Giovanni Falcone

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Lenzuoli dedicati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Giovanni Falcone (1939 – 1992), magistrato italiano.

Citazioni di Giovanni Falcone[modifica]

  • Comincia a farsi strada faticosamente la consapevolezza che la regolamentazione delle funzioni e della stessa carriera dei magistrati del pubblico ministero non può essere identica a quella dei magistrati giudicanti, diverse essendo le funzioni e, quindi, le attitudini, l’habitus mentale, le capacità professionali richieste per l’espletamento di compiti così diversi: investigatore a tutti gli effetti il pubblico ministero, arbitro della controversia il giudice. Su questa direttrice bisogna muoversi, accantonando lo spauracchio della dipendenza del pubblico ministero dall’esecutivo e della discrezionalità dell’azione penale che viene puntualmente sbandierato tutte le volte in cui si parla di differenziazione delle carriere. Disconoscere la specificità delle funzioni requirenti rispetto a quelle giudicanti, nell’anacronistico tentativo di continuare a considerare la magistratura unitariamente, equivale paradossalmente a garantire meno la stessa indipendenza ed autonomia della magistratura.[1]
  • Confondi indipendenza con arbitrio, è questo il problema: chi è indipendente deve sempre rispondere. [l'avvocato Alfredo Galasso: «I magistrati no.»] Ah no? Come no? C'è una bellissima legge sulla responsabilità civile e dici no?[2]
  • È tutto teatro.[3] Quando la mafia lo deciderà, mi ammazzerà lo stesso.[4]
  • Io credo che occorra rendersi conto che questa non è una lotta personale tra noi e la mafia. Se si capisse che questo deve essere un impegno - straordinario nell'ordinarietà - di tutti nei confronti di un fenomeno che è indegno di un paese civile, certamente le cose andrebbero molto meglio.[5]
  • L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza.[6]
  • La mafia [...] già da molto tempo funge da modello per la criminalità organizzata. Ne consegue che questa sostanziale unitarietà del modello organizzativo consente di utilizzare il termine mafia in senso ampio per tutte le più importanti organizzazioni criminali.[7]
  • La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.[8]
  • Orlando ormai ha bisogno della "temperatura" sempre più alta. Sarà costretto a spararla ogni giorno più grossa. Per ottenere questo risultato, lui e i suoi amici, sono pronti a tutto, anche a passare sui cadaveri dei loro genitori.[9]
  • [Alla domanda di un giornalista «Ma chi glielo fa fare?»] Soltanto lo spirito di servizio.[10]
  • Questo è il paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa, e la bomba non esplode, la colpa è tua che non l'hai fatta esplodere. [In risposta alla domanda di una spettatrice, durante un'intervista con Corrado Augias, 1992].[11]
  • [Su Antonino Agostino] Io a quel ragazzo gli devo la vita.[12][13]
  • È difficilmente contestabile che le organizzazioni mafiose (Cosa Nostra siciliana e 'ndrangheta calabrese) probabilmente sono molto più collegate tra di loro di quanto si affermi ufficialmente e che le stesse non soltanto ben conoscono il funzionamento della macchina statale, ma non hanno esitazioni a colpire chicchessia, ove ne ritengano l’opportunità.[14]

Cose di Cosa Nostra[modifica]

