Sándor Ferenczi
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Sándor Ferenczi (1873 – 1933), psicoanalista e psichiatra ungherese.
Citazioni di Sándor Ferenczi
[modifica]- L'analisi di sogni e associazioni mi ha ripetutamente condotto a interpretare la testa di Medusa come il simbolo spaventoso della regione genitale femminile, i cui elementi sono stati trasferiti "dal basso in alto". La massa di serpenti che si aggrovigliano intorno al capo significherebbe – in base al principio della raffigurazione mediante il contrario [–] l'assenza del pene, e l'orrore stesso sarebbe la ripetizione dell'impressione spaventosa prodotta nel bambino della vista dei genitali femminili privi di pene (castrati). Gli occhi angosciati e angosciosi della Medusa alludono, come significato secondario, all'erezione.[1]
- Nelle favole i fantasmi d'onnipotenza sono e restano dominanti. Proprio là dove dobbiamo inchinarci maggiormente di fronte alle forze della natura, la favola ci soccorre con i suoi motivi tipici. Nella realtà siamo deboli: per questo gli eroi delle favole sono forti e invincibili; nella nostra attività e nel nostro sapere siamo limitati e ostacolati dal tempo e dallo spazio: per questo gli eroi delle favole vivono in terno, sono contemporaneamente in cento posti diversi, leggono l'avvenire e conosocno il passato. Pesantezza, durezza, impenetrabilità della materia ci si oppongono e ci ostacolano: nelle favole, invece, l'uomo possiede ali, il suo sguardo penetra attraverso le pareti, la sua bacchetta magica gli apre ogni porta. (da Le tappe evolutive del senso di realtà, in Fondamenti di psicoanalisi, vol I, Teoria, Guaraldi, Rimini, 1972, p. 56.[2])
Note
[modifica]- ↑ Da Il simbolismo della testa di Medusa, in Opere, Raffaello Cortina, Milano, 1992, vol. III, p. 181. Citato in Andrea Signorini, Il complesso di Medusa e Bellerofonte, p. 3, kenoms3.altervista.org.
- ↑ Citato in Riccardo Marchese, Luigi Concato, Giuseppe Tibaldi , Antonio Genovese e Adriano Colombo, Uomini e istituzioni, Ricerche interdisciplinari sui principali meccanismi della società, La Nuova Italia Editrice, Firenze, 19793, p. 766.
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