni. (Francesco Lomonaco)
  • Cesare racconta [i Commentarii de bello civili] nella forma e nello stile di un rapporto ufficiale, colla maggiore (apparente) obiettività, sbandendo il pronome di prima persona, procedendo rapido nella successione dei fatti, senza mai soffermarsi a considerazioni di sentimento o di giudizio, senza lenocini retorici, descrittivi o drammatici, senza alcuna cura apparente di forma artistica.
    Eppure in tutto ciò vi è un'arte grandissima. (Carlo Giussani)
  • Con Cesare Roma diventa tutta l'Italia, compresa la Cisalpina. Roma cioè, in quanto concetto giuridico e politico, si identifica – grazie all'estensione della cittadinanza – con l'intera Italia. (Luciano Canfora)
  • Giulio Cesare fu assassinato dalle Idi di marzo e dalla brutta cuoca di suo figlio. Gli fecero i funerali con tutte le pompe che sembrava il Giro d'Italia. (Cochi e Renato)
  • La cosa più grande di Cesare erano i suoi debiti (Bertolt Brecht)
  • Negli ultimi tempi si era spinto anche più in là: aveva imposto che tutte le discussioni che si svolgevano in quel solenne e aristocratico consenso venissero registrate e pubblicate giorno per giorno. Così nacque il primo giornale. Si chiamò Acta Diurna, e fu gratuito, perché, invece di venderlo, lo affiggevano ai muri in modo che tutti i cittadini potessero leggerlo e controllare ciò che facevano e dicevano i loro governanti. L'invenzione fu d'immensa portata perché sancì il più democratico di tutti i diritti. Il Senato, che traeva prestigio anche dalla sua segretezza, fu così sottoposto alla pubblica opinione, e non si riebbe mai più da questo colpo. (Indro Montanelli)
  • Togliamo a Cesare quello che non è di Cesare. Meglio. "Diamo a Cesare quello che è di Cesare. Ventitré pugnalate." (Marcello Marchesi)

Note[modifica]

  1. Citato in Plutarco, Vita di Cesare, 39, 8.
  2. Citato in Plutarco, Vite parallele, "Cesare", 63, 3; citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 88-17-14603-X
  3. citato in Plutarco, Vita di Cesare, 11, 4. Citato in Paola Mastellaro, Il libro delle citazioni latine e greche, Mondadori, Milano, 2012, p. 15. ISBN 978-88-04-47133-2.
  4. Citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, U. Hoepli, Milano, 1921, p. 400.
  5. Riportate da Gaio Svetonio Tranquillo in De Vita Caesarum, I – 82.

Bibliografia[modifica]

  • Gaio Giulio Cesare, La guerra gallica, traduzione di Giuseppe Lipparini, Zanichelli, Bologna, 1992.
  • Gaio Giulio Cesare, Commentarii de bello gallico, traduzione di F. Brindesi, Rizzoli, Milano.
  • Gaio Giulio Cesare, La guerra civile, traduzione di Giuseppe Lipparini, Zanichelli, Bologna, 1951.
  • Caio Giulio Cesare, La guerra civile, traduzione di Massimo Bruno, Rizzoli, 1986.
  • Caio Giulio Cesare, La guerra gallica, introduzione e note di Ettore Barelli, traduzione di Fausto Brindesi, Rizzoli, Milano, 1974.

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