  • Certo dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l'eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
  • Credo che Cosa Nostra sia coinvolta in tutti gli avvenimenti importanti della vita siciliana, a cominciare dallo sbarco alleato in Sicilia durante la seconda guerra mondiale e dalla nomina di sindaci mafiosi dopo la Liberazione. Non pretendo di avventurarmi in analisi politiche, ma non mi si vorrà far credere che alcuni gruppi politici non siano alleati a Cosa Nostra – per un'evidente convergenza di interessi – nel tentativo di condizionare la nostra democrazia, ancora immatura, eliminando personaggi scomodi per entrambi. (pag. 170)
  • Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi.
  • Il quadro realistico dell'impegno dello Stato nella lotta alla criminalità organizzata. Emotivo, episodico, fluttuante. Motivato solo dall'impressione suscitata da un dato crimine o dall'effetto che una particolare iniziativa governativa può esercitare sull'opinione pubblica.
  • La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.
  • Lo stesso meccanismo di espulsione, praticamente, che si ritrova tra gli eschimesi e presso altri popoli che abbandonano i vecchi, i malati gravi, i feriti perché intralciano il loro cammino in una terra ostile, mettendo in pericolo la sopravvivenza di tutti. In un gruppo come la mafia, che deve difendersi dai nemici, chi è debole o malato deve essere eliminato.
  • Nei momenti di malinconia mi lascio andare a pensare al destino degli uomini d'onore: perché mai degli uomini come gli altri, alcuni dotati di autentiche qualità intellettuali, sono costretti ad inventarsi un'attività criminale per sopravvivere con dignità? (cap. II)
  • Perché rievoco questo episodio? Perché dimostra ancora una volta quanto siano abili, decisi, intelligenti i mafiosi, e quanta capacità e professionalità è necessaria per contrastare la violenza mafiosa. La mia grande preoccupazione è che la mafia riesca sempre a mantenere un vantaggio su di noi.
  • Per vent'anni l'Italia è stata governata da un regime fascista in cui ogni dialettica democratica era stata abolita. E successivamente un unico partito, la Democrazia cristiana, ha monopolizzato, soprattutto in Sicilia, il potere, sia pure affiancato da alleati occasionali, fin dal giorno della Liberazione. Dal canto suo, l'opposizione, anche nella lotta alla mafia, non si è sempre dimostrata all'altezza del suo compito, confondendo la lotta politica contro la Democrazia cristiana con le vicende giudiziarie nei confronti degli affiliati a Cosa Nostra, o nutrendosi di pregiudizi: "Contro la mafia non si può far niente fino a quando al potere ci sarà questo governo con questi uomini".
  • Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto.
  • Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.
  • Temo che la magistratura torni alla vecchia routine: i mafiosi che fanno il loro mestiere da un lato, i magistrati che fanno più o meno bene il loro dall'altro, e alla resa dei conti, palpabile, l'inefficienza dello Stato.
  • Un'affermazione del genere mi costa molto, ma se le istituzioni continuano nella loro politica di miopia nei confronti della mafia, temo che la loro assoluta mancanza di prestigio nelle terre in cui prospera la criminalità organizzata non farà che favorire sempre di più Cosa Nostra.

Citazioni su Giovanni Falcone[modifica]

