Vittorio Gorresio

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Vittorio Gorresio (1910 – 1982), giornalista e saggista italiano.

Citazioni[modifica]

  • Ho trascorso trent'anni in funzione di professionale osservatore della politica italiana, sei lustri densi di avvenimenti ricchi di continuate variazioni; e se oggi tentassi di redigerne il bilancio non mi sentirei di affermare di aver capito e conseguentemente previsto. Mi sembra, ricordando i miei giudizi di allora e le mie impressioni del giorno per giorno, di aver piuttosto galleggiato sull'onda delle attualità passeggere, prendendole ad una ad una molto sul serio ma senza forse avere mai tentato di inquadrarle in sistema, scoprirne un'eventuale struttura, presagirne lo sbocco finale. (da Trent'anni dopo, p. 7)
  • Più Occidentali sono al lavoro nell'Iran, meno spazio è lasciato alle ingerenze sovietiche.[1]
  • Uno dei problemi che più tormentano lo Scià, è l'atteggiamento degli studenti, che sono quasi tutti contro di lui. Nell'Università di Teheran riesce quasi impossibile condurre a termine regolarmente un corso annuale di lezioni; anche adesso, difatti, vi si tengono sessioni di esame, ma l'insegnamento è saltuario. Le autorità di polizia non credono opportuno che troppi giovani si aggruppino, sia pure nella sede universitaria; turbolenti per natura, forti del numero in cui si trovassero adunati e quindi più facilmente eccitabili, probabilmente si lascerebbero andare a dimostrazioni di protesta politica.[2]
  • Che lo Scià oggi distribuisca le terre della corona, che egli lottizza e concede a condizioni estremamente convenienti alle famiglie dei coltivatori, alle comunità dei villaggi, alle embrionali cooperative, non è un provvedimento che gli valga indulgenza presso i reduci. Non li commuove la dilazione dei pagamenti, né il tasso di interesse praticamente irrilevante, né l'assistenza prestata ai contadini, né il fatto stesso della liquidazione del patrimonio terrierio dello Scià, il quale in proprio possedeva una volta più di duemila villaggi comprendenti delle venti alle cinquanta famiglie ciascuno: «Sono terre e villaggi che suo padre aveva rubati, e lui fa bene a restituirli, ma non fa niente più del giusto, redistribuendoli.»[2]
  • Le ricchezze naturali dell'Iran sono incalcolabili. Petrolio a parte, vi sono giacimenti minerari praticamente inesauribili e risorse agricole da dire illimitate, se si tiene conto della scarsa densità della popolazione.[3]
  • Lo Scià difatti è il più volenteroso dei governanti del Medio Oriente, il meglio intenzionato, ma anche il più incatenato alle palle di piombo della tradizione e dei costumi locali, e il più impigliato nel groviglio delle sue involontarie contraddizioni personali, che sono le stesse, d'altra parte, che tormentano il re del Nepal, Mahendra, coraggioso riformatore anche lui; che angustiano il presidente delle Filippine, Macapagal, il premier indiano Nehru, e tanti e tanti altri capi di Stato depressi in tutto il mondo, fino al presidente del Venezuela, Betancourt, e a quello deposto pochi giorni fa in Brasile, Joao Goulart.[3]

Da Lo Scià vorrebbe fare un po' di «rivoluzione» in Persia

La Stampa, 28 settembre 1957

  • Gli sfoghi dello Scià, quando conversa con amici che egli stima, o con illustri visitatori occidentali, o con alcuni diplomatici cui dà la sua fiducia, sono larghi e sinceri. Parlando apertamente, nel discorso egli mette molta passione, fin quasi ad essere violento; ma ci si trova pure un pizzico d'angoscia, un desiderio forse disperato di ottenere comprensione, ed un accento di estremo appello che non manca, per chi abbia orecchio, di riuscire patetico. Egli espone difatti la condizione del suo Paese con una chiarezza così lucida che può fare pensare ad una forma di cinismo o crudeltà; e che invece è coraggio.
  • Il vecchio capo nazionalista [Mohammad Mossadeq], confinato nella sua proprietà a cinquanta chilometri da Teheran, alleva gatti e coltiva fiori con la passione disinteressata di chi ritiene di aver concluso la propria giornata politica attiva e si dedica a svaghi genialmente superflui. A giornalisti che erano andati alla sua porta per parlargli, fece rispondere che essendo morto non poteva ricevere nessuno. Resta vivo, però, nella memoria di tutti il ricordo del suo colpo di audacia che per taluni conserva ancora un certo fascino tentatore.
  • Mossadeq si era fidato dell'appoggio sovietico ed aveva cercato sostegno presso i comunisti del Paese; lo Scià ha tolto di mezzo i comunisti e vorrebbe potersi fidare dell'appoggio occidentale.

Bibliografia[modifica]

Note[modifica]

  1. Da Affari nell'Iran, La Stampa, 19 settembre 1957
  2. a b Da Lo Scià e gli studenti, La Stampa, 15 aprile 1964
  3. a b Da Ricchezze naturali e uno Scià "riformitore" non bastano a sollevare l'Iran dalla miseria, La Stampa, 17 aprile 1964

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