  • A Giovanni e' stato impedito nella sua citta' di fare i processi di mafia. E allora lui ha scelto l'unica strada possibile, il ministero della Giustizia, per fare in modo che si realizzasse quel suo progetto: una struttura unitaria contro la mafia. Ed e' stata una rivoluzione. (Ilda Boccassini)
  • [Su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino]
    – Avete stabilito che costoro avevano fatto delle cose buone in vita.
    – Sì.
    – Uno.
    – Eh... illuminazione.
    – Due.
    – Eh... Fognatura.
    – Tre.
    – Eh... Campi di calcetto.
    – Quattro.
    – Eh... Giardinaggio.
    – Cinque.
    – Asili nido.
    – Sei. Lotta alla mafia.
    – No... Non comment... Non comment... [sic] (La mafia non è più quella di una volta)
  • Ci vediamo davanti all'albero di quel fango di Falcone. (Fabrizio Miccoli)
  • È certo soltanto, così come per Aldo Moro, che non si è voluto colpire una persona. In quel delitto ho letto una sfida allo Stato, per il ruolo che quella persona svolgeva e avrebbe potuto svolgere. Non era la persona in sè "pericolosa" ma la funzione che aveva rivestito e avrebbe continuato a rivestire. (Salvatore Pappalardo)
  • È stata una tragedia, e le risse stanno a dimostrare che è stata persa una battaglia dalle istituzioni. Falcone è stato ucciso per quello che ha fatto nella sua vita da magistrato. (Antonio Di Pietro)
  • [Su Giovanni Falcone e Paolo Borsellino] Erano siciliani che, a rischio della propria vita, volevano riscattare la terra nella quale erano nati. Ecco perché il loro sacrificio ha fatto maturare non poche coscienze ed è servito a sconfiggere non poche omertà. (Giuseppe Sottile)
  • Falcone lo seguivamo da vicino, era temuto e ammirato dai mafiosi. Aveva il coraggio dell'intelligenza. Diverso da tutti. (Gaspare Mutolo)
  • Giovanni Falcone ci ha insegnato che cosa è l'atomizzazione: prendi un'inchiesta, un fatto, un fenomeno, li spezzetti nelle loro diverse componenti e finisci per non capirci più niente. (Gianni Barbacetto)
  • [Biglietto di scuse a Giovanni Falcone dopo averlo definito fango] Giovanni Falcone per me sei un punto di riferimento e un esempio di vita da seguire ed è quello che farò io da oggi in poi. (Fabrizio Miccoli)
  • [Dopo il maxi–processo di Palermo] In un altro Paese gli artefici di una tale vittoria sarebbero stati considerati un patrimonio nazionale. Dopo aver vinto la prima battaglia a Palermo, ci si sarebbe aspettato che Falcone e i suoi colleghi fossero messi nella condizione di vincere la guerra. Invece in Italia avvenne proprio il contrario. (Alexander Stille, In un altro paese)
  • [Giovanni Falcone e Paolo Borsellino] Li dobbiamo amare più di come amate i Santi e le Madonne perché loro si sono immolati per noi. (Letizia Battaglia, La mafia non è più quella di una volta)
  • Maierovitch, uomo dalla loquela sommessa e dai lineamenti un po' da gufo, divenne un personaggio di spicco nei primi anni Ottanta, quando collaborò con Giovanni Falcone nei suoi sforzi, coronati da successo, di rintracciare i mafiosi latitanti. Insieme i due convinsero Tommaso Buscetta a tornare in Italia e a divenire un pentito di stato nel cosiddetto maxiprocesso alla cupola della mafia siciliana. Nel gennaio del 1992, grazie alla sua testimonianza furono condannati circa 350 capi mafiosi. Falcone e il suo collega, il magistrato Paolo Borsellino, sono i titani della lotta antimafia in tutto il mondo. Furono assassinati in Sicilia a due mesi di distanza l'uno dall'altro, nel 1992, poco tempo dopo che la sentenza del maxiprocesso era stata confermata, e la loro morte scosse, e infine scardinò, il sistema politico italiano. Entrambi erano partiti (giustamente) dal presupposto che i personaggi più importanti della mafia siciliana godevano della protezione delle più alte gerarchie politiche di Roma. Maierovitch mi racconta delle sue cene con Falcone, e di come si ingegnarono per proteggere il grande pentito Buscetta vuoi da possibili omicidi vuoi dal suicidio. (Un tentativo di suicidio quasi gli riuscì mentre era sotto la tutela del giudice brasiliano.) Dapprima Maierovitch sorride nel ricordare il suo amico italiano, ma dopo un po' comincia a versare lacrime silenziose: un omaggio che ben si addice a Falcone (cui Maierovitch intitolò il suo Istituto di lotta alla criminalità), il cui carisma e impegno in nome della giustizia, alla faccia della classe dirigente corrotta di Roma, hanno fatto di lui un eroe popolare in tutta Italia e presso tutti coloro che nel mondo lottano contro il crimine. (Misha Glenny)
  • Non è comune vedere una fotografia trasformarsi in icona e poi se capita con una tua fotografia diventa tutto più interessante. La fotografia di Falcone e Borsellino è diventata un'icona e un simbolo di legalità, e porta con sé una serie di valori positivi, come l’amicizia, la complicità, la serenità; ma è anche simbolo della rinascita di un popolo e del suo riscatto contro una mentalità mafiosa che ci opprime da troppo tempo. Ma la cosa curiosa è che tutti questi valori positivi contrastano enormemente con quello che c'è dietro ad una fotografia che in realtà è drammatica perché è una fotografia che parla di morte, di 11 persone uccise e del dolore delle loro famiglie. (Tony Gentile)
  • Sul cadavere di Falcone si sono avventati sciacalli e iene che Giovanni conosceva e che anche io conosco. (Giuseppe Ayala)
  • Vogliamo dare un affettuoso consiglio a Maria Falcone. Spedisca ai giudici di Francoforte la risoluzione votata all'unanimità dal Congresso americano subito dopo la strage di Capaci, un documento che dice: "L'omicidio di Falcone è un delitto commesso anche contro gli Stati Uniti d'America". E poi mandi due righe a quei magistrati, raccontando cosa c'è nell'atrio della scuola dell'Fbi in Virginia. Ed invii anche una foto del busto di suo fratello, messo lì, a Quantico, perché tutti gli allievi aspiranti agenti speciali del Bureau possano vedere almeno due volte al giorno Giovanni Falcone. È l'omaggio a un grande italiano. Magari, prima o poi, qualche giudice tedesco avrà un ripensamento. (Attilio Bolzoni)
  • [Durante la commemorazione di Falcone nell'aula magna del Palazzo di Giustizia a Milano] Voi avete fatto morire Giovanni Falcone. Con la vostra indifferenza. Con le vostre critiche... Voi lo avete infangato. Voi diffidavate di lui. E adesso qualcuno ha pure il coraggio di andare ai suoi funerali. (Ilda Boccassini)

Marcelle Padovani[modifica]

  • Parlava solo di mafia. Non mostrò mai il minimo interesse per la mia vita. Non mi chiese mai da dove venissi, che studi avessi fatto, niente di niente. Era monotematico, da cui è derivata la sua proverbiale efficienza, il suo professionismo.
  • Bruno [Trentin] mi disse: "Invitiamo Giovanni a cena, dobbiamo festeggiare". Accettò. Parlammo dell'attualità politica, dell'irredentismo altoatesino, di Mahler che aveva avuto lì una casa, e la figura di Giovanni si rimpiccioliva nella sedia: si annoiava. A un certo punto feci riferimento a una notizia di cronaca che riguardava il figlio di Stefano Bontate e in quel momento si ridestò di colpo, raddrizzandosi sulla sedia.
  • Falcone viene incensato, senza essere studiato. Chiunque parli di mafia lo cita, spesso a sproposito. Da vivo fu molto solo, si contavano sulle dite di una mano i magistrati che lo sostenevano, i più lo criticavano per il suo presunto protagonismo mediatico.

Note[modifica]

  1. Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, Giovanni Falcone, interventi e proposte (1982 1992), pagina 179.
  2. Dalla staffetta TV tra Samarcanda e il Maurizio Costanzo Show dedicata alla commemorazione di Libero Grassi, l'imprenditore ucciso dalla mafia, 26 settembre 1991. Video disponibile su Youtube.com.
  3. Falcone si riferiva alle sirene spiegate e ai poliziotti armati fino i denti che lo proteggevano durante l'incontro avuto con lo scrittore spagnolo Juan Arias.
  4. Citato in Juan Arias, Mi triste Italia, El Pais, 15 giugno 2009; articolo tradotto in La mia triste Italia, Italiadallestero.info.
  5. Dall'intervista di Corrado Augias, Telefono giallo, RAI 3, 1991.
  6. Dal documentario di Marcelle Padovani, La solitudine del Giudice Falcone (1988).
  7. Da un articolo per Micromega, n. 3, gennaio-settembre 1992; citato in Alberto De Bernardi, Scipione Guarracino, La conoscenza storica: fonti e storiografia, vol. 3, Edizioni Scolastiche Bruno Mondadori, 2000, p. 507. ISBN 88-424-4472-3
  8. Da un'intervista di Gianfranco D’Anna a Giovanni Falcone, RaiTre, 30 agosto 1991. Il testo è citato dalle seguenti fonti secondarie: internazionale.it, libreriamo.it e dal libro di Vincenzo Pilato La Mafia, la Chiesa, lo Stato, Effata Editrice, 1 gennaio 2009, p. 23, ISBN 9788874025305.
  9. Citato in Storia di Giovanni Falcone, Rizzoli, 1993, p. 166.
  10. Dall'intervista di Franco Alfano nel programma televisivo TG2 Studio Aperto, 16 febbraio 1986. Video disponibile su YouTube.com.
  11. Dall'intervista di Corrado Augias, video disponibile su Youtube.com
  12. http://www.antimafiaduemila.com/dossier/processo-capaci-bis/57650-capaci-bis-mio-figlio-indagava-sulla-scomparsa-dell-agente-agostino.html
  13. http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/11/26/news/mafia_il_pentito_lo_forte_faccia_da_mostro_partecipo_all_omicidio_agostino-128211012/
  14. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-08-09/antonino-scopelliti-magistrato-che-faceva-paura-mafia-e-terrorismo-071102.shtml?uuid=AEI61DZF

Bibliografia[modifica]

Voci correlate[modifica]

Altri progetti[modifica]